A scuola cinque volte in un anno. Ma la prof sempre assente è assolta. La donna inviò diversi certificati medici: «Non c'è prova di dolo»
Data: Martedì, 02 agosto 2011 ore 07:11:41 CEST
Argomento: Rassegna stampa


Si è conclusa con l’assoluzione «perché il fatto non sussiste» la vicenda giudiziaria che ha visto protagonisti un’insegnante di inglese (a scuola solo cinque volte in un anno scolastico) e il marito. La sentenza è stata pronunciata ad Acqui Terme, in provincia di Alessandria, dal giudice Luisa Camposaragna. L’assoluzione era stata chiesta dal pm Chiara Venturi. Li ha difesi l’avvocato Domenico Mandalari.
Anna Barreca, 37 anni, e il marito Leonardo Manglaviti, di 45, di Condofuri (paese di 5 mila abitanti in provincia di Reggio Calabria), erano accusati di truffa verso il ministero dell’Istruzione e falsità ideologica commessa da pubblico ufficiale in atti pubblici.                 
  I fatti risalgono al settembre 2004. Anna Barreca, assegnata come insegnante di inglese in una scuola di Chivasso, si era presentata accompagnata dal marito al preside Bruno Paganotto per prendere servizio. Al tribunale il preside ha spiegato: «Ho conosciuto l’insegnante il 17 settembre 2004. Voleva subito una copia del contratto, abbiamo spiegato che non era possibile e glielo abbiamo dato il giovedì seguente. Doveva iniziare il venerdì, ma alle sette di quel giorno ha telefonato il marito dicendo che la moglie si era fatta male ad Acqui e che aveva 20 giorni di prognosi, che tornavano in Calabria e che di lì avrebbe inviato il certificato medico».

A quel certificato ne sono seguiti altri, con la docente che continuava ad essere assente per lombalgia e una distorsione. Il preside aveva quindi avvisato il Provveditorato. Di lì a poco è partita l’inchiesta. Il sospetto, nonostante i certificati medici stilati anche da illustri professionisti calabresi, era che si trattasse di una truffa. Il pm Chiara Venturi ha fatto notare che nessun medico ha negato l’esistenza della lombalgia e che il marito dell’insegnante si era limitato a portare i certificati. Non c’è stata dunque prova che avessero voluto ingannare i medici e lo Stato.     (da http://www3.lastampa.it)

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