Con l’insegnamento delle attività alternative all’IRC si potrebbero avere nella scuola fino 25.000 cattedre… per i precari
Data: Domenica, 31 luglio 2011 ore 21:40:00 CEST
Argomento: Normativa Utile



     Il riferimento normativo più chiaro e sintetico lo fornisce l’art.310 del  T.U. DL n. 297 /1994 (Diritto degli studenti delle scuole di ogni ordine e grado di scegliere se avvalersi o non avvalersi dell'insegnamento della religione cattolica). “Ai sensi dell'articolo 9 dell'accordo tra la Repubblica Italiana e la Santa Sede, ratificato con la legge 25 marzo 1985, n. 121, nel rispetto della libertà di coscienza e della responsabilità educativa dei genitori, è garantito a ciascuno, nelle scuole di ogni ordine e grado, il diritto di scegliere se avvalersi o non avvalersi dell'insegnamento della religione cattolica”.
      La legge n. 121/1985 (Ratifica ed esecuzione dell’accordo con protocollo addizionale, firmato a Roma il 18 febbraio 1984, che apporta modifiche al Concordato lateranense dell'11 febbraio 1929, tra la Repubblica italiana e la Santa Sede) recita nel suo incipit: “La Repubblica italiana, riconoscendo il valore della cultura religiosa e tenendo conto che i principi del cattolicesimo fanno parte del patrimonio storico del popolo italiano, continuerà ad assicurare, nel quadro delle finalità della scuola, l’insegnamento della religione cattolica nelle scuole pubbliche non universitarie di ogni ordine e grado”.
      Il D.P.R. n. 751/1985, la  CM. n. 368/1985,  la CM n. 131/1986, la CM.  n. 211/1986 e la CM. n. 316/1987 (ecc…) provvedono a stabilire il regolamento attuativo della legge 121/1985 e ne danno l’esatta interpretazione: “Il diritto di scegliere se avvalersi o non avvalersi dell'insegnamento della religione cattolica assicurato dallo Stato non deve determinare alcuna forma di discriminazione, neppure in relazione ai criteri per la formazione delle classi, alla durata dell'orario scolastico giornaliero e alla collocazione di detto insegnamento nel quadro orario delle lezioni; la scelta operata all'atto dell'iscrizione ha effetto per l'intero anno scolastico cui si riferisce e per i successivi anni di corso nei casi in cui è prevista l'iscrizione d'ufficio, fermo restando, anche nelle modalità di applicazione, il diritto di scegliere ogni anno se avvalersi o non avvalersi dell'insegnamento della religione cattolica”. Il capo di istituto e il collegio dei docenti ai quali compete la responsabilità complessiva della programmazione educativa e didattica (entro il primo mese dall'inizio delle lezioni) ai sensi dell'art. 4 del D.P.R. 31 marzo 1974, n. 416, assicurano agli alunni non avvalentisi (tenuto conto delle proposte degli studenti stessi) ogni opportuna attività culturale e di studio, con l'assistenza degli insegnanti, escluse le attività curriculari comuni a tutti gli allievi. Queste attività culturali e di studio devono concorrere al processo formativo della personalità degli studenti. Le ore eventualmente eccedenti sono da remunerarsi secondo le norme contenute nell'art. 88 - quarto comma - del DPR. n. 417/1974,  fermo restando il carattere non obbligatorio dell'utilizzazione dei docenti oltre il normale orario di servizio. La partecipazione alle attività culturali e di studio programmate non è però obbligatoria e agli studenti non avvalentisi è comunque assicurata dalla scuola ogni opportuna disponibilità per attività di studio individuale.
      Di conseguenza, qualora tale puntuale adempimento non sia stato ancora compiuto dal Collegio dei docenti, sarà cura dei DS intervenire perché subito vi provveda, onde rendere possibile l'immediato avvio delle attività in parola.  Pena omissioni di atti di ufficio. La Legge n. 281/1986 (Capacità di scelte scolastiche e di iscrizione nelle scuole secondarie superiori) all’art. 1° c. 3 e 5 recita: “Nella scuola secondaria superiore, la scelta in ordine a insegnamenti opzionali e a ogni altra attività culturale e formativa è effettuata personalmente dallo studente”. Con sentenza n. 203 del 12 aprile 1989 la Corte Costituzionale ha chiariato una volta per tutte che “per quanti decidono di non avvalersene, l'alternativa è uno stato di non-obbligo. (…)In forza dell'Accordo con la Santa Sede, lo Stato è obbligato ad assicurare l’IRC”. A questa sentenza ha fatto seguito la CM “esplicativa” n. 9 del 1991: “La Corte ha chiarito che per quanti decidono di non avvalersi dell'IRC, lo schema logico non è quello dell'obbligazione alternativa: per i predetti si determina "uno stato di non-obbligo". Ha, quindi, ritenuto che i moduli organizzativi predisposti dall'amministrazione scolastica per corrispondere al non obbligo, consistenti in: a) attività didattiche e formative; b) attività di studio e/o ricerca individuale con assistenza di personale docente; c) "nessuna attività" intesa come libera attività di studio e/o ricerca senza assistenza di personale docente, non siano per il momento esaustivi residuando il problema se lo "stato di non-obbligo" possa avere tra i suoi contenuti anche quello di non presentarsi o allontanarsi dalla scuola. [...] Ne consegue, come sottolinea la Corte, che «alla stregua dell'attuale organizzazione scolastica è innegabile che lo stato di non-obbligo può comprendere, tra le altre possibili, anche la scelta di allontanarsi o di assentarsi dall'edificio della scuola”.
      Dopo questa sentenza è iniziata la prassi di scegliere nel modulo di iscrizione l’opzione c) di non scegliere “nessuna attività” cioè nulla, un’ora in meno di formazione. Il vecchio prof, nella sua lunga carriera, ha anche insegnato religione nei Licei e mi ricordo che in un’accesissima assemblea studentesca all’inizio degli anni 90, allo Spedalieri di CT, come unico punto all’Odg si discusse, per una intera mattinata scolastica, dell’IRC a scuola. Non sapevo se essere preoccupato per questo fatto straordinario e unico o gustare pienamente la soddisfazione per la serietà con cui gli alunni discutevano del valore o meno dell’IRC fatto a scuola. Mi è rimasta dentro la gioia sottile per quello che insieme a padre Felice Scalia S.J. facevamo per quegli alunni straordinari!
Oggi, mentre vado curiosando per la rete, (pur essendo credente per grazia di Dio) mi trovo solidale con l’ UAAR che vuole ottenere nella scuola pubblica una reale parità tra  gli avvalentisi e chi decide di non frequentare l’IRC.   In fondo, anche se non c’è un obbligo di legge, l’ora alternativa alla religione è un diritto che la scuola italiana è obbligata a garantire. Questo diritto troppo spesso è taciuto o ostacolato, o anche semplicemente non conosciuto dagli studenti italiani e dalle loro famiglie. Il MIUR, con nota del 22 marzo 2011, ha trasmesso alle Istituzioni Scolastiche di ogni ordine e grado le indicazioni della Ragioneria Generale dello Stato sul pagamento delle attività didattiche alternative all’IRC. Il parere, concordato tra il MIUR e il MEF, ribadisce che la scelta di genitori e alunni di avvalersi delle attività didattiche alternative alla religione cattolica rende le stesse un "servizio strutturale obbligatorio", da pagare "a mezzo dei ruoli di spesa fissa".
      Come anticipato da diversi Uffici Scolastici Regionali, risulta certificato dai due ministeri competenti che i costi dell'ora alterativa sono coperti dallo Stato e non gravano sui singoli istituti scolastici. Il MEF ha, a suo tempo, individuato specifici capitoli di Bilancio sul quale far gravare le spettanze retributive dei Docenti che si occuperanno delle attività alternative alla Religione cattolica. La mancata attivazione dell'ora alternativa alla RC appare dunque illegittima, sia verso gli alunni che non si avvalgono dell'IRC, sia verso i docenti aventi titolo all'assegnazione delle relative ore di insegnamento alternativo. Gli insegnamenti possono essere sia curriculari  che non, il collegio docenti deve tener conto delle proposte del consiglio di classe e degli studenti non avvalentisi e la scuola non deve aggregare studenti dell'ora alternativa a quelli di altre classi in cui si svolgono normali lezioni. Nell'allegato “E” occorre barrare la casella “attività didattiche e formative”. 
      La doverosità dell’offerta delle attività alternative è espressamente affermata anche dalla circolare ministeriale n. 126/1986. La condotta dell’Amministrazione scolastica, che rifiuta di garantire un insegnamento alternativo in presenza di un’espressa richiesta  configura una diretta violazione di un diritto soggettivo fatto per omissione di atti di ufficio.  Infatti CM n. 316/1987 dice che: “Allo scopo di assicurare l’effettivo svolgimento delle predette attività si potrà, tuttavia, procedere all’assunzione di supplenti nella misura in cui non si renda possibile provvedere con l’utilizzazione del personale già in servizio.” Non c’è mancanza di risorse che tenga! Va garantito il diritto allo studio di tutti e pari opportunità formative a tutti. Sulla mancanza di risorse occorre chiedere il conto ai ministri Gelmini e a Tremonti, cosi come sugli effetti e le conseguenze dei loro tagli. Nessun impedimento quindi all'assegnazione di ore eccedenti da assegnare ai docenti, interni o esterni.

Giovanni Sicali
giovannisicali@gmail.com







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