Parte la baleniera del concorso a ds, dispendiosa e gravida di ricorsi, ma si tiene in cantiere l’agile vascello della libera elezione del preside.
Data: Domenica, 31 luglio 2011 ore 01:00:00 CEST
Argomento: Redazione


La grande macchina organizzativa s’è mossa: dagli antri muscosi del Miur alle officine attrezzate delle varie agenzie di formazione, sindacati compresi, per traghettare solo alcune miglia di docenti, degli oltre 200mila aspiranti, al posto di dirigente scolastico, se il posto si troverà.  Un affare a tutti gli effetti per queste baleniere formative  con arpione a bordo e reti a strascico, mentre regate di avvocati  alzano già le vele lungo le rotte  degli articoli controversi  del bando di concorso con esca e fiocina a prua per irretire barche isolate di docenti.  Se per un verso infatti il Miur fa sapere che sta mettendo a disposizione degli incerti e per chi ha difficoltà i propri funzionari  per rispondere alle problematiche e ai dubbi sulla compilazione dei vari modelli di domanda, l’Anief dall’altro
lancia il guanto della intimazione giudiziaria al Ministero, diffidandolo se non consente anche a chi non è di ruolo, ma insegna da 5 anni a qualunque titolo, di partecipare alla preselezione. Contestualmente flottiglie variegate di professori, che si stanno vedendo esclusi dal concorso per mancanza dei titoli richiesti, lanciano giustamente grida di dissenso, considerato che da decenni fanno attività didattica esattamente come i loro colleghi blasonati dalla laurea quadriennale o da quella magistrale: perché questa discriminazione? Abilitati a insegnare ma inidonei a fare i presidi? Che senso ha? E le domande sono assolutamente legittime anche perché la sapienza per dirigere una scuola non trascende dalla laurea, come ben dimostrano molti sindacalisti che fanno pregevole lavoro di consultazione col semplice diploma. Né d’altra parte il titolo è sempre garanzia di cultura, come ben dimostra l’ultimo concorso a preside (sempre quello del 2004), tra le cui pieghe sono state rinvenute remore sintattiche e grammaticali ben pasciute e attaccate inesorabilmente ai fogli manoscritti. Lo Stato intanto per armare le variegate regate dei commissari, con i vigilanti, i supporti cartacei e le scuole da requisire per l’evento straordinario, metterà sul tappeto verde della disfida tra gli oltre 200mila aspiranti  ben oltre 45milioni di euro, ma col sempre aleggiante rischio del convitato di pietra, rappresentato dalle denuncie alla magistratura  per più o meno acclarate scopiazzature, favori, raccomandazioni, mancanza di trasparenza e così via. Ciò che tuttavia conforta il folto pubblico dei docenti impegnati nella prova galleggia sulle onde della possibilità che comunque lo Stato elargisce a tutti i professori di diventare dirigenti superando un concorso; e un concorso  tutti, studiando o facendosi raccomandare, possono superarlo. Diverso è invece presentarsi al collegio dei docenti per essere eletti dai colleghi attraverso libere votazioni. Qui la cosa si complica e in tale contesto vale, più del titolo di laurea e più della presumibile raccomandazione del politico potente, le capacità dimostrate in classe e negli interventi nelle assemblee, le attitudini didattiche, il carisma, la bravura nei rapporti umani, la correttezza dei comportamenti.  Una preselezione  “naturale” che impedirebbe  in ogni caso di avere a che fare con un dirigente magari preparato, ma schizofrenico, autoritario, narcisista e perfino imbroglione e per giunta da sopportare a vita e che però ha vinto un concorso. Eleggendo invece un collega a tempo limitato, come capitano della nave scuola, c’è tutto il tempo di preparare l’ammutinamento e al momento opportuno buttarlo a mare e senza la scialuppa e il salvagente se dovesse rivelarsi un farabutto...

Pasquale Almirante
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