Brunetta, abolizione del valore legale diploma di laurea e' un’ipotesi
Data: Giovedì, 21 luglio 2011 ore 12:55:11 CEST Argomento: Rassegna stampa
Presso la
VII Commissione del Senato (Istruzione pubblica), si è svolta
l’audizione del ministro per la Pubblica Amministrazione e
l’Innovazione Renato Brunetta nell’ambito
dell’indagine conoscitiva sugli effetti connessi all’eventuale
abolizione del valore legale del diploma di laurea. Nel corso del suo
intervento il ministro ha premesso che “il valore legale delle lauree
si fonda su una copiosa normativa che si è stratificata negli ultimi
ottanta anni. Negli ultimi decenni nella società italiana sono
intervenuti molteplici mutamenti sia sotto il profilo della formazione
- prima con l’aumento della scolarità, poi con la riforma
dell’istruzione universitaria - sia sotto il profilo dell’accesso al
mercato del lavoro, pubblico e privato.
Tali profonde trasformazioni pongono in discussione la permanente
validità e utilità del principio del valore legale del titolo di
studio, principio affermatosi in tutt’altro contesto e che risente di
una certa rigidità. Queste circostanze invitano a una riflessione, come
del resto, questa Commissione ha opportunamente avviato. La modifica
del principio del valore legale del titolo di studio può determinare
profonde e articolate conseguenze in diversi settori: nel sistema
universitario, nel mercato del lavoro e nell’accesso per concorso ai
pubblici uffici. Per quanto riguarda l’ambito universitario, la riforma
varata dalla collega Mariastella Gelmini contribuisce a definire linee
di intervento in modo estremamente concreto e pratico. L’obiettivo -
che trovo condivisibile - è passare dal concetto di valore legale a
quello di valore sostanziale del titolo di studio. Tradizionalmente la
laurea esprime, in ogni ordinamento e anche nei più flessibili, un
valore collegato al raggiungimento di un certo livello di formazione
culturale. In tale prospettiva, è necessario che il titolo sia
rilasciato da un’istituzione riconosciuta perché accreditata da
organismi pubblici coordinati e vigilati da un soggetto terzo che in
Italia è rappresentato dal Ministero dell’istruzione, dell’università e
della ricerca.
Secondo questa impostazione tradizionale - ha ricordato Brunetta - il
decreto del Presidente della Repubblica n. 328 del 2001 stabilisce che
i titoli universitari, conseguiti al termine dei corsi dello stesso
livello appartenenti alla stessa classe, hanno identico valore legale,
se conseguiti presso gli Istituti riconosciuti, ai fini dell’ammissione
agli esami di Stato, pur in presenza di differenziati e articolati
contenuti formativi. Il sistema dell’accreditamento serve a garantire
il valore formativo e scientifico delle lauree, lasciando poi al
mercato del lavoro - sia pubblico sia, in particolare, privato - il
compito di decidere in piena libertà come regolare l’accesso alle
professioni o ai posti d’impiego e quali requisiti ulteriori
richiedere. Attraverso il sistema di accreditamento delle Università si
possono qualificare i centri di insegnamento e, in ultima analisi,
affermare i principi di trasparenza e meritocrazia nell’accesso al
finanziamento pubblico.
Per quanto concerne la Pubblica Amministrazione - ha aggiunto Brunetta
- la normativa vigente prevede per la partecipazione a concorsi che il
singolo candidato sia in possesso di determinati titoli accademici o di
istruzione superiore aventi valore legale. Prima di abbandonare questo
sistema è necessario riflettere attentamente circa i necessari
meccanismi sostitutivi che valgano ad assicurare alla selezione, sul
piano sostanziale, livelli qualitativi comunque idonei a compensare il
criterio formale del valore legale. A tale riguardo osservo come
l’abrogazione tout court di tale riconoscimento significherebbe
consentire l’accesso ai concorsi pubblici a chiunque, indipendentemente
dal curriculum formativo di cui si dispone. Per altro verso non si può
omettere di rilevare che il valore legale del titolo universitario
mostra i suoi limiti con riferimento alla dimensione globale del
mercato del lavoro, in cui, nei fatti, la sua portata e validità sembra
essere ormai superata dalle mutate dinamiche di selezione e del
patrimonio di conoscenze e competenze che i datori di lavoro chiedono
ai canditati. Per non parlare del connesso problema, allorché si
mantenga fermo il valore legale dei titoli, legato alla difficoltà del
riconoscimento dei titoli esteri per lavoratori, anche qualificati, che
provengono da tutte le aree del globo. Il meccanismo
dell’accreditamento si muove nella direzione di predisporre un contesto
di qualità della formazione suscettibile di consentire, eventualmente,
passi ulteriori che affrontino, con la necessaria attenzione, anche il
nodo dell’abolizione del valore legale”.
Il ministro Brunetta ha poi aggiunto: “Se si vuole gradualmente
eliminare questa concrezione di norme, che ha per molti aspetti
appiattito il sistema universitario, dobbiamo agire su più fronti: non
solo su quello della normativa universitaria ma anche sulle leggi che
disciplinano l’organizzazione e l’accesso alle pubbliche
amministrazioni, sui bandi che esse emanano e sulle modalità con le
quali svolgono i concorsi e sull’operato degli organismi professionali
per l’accesso ai quali è previsto dalla Costituzione l’esame di Stato.
Il percorso delineato con la riforma dell’Università promossa dal
ministro Gelmini appare, quindi, in grado di determinare un sistema
coerente di incentivi per la competizione anche a livello
universitario, con l’effetto di spingere le Università a impegnarsi
nella predisposizione di un’offerta formativa di qualità in grado di
attrarre gli studenti. Ciò è possibile solo se le Università assumono
come obiettivo di lungo termine quello di migliorare la cosiddetta
reputazione formativa che, in altri termini, diventa per i loro futuri
laureati un ‘titolo’ spendibile sul mercato del lavoro. In pratica, a
essere determinante non è più solamente il percorso di studi prescelto
e il risultato in termini di votazione finale, ma anche e soprattutto
la reputazione sotto il profilo della qualità dell’offerta formativa e
della capacità di preparare laureati eccellenti. Concludendo non posso
non osservare che la questione sia meritevole di essere ulteriormente
approfondita e a tal fine sono disponibile ad avviare un confronto tra
gli uffici del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della
Ricerca e quelli del Dipartimento della Funzione pubblica”.
(AGENPARL)
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