Perché la Gelmini vuol ''regalare'' tutti i docenti ai sindacati?
Data: Venerdì, 08 luglio 2011 ore 10:30:00 CEST Argomento: Rassegna stampa
Il futuro della
scuola nel nostro Paese, che in gran parte coincide con la possibilità
di consentire l’accesso al sistema nazionale dell’istruzione di giovani
insegnanti motivati e preparati, rischia di essere totalmente
compromesso, come rileva la lettera del CLDS (Coordinamento Liste per
il Diritto allo Studio), da una interpretazione restrittiva del
Regolamento sulla formazione iniziale degli insegnanti, la cui
pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale risale al gennaio 2011 (decreto
n. 249).
I passaggi di carattere attuativo sono sempre delicati e i giochi al
ribasso purtroppo frequenti. In questo caso, a proposito della
definizione della quantità degli accessi ai percorsi di formazione, è
successo che, mentre l’art. 5 del Regolamento (comma 2) fa riferimento
al fabbisogno dell’intero sistema nazionale di istruzione maggiorato
del 30% e determinato anche “tenendo conto dell’offerta formativa degli
atenei e degli istituti di alta formazione artistica, musicale e
coreutica”, i numeri dei posti disponibili che il Miur ha comunicato
agli uffici regionali per avviare i corsi di laurea magistrale a ciclo
unico per l’insegnamento nella scuola dell’infanzia e nella scuola
primaria, e i corsi di laurea magistrale con annesso anno di tirocinio
formativo attivo per l’insegnamento nella scuola secondaria (I e II
grado) vanificano le aspettative di tanti giovani che vorrebbero avere
una chance per tentare la strada della professione docente.
Anche l’anno di tirocinio transitorio (art.15) per ottenere la sola
abilitazione che dovrebbe partire nel presente anno accademico, dopo la
chiusura delle SSIS nell’ormai lontano 2008, sembra soggetto alla
stessa modalità restrittiva.
Pochi posti disponibili, in alcuni casi nulli, per poche classi di
concorso. Alcuni esempi si segnalano per la loro significativa
incongruenza: per la scuola primaria in Sicilia ci sarebbero zero posti
per tutto il triennio 2012-2015: questo significa che ai piedi
dell’Etna non si apriranno corsi magistrali quinquennali abilitanti?
Per la scuola secondaria di I grado sarebbero fatti partire i tirocini
formativi attivi di tre sole classi di concorso (A033, Educazione
tecnica; A059, Matematica e Scienze; A445, Spagnolo), e le altre?
Quanto alla secondaria di II grado, in tutto meno di 900 posti per il
primo anno (2012-2013), aggregati in 12 aree, corrispondenti nella
logica ministeriale a 12 corsi regionali o interregionali, con
l’implicita conseguenza che chi dalla Lombardia, poniamo, voglia
iscriversi al corso di Matematica, lo debba frequentare in Campania o
viceversa debba stabilirsi a Milano chi, da Napoli, si voglia formare e
abilitare in una delle classi di concorso di materie tecnologiche.
Si è giunti a questo punto, che ci auguriamo vivamente sia corretto,
per una ragione rintracciabile nel testo del primo decreto attuativo
del Regolamento (n. 139/2011): il calcolo dei posti disponibili per la
formazione e abilitazione dei docenti avviene nell’ottica della
programmazione (e razionalizzazione) regionale dei posti disponibili
per il reclutamento dei docenti. Non si spiegherebbe altrimenti la
seguente premessa che compare nel suddetto decreto attuativo: “il
fabbisogno di personale docente nelle scuole, determinato a livello
regionale, è numericamente esiguo”. La quantità dei posti del personale
da assumere potrà anche essere esigua (secondo certi parametri non è
del tutto vero), ma perché il numero dei posti da assegnare alla
formazione e abilitazione dei docenti deve essere altrettanto esiguo?
Si persegue in questo senso un errore, più volte denunciato su queste
pagine, che impedisce in Italia lo sviluppo di una nuova identità
professionale docente, da concepire come una responsabilità che si
assume e non come un ruolo impiegatizio. L’errore consiste
nell’intreccio perverso che nella mentalità diffusa e nella pratica
avviene tra l’abilitazione all’insegnamento e il reclutamento nei ruoli
professionali.
Fino ad ora si è sempre ritenuto che il docente che si laurea in una
disciplina attinente l’insegnamento e che si abilita sia un potenziale
pretendente al posto fisso tramite il meccanismo delle graduatorie
permanenti dalle quali, in assenza atavica di concorsi, si scivola alla
fine sulla cattedra di un qualche istituto scolastico. Il nesso
inscindibile tra le due fasi (abilitazione e reclutamento) ha
consentito al potere contrattuale in mano al sindacato di gestire la
categoria insegnante secondo i principi dell’appiattimento e della
scarsa valorizzazione dei compiti professionali.
Poiché già da oggi le graduatorie sono ad esaurimento, si può
finalmente girare pagina e separare il percorso formativo/abilitante
dal capitolo assunzione/reclutamento. Attenzione: questo non significa
che il secondo aspetto non debba essere pensato e riorganizzato. Lo
potrà essere in forme nuove, solo se concettualmente e in sostanza
sganciato dal primo.
Da una parte, dovranno essere svuotate le graduatorie permanenti degli
abilitati con immissioni in ruolo sui posti disponibili (la norma, cioè
il Testo Unico, prevede che il 50% vada alle nomine a tempo
indeterminato e il restante 50% a concorso).
Dall’altra, però, dovrà essere determinato il fabbisogno degli
insegnanti da ammettere ad abilitazione secondo criteri che prescindono
dal calcolo delle possibili assunzioni nei ruoli dello Stato. Ne
servono molti di più. Esattamente, quanti ne può sostenere un sistema
che per dotare la scuola di insegnanti responsabili e preparati,
riconosce ad un ampio numero di persone l’attitudine e l’idoneità
all’esercizio di una professione che il singolo promuoverà, se lo
vuole, sottoponendosi alle varie forme di assunzione che dovranno
prevedere, tutte, la congruenza tra le competenze disciplinari del
singolo e il profilo della scuola nella quale verrà immesso.
I criteri del fabbisogno, nelle circostanze attuali, possono essere
rintracciati nel seguente modo: 1) disponibilità formativa delle
università, che dovranno registrarsi sulla necessità di realizzare
corsi di laurea magistrali e tirocini di livello, in sintonia con le
scuole nelle quali le esperienze di scuola attiva dovranno essere
compiute; 2) quantità dei neolaureati che si è venuta sedimentando in
attesa dell’avvio della nuova fase abilitante dopo la chiusura delle
SSIS.
Altra questione è la capacità del sistema nazionale di istruzione (e
della formazione professionale regionale) di accogliere docenti
abilitati secondo forme di assunzione che possono andare dalle prove
concorsuali alla chiamata da parte delle scuole o reti di scuole.
Secondo questa ottica si potrà pervenire ad un quadro complessivo più
liberale e funzionale nel quale non si scontrino le attese degli
insegnanti in lista nelle graduatorie e quelli che ambiscono al
riconoscimento del titolo per esercitare la professione.
(di Fabrizio Foschi da Il Sussidiario)
redazione@aetnanet.org
|
|