Precari e tirocinio, i giovani hanno ragione. Intervista a L. Berlinguer
Data: Lunedì, 04 luglio 2011 ore 07:37:00 CEST Argomento: Rassegna stampa
«Questi giovani
hanno ragione. Non per un malinteso giovanilismo, ma perché pongono
alla politica una questione ineludibile: non si può stare nel mondo
senza soddisfare l’esigenza primaria di lavoro delle nuove
generazioni». A dirlo è Luigi Berlinguer, ex ministro dell’Istruzione
ed eurodeputato del Pd, commentando la lettera aperta al Ministro
Gelmini a firma Clds - Coordinamento Liste per il Diritto allo Studio,
uscita giovedì scorso su ilsussidiario.net.
Cosa pensa della lettera,
professore?
Vorrei fare una considerazione preliminare. Il dato più drammatico
della crisi economica mondiale è che in tutto il mondo i giovani ne
stanno pagando il costo più alto. In Italia la disoccupazione giovanile
è al 30 percento, e nel Mezzogiorno questa cifra aumenta della metà.
Qualunque governo non può permettersi di ignorare il problema e deve
fare proposte con la massima urgenza.
Investire in istruzione - per non parlare della cultura e della ricerca
- ha un costo. Molto elevato. E noi...
Ma è l’unico modo per uscire dalla crisi. L’Europa e il mondo si
dividono in due «partiti»: i paesi che hanno investito in istruzione e
ricerca, e quelli che hanno tagliato i fondi. Germania, Finlandia e
altri paesi del Nord Europa hanno investito e vedono il Pil in aumento
pur avendo fatto severissimi tagli di risanamento finanziario al loro
bilancio. Non hanno un Tremonti che taglia trasversalmente tutto, ma
selezionano i tagli e investono nei capitoli di spesa che sono
imprescindibili. Certo bisogna volerlo fare.
Il ministro Gelmini ha delle
responsabilità?
La Gelmini ha fatto sforzi sovrumani per riuscire a salvare il
salvabile, ma la linea Tremonti è di manifesta chiusura al futuro.
«Il governo» dice la lettera
«sta dalla parte dei già abilitati non ancora immessi in ruolo e
inseriti nelle graduatorie a esaurimento». E i giovani sono gli unici a
pagare per questa scelta.
È vero. Una società deve garantire il futuro a se stessa, e in questa
operazione c’è un rischio che questi giovani spiegano molto bene. Se
per quindici anni sono costretti a non potersi abilitare, perderemo il
turnover per colpa nostra e ci ritroveremo con il personale docente più
anziano o tra i più anziani d’Europa. Non possiamo permettercelo. Avere
un mix equilibrato nel corpo docente è un bene per tutti. non solo per
una ragione etica, ma anche per una ragione funzionale.
Si spieghi.
Una scuola che si rispetti ha bisogno
di una docenza con molta esperienza didattica, ma anche con molta
spinta innovativa. Avere un corpo docente misto, dal punto di
vista generazionale è essenziale, perché questo ha grandi conseguenze
culturali e formative. Non vorrei essere frainteso: non sto dicendo che
gli anziani sono conservatori mentre i giovani sono innovativi, perché
conosco giovani conservatori e anziani innovativi. Alla scuola occorre
gente di sangue nuovo.
Qual è la strada?
C’è una ben precisa norma che fin dal
1994 prevede di assumere per il 50 percento dalle graduatorie, e per il
50 per cento da concorso. Mi pare una soluzione intelligente e
praticabile: non ignoriamola. Non ci
sono concorsi in Italia dal 1999. Chi era ministro nel ’99? Ma non
voglio fare apologia di reato. Certo è che allora di precari ce
n’erano tanti, ma questo non ha voluto dire non avere un occhio di
riguardo per questa categoria. Non tale, però, da escludere anche
l’altra parte. Dispiacerà a qualcuno quello che dico, ma sono sicuro
che è giusto.
Secondo quello che la legge
già prevede, dice la lettera del Clds, si vada avanti ad abilitare, il
reclutamento avverrà poi contemperando le esigenze. Ovvero: «albi
regionali» e chiamata diretta da parte delle scuole. Che ne pensa?
Ci sono paesi in cui già avviene quello che gli studenti propongono, ma
per iniziare un’attività di questo tipo in Italia bisogna essere un po’
più cauti. Non sono contrario, ma è una cosa da fare a piccoli passi,
perché legato alla nostra realtà nazionale c’è un pericolo molto forte.
Anzi, due. Primo, quello del localismo
leghista, secondo, quello del clientelismo tipico italiano ma
soprattutto dell’Italia meridionale.
La Lega ha sempre detto di
volere docenti legati al territorio.
Sì, perché i leghisti sostengono che uno che non sa il dialetto veneto,
che loro chiamano impropriamente lingua, non può insegnare in Veneto;
ma questa è una bestemmia per la cultura italiana. Anch’io sono perché si insegnino i dialetti
del posto, però prima bisogna sapere l’italiano e l’inglese.
Diversamente non solo non si sa più chi è Leopardi, ma si finisce per
imbarbarire il paese.
Non usa mezzi termini nemmeno
per denunciare il clientelismo...
Le scuole in certe zone finirebbero
per reclutare soltanto clientes, anche se ci fosse un’unica lista di
abilitazione nazionale. L’esperienza accademica insegna che
l’abilitazione dev’essere legata all’assegnazione di un posto, deve
cioè essere a numero chiuso. In altri
termini, non ti abilito, perché c’è un altro più bravo di te: qui la
forza della competizione funziona. Ma se non c’è nessuno che viene
«sacrificato», io - istituto - chiamo tutti quelli che sono amici.
Ripeto, quella della chiamata diretta fondata sull’autonomia non è
un’idea sbagliata, ma va attuata con un processo graduale.
In che modo?
In modo sperimentale: si potrebbe iniziare, qualcuno lo ha suggerito,
consentendo alle scuole di reclutare l’organico non per intero, ma
limitatamente ad alcune funzioni che integrano l’attività educativa.
Razionalizzare, insomma, applicando l’organico funzionale. È una
strada, ce ne possono essere anche altre.
Ma in questa fase
sperimentale gli albi regionali possono avere un ruolo o no?
Sono di fatto già regionali, perché se lei vince la cattedra in una
regione, per potersi trasferire in un’altra deve fare i salti mortali. Io sono contrario agli albi regionali
chiusi. La presenza di docenti nel nostro paese che non
insegnano nel territorio di provenienza ha arricchito enormemente la
nostra cultura. È un campo che va regolamentato per disciplinarne gli
abusi, che rischiano altrimenti di prevalere.
Come si risolve il problema
della «zona grigia» di tutti coloro che insegnano senza aver fatto la
SSIS e che non potranno rientrare nel nuovo percorso abilitante?
Guardi, la cosa più urgente da fare è
chiudere rapidamente questa fase intermedia. Primo, occorre far partire
rapidamente il TFA. Secondo, risolvere casi come quello che ha
ricordato, e che riguardano non poche persone e non solo nelle
paritarie. Non c’è dubbio che vanno studiati e presi provvedimenti che
permettano di inserire nel sistema anche questi docenti. In parallelo,
serve un programma di assorbimento dei precari nel rispetto delle leggi
che già ci sono.
Per l’immediato futuro che
cosa auspica?
Che si parli di numeri: è la
condizione. Non solo nell’interesse dei docenti, ma della
scuola tutta. E che si faccia una programmazione che non sia solo
condizionata dalle ristrettezze.
(da www.ilsussidiario.net Intervista a Luigi Berlinguer)
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