Gelmini dà una cattedra ai precari ma si dimentica dei nuovi arrivi. L'immissione in ruolo di 230 mila precari bloccherà per dieci anni l'ingresso all'insegnamento
Data: Sabato, 02 luglio 2011 ore 07:53:16 CEST
Argomento: Rassegna stampa


E’ un risultato a somma zero la somma tra fabbisogno di nuovi insegnanti e precari in attesa di cattedre. Il ministero dell’Istruzione sta ultimando in questi giorni la conta dei posti disponibili nelle scuole italiane. La novità è che le cattedre libere (circa 230 mila) saranno assegnate tutte ai 230 mila precari in attesa dal 2007 di entrare in ruolo. I calcoli fanno presagire che questa scelta provocherà un blocco d’accesso per almeno dieci anni, tempo di esaurire l’ingresso la massa di abilitati venutasi a creare con il sistema delle Ssis (Scuole di Specializzazione per l’Insegnamento Secondario), il cui accesso e frequentazione garantiva l’ingresso automatico alle graduatoria per l’assegnazione delle cattedre. 
Con la loro chiusura, avvenuta nel 2008, il reclutamento degli insegnanti è divenuto un sistema anarchico che ha parcheggiato migliaia di insegnanti in lista d’attesa per l’immissione in ruolo. L’immensa schiera di precari che si prepara a usufruire di questa corsia preferenziale messa appunto dal ministero, chiuderà dunque qualsiasi strada a chi vorrà insegnare da qui a dieci anni. La decisione ha suscitato critiche bipartisan da parte degli studenti universitari. Francesco Magni, del Coordinamento Liste per il Diritto allo Studio, ha commentato: “Non possiamo condividere che il prezzo di questa stratificata e annosa situazione lo debbano pagare unicamente i giovani, cioè noi”.
Le tabelle che circolano parlano di un fabbisogno ( per i bienni 2012/13 e 2014/15) per le materie letterarie, per esempio, di un posto in Piemonte, due in Lombardia, quindici in Toscana. Per matematica rimangono liberi cinque posti in Liguria, quattordici in Emilia Romagna. E’ questa l’unità di misura media delle cattedre disponibili per i nuovi insegnanti dopo l’indulto del precariato. “È inaccettabile, per non dire folle – continua Magni – la decisione di bloccare di fatto le abilitazioni, cioè di salvaguardare unicamente i diritti acquisiti di chi è già “all’interno del sistema”, impedendo l’ingresso di nuove forze, di giovani motivati, preparati, desiderosi di costruire, disposti anche a tutti i sacrifici necessari in questo tempo di crisi”. La richiesta al ministro Gemini è che si tenga conto di tutte le situazioni: “non si può annullare qualsiasi prospettiva da qui a 10 anni a chi appena laureato vorrebbe fare l’insegnante. La categoria dei precari è protetta dai sindacati che hanno lottato in questi anni, noi appena laureati e futuri laureati no”.
Il problema, secondo Giorgio Israel, ordinario di Matematica alla Sapienza e presidente nel 2008 della Commissione al ministero dell’Istruzione, è la mancanza di responsabilità politica: “Si dovrebbero dire con chiarezza le scelta che si stanno facendo, invece si lascia alle burocrazia il balletto dei numeri dei posti disponibili. La formazione di insegnanti è un momento distinto dal reclutamento – ha spiegato al Foglio.it – i criteri di reclutamento rientrano nelle scelte politiche che spettano a chi è eletto e devono essere esplicite. Qualcuno sarà sempre scontento, o i giovani o i precari, ma deve essere chiara la scelta a monte. Anche se – ha poi spiegato – è impensabile che la scuola non assumerà nessuno per dieci anni”.
Intanto la commissione ministeriale fa sapere che a giorni dovrebbe essere pronto il nuovo sistema di abilitazione e reclutamento per le giovani leve. L’idea è quella di agganciare bienni specialistici dopo la laurea triennale in cui, oltre gli esami propri del corso di laurea, si studiano materie propedeutiche all’insegnamento, come per esempio psicologia, pedagogia. Il secondo step sono 475 ore di Tirocinio Formativo Attivo (TFA), al termine del quale c’è l’esame per l’abilitazione con punteggio. Dovrebbe essere attivo quest’anno, visto che la sua pubblicazione in Gazzetta Ufficiale risale al 31 gennaio, ma l’emanazione dei decreti attuativi non è ancora ultimata.
Si sta attrezzando l’Università Statale di Milano, che ha iniziato a disegnare i bienni specialistici per aspiranti professori delle medie (per il liceo le materie sono di più specifiche e richiede più tempo la creazione di una classe d’immissione). In attesa della predisposizione di questi corsi di laurea ad hoc per chi vuole insegnare, è previsto che per accedere alle cattedre libere si debba superare l’esame dopo il TFA,. “Sono usciti i numeri delle disponibilità e sono bassissimi – dice al Foglio.it Paolo Torri, rappresentante degli studenti di Lettere nel consiglio didattico dell’Università Statale di Milano – si sta pensando di fare un esame a livello statale, altrimenti ogni regione dovrebbe allestire una commissione d’esame per due o tre posti da occupare nella scuola. C’è anche da considerare che facoltà come Lettere Filosofia o Matematica, avranno un drastico calo delle iscrizioni, visto che viene a mancare uno degli sbocchi lavorativi principali che queste facoltà offrono”.(da Foglio quotidiano di Giulia De Matteo)

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