La fabbrica degli ignoranti ovvero la disfatta della scuola italiana
Data: Lunedì, 27 giugno 2011 ore 18:30:00 CEST Argomento: Rassegna stampa
Continuano le
prove degli esami di maturità, chiamati di Stato, l'altra mattina
ascoltando una radio si esortavano gli studenti, quasi si imploravano a
non copiare, perché poi i risultati per la loro carriera sarebbero
stati disastrosi. Copiando, tutti avrebbero ottenuto la maturità,
commentava la conduttrice, però senza merito, anzi di questo passo
avremmo avuto in futuro degli ingegneri somari, dei dottori somari,
etc., Cosa è successo?
Aperte le buste, è uscito un testo da tradurre di Seneca, appena dopo
un minuto, in tempo record, la traduzione era su internet e così il
testo era già a disposizione dei maturandi. Forse la conduttrice della
radio non lo sa ma non c'è bisogno di aspettare l'ultima incombenza
della scuola secondaria per sancire che gli studenti italiani soffrono
di una malattia, quella del non studio. Basta verificare, frequentare,
un po' le scuole superiori, la maggior parte degli studenti che
frequentano non studia e colleziona solo debiti, tra l'altro, spesso
nei cinque anni di scuola, anno dopo anno, questi studenti, soprattutto
quelli delle famiglie agiate, frequentano nei pomeriggi una specie di
scuola sommersa dove si viene fatti studiare da altri, lo scrive Paola
Mastrocola, nel suo ultimo testo, Togliamo il disturbo, “qui c'è
qualcuno - scrive la professoressa di Torino- che gentilmente (a
pagamento) mi inserisce un piccolo imbuto in gola o nell'orecchio, fa
lo stesso, e di lì fa scivolare con delicatezza tutte quelle cosucce
che io mi sono ben guardato dall'ingerire al mattino a scuola”. Da
qualche giorno ho finito di leggere il saggio di Giovanni Floris, il
conduttore di Ballarò, la fabbrica degli ignoranti, col sottotitolo
significativo: la disfatta della scuola italiana, pubblicato da Rizzoli
nel 2008. Si tratta di un'inchiesta sui mali della scuola dove Floris,
non risparmia nessuno, dall'asilo di Napoli che non apre perché mancano
i bidelli, fino all'istituto friulano che ogni anno cambia l'intero
corpo docente (precario). “Un libro di denuncia e insieme un atto
d'amore verso una scuola di nobile tradizione, piombata in un Medioevo
(da Floris non possiamo aspettarci che usi un altro termine, ormai
tutti sanno che il Medioevo è stata un'epoca di grande floridezza) di
strutture fatiscenti e insegnanti girovaghi come braccianti”. Sarebbe
ora che si ritorni a studiare veramente. Qualche mese fa ho presentato
ai miei lettori sul web, in ben otto puntate l'ottimo libro della
Mastrocola, il saggio di Floris per certi versi ribadisce l'analisi di
Togliamo il disturbo. Anche il conduttore televisivo è convinto che la
nostra scuola sforna asini, lo scrive proprio all'inizio del suo libro,
riportando alcuni esempi emblematici, citando le immancabili Iene, che
fanno domande culturali a bruciapelo a parlamentari che non sanno
rispondere neanche a domande banali. Del resto sono i politici che ci
meritiamo: il Parlamento è come il Paese. C'è un analfabetismo di
ritorno, un magistrato racconta che ci sono testimoni che non sono in
grado di leggere la formula di rito. Ma non ci sono solo i politici
nella fabbrica dell'ignoranza, anche altre professioni e così Floris
racconta, avvertendoci di allacciare le cinture di sicurezza per non
cader storditi di fronte agli strafalcioni. Un'occhiata ai magistrati,
ai loro concorsi, alla fine, Floris commenta che “non siamo davanti al
mero decadimento della nostra classe dirigente, ma all'espressione più
ampia di uno scadimento generale dei nostri standard educativi. E' solo
uno dei tanti segnali da cui possiamo scoprire di essere diventati un
Paese di ignoranti. E l'ignoranza ha un prezzo molto alto per un Paese
che si ostina a immaginarsi moderno, competitivo, vincente”. Per gli
esami all'albo degli avvocati a Napoli, dove partecipano solo candidati
già laureati in Giurisprudenza, il presidente evidenzia una serie di
errori di ortografia, la metà dei partecipanti dovrebbe essere
bocciata, mentre l'altra metà che ha superato l'esame se ne salva
appena il 10 per cento. Molti di loro avevano difficoltà anche nella
corretta divisione delle parole in sillabe. “Conoscere l'italiano, o
almeno le sue basi, è la prima cosa per poter svolgere alcuni mestieri.
Un errore può capitare a tutti - afferma Giovanna De Minico, prof di
Diritto pubblico all'Università Federico II di Napoli – anche per una
banale distrazione, ma quando questo è ripetuto più volte vuol dire che
si ignora la propria lingua”. Il problema è che questi avvocati, o
aspiranti tali, è di come si sono preparati. Molti di questi esaminati
non hanno fatto bene le scuole di base e soprattutto l'università. Il
libro di Floris affronta la questione della formazione degli
insegnanti,“è una questione antica, il sistema formativo italiano va
rivisto, ma fino ad oggi la politica non ha avuto né la forza né la
voglia di farlo”, lo sostiene Tullio De Mauro. Il libro analizza gli
strafalcioni del ministero dell'istruzione, ognuno ha la sua Waterloo.
Andando in internet, gli studenti mettono in rete gli errori dei prof,
se ne possono trovare tanti. Anche Floris lamenta la scarsa voglia di
leggere degli italiani, quasi 1 italiano su 2 non legge neanche il
giornale. Gli italiani spendono sempre meno per la cultura. L'anno
scorso in bel editoriale su Avvenire, Ferdinando Camon,
provocatoriamente, scriveva: “Se non leggi non vivi”. Chi sono gli
insegnanti? A pagina 61, Floris dà questa definizione: “Dal punto di
vista statistico ne escono malissimo: sono tantissimi, presi tutti
insieme costano parecchio, mentre ognuno di loro guadagna davvero
poco”. Guardando il singolo insegnante, possiamo concludere, che ci
hanno reso in gran parte quello che siamo, aiutandoci, danneggiandoci,
insegnandoci a pensare, a parlare, a comunicare. Per Floris la funzione
del docente è unica. Il maestro, il professore, hanno in mano le sorti
degli individui, e quindi quelle del mondo intero. Valutare la
categoria non è bello, ma è pur vero che qualcuno deve farlo. Nella
scuola non esiste alcun modo di misurare il merito degli insegnanti. Il
libro tocca lo spinoso argomento delle graduatorie che si intrecciano
tra loro in un vorticoso ginepraio, i corsi di aggiornamento fasulli. E
poi il precariato, insegnanti che rimangono precari fino alla pensione.
Il Sud pieno di insegnanti e che non servono proprio al sud, ma servono
al Nord, dove però non conviene trasferirsi, perché i conti poi non
tornano. La categoria degli insegnanti non è rispettata; alunni che non
studiano e pretendono, genitori che contestano i voti dei loro figli, e
che si permettono di fare qualsiasi critica; a proposito quando vado
dal medico gli contesto il mestiere? Un tempo l'insegnante aveva un
ruolo speciale, era quello che formava la nuova generazione, oggi vale
zero perché la sua retribuzione è scarsa, tra l'altro, molti pensano
che la scelta di insegnare sia un ripiego, perché non è riuscito a
trovare una professione più redditizia. (da
http://www.imgpress.it/ di Domenico Bonvegna)
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