«Difficile leggere le mail». E i prof ingolfano le poste. No al computer, concorso da 25 milioni di pagine
Data: Lunedì, 27 giugno 2011 ore 10:00:00 CEST
Argomento: Rassegna stampa


Il digital divide (si legge divaid, all’inglese) è quella barriera che separa chi usa il computer e chi no. Ma nel nostro Paese il digital divide (si legge divide, all’italiana) anche due pezzi dello Stato, chi vorrebbe concorsi con e-mail e pdf e chi rimane fedele nei secoli alla carta. Fogli fruscianti e inchiostro anche a costo di una montagna da 35 milioni di pagine, poco meno dell’intero patrimonio della Biblioteca vaticana. Fogli fruscianti e inchiostro perché per leggere le mail, nell’anno domini 2011, ci vuole più tempo. La disputa riguarda i concorsi da professore universitario che dovrebbero partire in autunno. Un’operazione colossale con 180 commissioni, 900 «giudici» e una previsione di oltre 25 mila candidati. Numeri da concorsone alle Poste che però non devono sorprendere.                             
La selezione non metterà in palio un tot di cattedre come avveniva finora. Ma servirà a entrare negli elenchi dell’abilitazione nazionale, il listone dal quale tutte le università potranno chiamare ordinari e associati per tutte le materie. Ci proveranno in tantissimi: gran parte dei ricercatori (e soltanto loro sono già 25 mila), professori associati che vogliono essere promossi a ordinari, più altri studiosi che lavorano fuori dagli atenei. Ma a far salire la montagna di carta sono anche i documenti richiesti. Ogni partecipante deve spedire alla commissione almeno 12 pubblicazioni, dall’articolo di tre pagine al libro di 500. Ogni testo andrebbe poi girato a ciascuno dei cinque commissari, sparsi tra le università italiane e anche all’estero visto che uno di loro deve essere straniero. Per questo il ministero dell’università aveva cercato la strada più semplice. E nella prima versione del decreto aveva scritto che le «domande, corredate da titoli e pubblicazioni scientifiche sono presentate per via telematica» . Una mail certificata e un pdf in allegato. Anche per limitare le spese che sarebbero a carico delle università, già da tempo a corto d’ossigeno. Ma a dire no è arrivato il parere del Consiglio di Stato: «Occorrerebbe specificare che l’uso dell’informatica si limita alla presentazione delle domande e del mero elenco dei titoli» . Perché? «La trasmissione informatica può diventare troppo onerosa e richiedere tempi di confezionamento e lettura più lunghi» rispetto a quella «in formato cartaceo» . Fogli fruscianti e inchiostro. Il ministero ha provato a far valere le sue ragioni scrivendo (su carta) al Consiglio di Stato: «La presentazione in formato cartaceo comporterebbe un notevole aggravio» con un costo aggiuntivo «quantificato in 8 milioni di euro» . Un tesoretto che se ne andrebbe tra fotocopie, acquisto di copie aggiuntive (il candidato ne deve mandare una sola), spedizioni con raccomandata o corriere. E una somma che basterebbe per gli stipendi di 150 ricercatori, non un dettaglio visto che molti vincitori di concorso restano a bocca asciutta proprio perché non ci sono i soldi per pagarli. Ma il Consiglio di Stato ha risposto (sempre su carta) senza spostarsi di una virgola: «I risparmi di spesa non sembrano così rilevanti a fronte della complicazione che si introduce, pretendendo l’invio delle pubblicazioni esclusivamente per via informatica» . La decisione finale spetta al Consiglio dei ministri, ma il no del Consiglio di Stato può essere superato solo all’unanimità. Chissà se anche tra i ministri c’è chi pensa che le mail hanno «tempi di confezionamento e lettura più lunghi» ?
Lorenzo Salvia   (da Corriere della sera)

redazione@aetnanet.org






Questo Articolo proviene da AetnaNet
http://www.aetnanet.org

L'URL per questa storia è:
http://www.aetnanet.org/scuola-news-242789.html