Via i prof di sostegno «Corsi agli insegnanti per gli alunni disabili»
Data: Martedì, 14 giugno 2011 ore 08:09:42 CEST Argomento: Rassegna stampa
Archiviare la
figura dell’insegnante di sostegno come la conosciamo oggi. E
affidare gli alunni disabili ai professori delle materie normali, che
però devono tutti avere una formazione specifica per seguire al meglio
questi studenti. La proposta arriva da un corposo studio elaborato
dalla Fondazione Agnelli,
dall’associazione TreLLLe e dalla Caritas italiana. Negli ultimi
dieci anni gli alunni disabili nelle scuole italiane sono aumentati del
45%, superando quota 200 mila. Anche gli insegnanti di sostegno sono
cresciuti, da 75 mila a 95 mila, con un costo per lo Stato di 4
miliardi di euro l’anno. Una tendenza sostenibile anche in futuro? Lo
studio propone di non tagliare i fondi ma di cambiare gradualmente le
regole. Nel corso degli anni la maggior parte degli attuali insegnanti
di sostegno passerebbe ad insegnare le normali materie del programma.
Gli altri (fra 10 e 20 mila) diventerebbero invece specialisti del
sostegno. Uscirebbero dalla scuola per lavorare in appositi centri, uno
per provincia, con il compito di formare gli insegnanti e aiutare le
scuole a trovare il modo migliore per aiutare i disabili. «In linea di
principio— dice Andrea Gavosto della Fondazione Agnelli— il modello
italiano è il più avanzato. Ma all’atto pratico soddisfa una serie di
esigenze particolari senza includere davvero i ragazzi in difficoltà» .
Un esempio? «In alcuni casi— dice per TreLLLe Attilio Oliva — non è
detto che l’insegnante di sostegno sia la scelta migliore per il
ragazzo. A volte può essere più utile un audiolibro o una persona che
insegni il braille. Oggi non ci sono i soldi» . In teoria già oggi gli
studenti disabili dovrebbero essere seguiti dagli insegnanti delle
materie normali, e il docente di sostegno dovrebbe aiutare l’intera
classe. Ma spesso la realtà è diversa, con disabili spostati anche in
aule diverse e marcati a uomo solo dall’insegnante di sostegno.
Consapevoli della rivoluzione, gli autori dello studio propongono di
partire con una sperimentazione in tre province. (di Lorenzo Salvia da
Corriere della sera)
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