La scuola è finita e non si riaprirà per 20mila prof e 15mila dipendenti
Data: Venerdì, 10 giugno 2011 ore 19:08:53 CEST Argomento: Rassegna stampa
L’ultima tranche
del triennio orribile voluto da Tremonti-Gelmini si sta consumando.
Domani finisce la scuola, temporaneamente, per i ragazzi. Ma, al
contrario, non ci sono auguri da fare e ferie da organizzare per 20mila
insegnanti e circa 15mila addetti di segreteria o bidelli. La
contrazione di classi programmata in modo micidiale dal governo e dalle
sue riforme (le uniche realmente fatte, con l’accetta) non lascia
scampo agli incaricati annuali. Così come inizierà da lunedì
l’affannosa corsa dei perdenti posto o soprannumerari (professori di
ruolo a cui sparisce la cattedra nel loro istituto e che spesso, a
cinquant’anni, per poter lavorare completano l’orario su due o a volte
tre scuole non sempre vicine tra
loro).
È un fenomeno sociale grave, che riguarda moltissime famiglie.
Ma, stranamente, è silenziato dai media e vissuto con suprema
indifferenza dalla classe politica, con rarissime eccezioni. Certo, gli
insegnanti non scendono in piazza come gli operai, non fronteggiano la
polizia. Sarà anche colpa loro quindi se i poeti della retorica di
sinistra non si accorgono e, dunque, non si esercitano in filippiche
accorate. I numeri sono pesanti. Per l’anno scolastico 2011-12 il
Governo ha deciso di tagliare 20mila posti per il corpo docente e
15mila per l’organico Ata (amministrativi, tecnici e ausiliari). La
sforbiciata è prevista dal decreto 112 del 2008 - convertito dalla
legge 133/2008.
Un «processo di razionalizzazione» del settore che in tre anni ha già
interessato 130mila posti di lavoro. Dall’anno scolastico 2008/09 gli
insegnanti si sono visti tagliare 87.400 posti, pari all’11,9 per cento
del totale. Una quota rilevante della riorganizzazione riguarda anche
il personale Ata. Rispetto all’anno scolastico in corso, in questo
caso, ci saranno 14.166 posti in meno. Circa 45mila in meno rispetto a
tre anni fa. L’ultima riduzione degli organici «inciderà con tagli
assolutamente insostenibili - spiega la parlamentare del Pd Manuela
Ghizzoni, firmataria di un’interrogazione in commissione Cultura alla
Camera - che danneggeranno fortemente la qualità della scuola».
Da qui al prossimo autunno, solo nelle scuole elementari, ci saranno
9.200 cattedre in meno. La prima conseguenza? «Non sarà più possibile
soddisfare le effettive richieste delle famiglie di tempo pieno e tempo
lungo», spiega Ghizzoni. Lezioni più brevi e meno materie. Stando ai
dati presentati dalla parlamentare, il piano del Governo sancirà la
scomparsa dello «specialista per l’insegnamento della lingua», il
maestro di inglese. I docenti della scuola secondaria italiana avranno
1.300 posti in meno. Il taglio più significativo riguarda però le
secondarie di secondo grado: dove mancheranno all’appello 9mila
cattedre.
Il 5 maggio il Consiglio dei ministri ha approvato alcune norme -
contenute nel decreto Sviluppo - tra cui un piano triennale di
immissioni in ruolo. Numeri molto più bassi rispetto al fabbisogno. E
non è affatto detto che Tremonti glielo faccia fare.
(di Fabio Luppino da L’Unità)
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