Stop alle richieste di soldi alle famiglie. Il ministero dell´Economia: illegittimo
Data: Venerdì, 03 giugno 2011 ore 07:54:13 CEST Argomento: Rassegna stampa
È illegittimo
chiedere soldi alle famiglie per mandare avanti gli istituti
scolastici. Lo afferma un recente documento pubblicato nel sito del
ministero dell´Economia. A darne
notizia è la Uil scuola attraverso il suo segretario generale, Massimo
Di Menna, che cita il Massimario dei rilievi ispettivi della
Ragioneria generale dello stato. Il documento elenca «i rilievi più
significativi formulati dai servizi ispettivi di finanza pubblica nel
corso dell´esercizio 2010»: un elenco delle irregolarità più ricorrenti
commesse da dirigenti scolastici, segretari (ora direttori dei servizi
amministrativi) e organi collegiali nella gestione delle risorse
scolastiche.
La notizia non mancherà di avere strascichi
polemici, specialmente dopo le ultime prese di posizione di tanti
dirigenti scolastici che si sono rivolti alle famiglie per tirare
avanti la carretta e sanare i bilanci in rosso. Ultimi in ordine di
tempo i 376 presidi dell´Asal - l´Associazione delle scuole autonome
del Lazio - che hanno inviato una lettera a migliaia di genitori,
denunciando il «più imponente taglio nella scuola della storia italiana
del dopoguerra». «Abbiamo sempre auspicato - continuano - che le scuole
non chiedessero contributi alle famiglie per il loro funzionamento
ordinario; ma una scuola pubblica di qualità ha bisogno di qualcosa di
più della semplice sopravvivenza». Qualche giorno prima, gli studenti
del liceo Modigliani di Giussano, in Brianza, hanno deciso di
anticipare lo stipendio a dieci docenti precari senza paga da tre mesi,
prelevando 10 mila euro dal fondo volontario delle famiglie.
L´iniziativa era stata concordata col preside che non sapeva come
pagare i malcapitati supplenti. E ad aprile la preside della elementare
Roberto D´Azeglio di Torino ha deciso di rendere obbligatorio il
contributo "volontario" di 50 euro ad alunno, perché con i 3.900 euro
che restavano in cassa non poteva più «comprare neppure sapone e carta
igienica».
In parecchi casi, la Ragioneria generale dello Stato ha rilevato
«l´indebito accollo alle famiglie degli alunni di contributi dovuti in
forma obbligatoria dagli istituti». Spesso, la natura "volontaria" dei
contributi è esplicitata a priori dalle scuole. Ma certe volte la linea
di demarcazione tra il contributo volontario e quello obbligatorio è
sfumata. E le famiglie si sentono obbligate ugualmente a pagare. Per
Adiconsum, gli stratagemmi adottati dalle scuole per indurre le
famiglie al pagamento del contributo sono molti: «L´invio di bollettini
anche ad alunni esonerati dal pagamento delle tasse scolastiche
erariali; bollettini unici già compilati con cifre che comprendono sia
le tasse dovute per legge sia i contributi scolastici che la legge
prevede come volontari; informazioni ingannevoli sull´obbligatorietà
dei contributi; diniego di iscrizione degli alunni le cui famiglie si
rifiutano di pagare il contributo». Nell´ambito dell´autonomia
scolastica, le scuole hanno la possibilità di richiedere alle famiglie
il pagamento di un contributo per l´arricchimento dell´offerta
formativa, ma «tali contributi - ribadisce l´associazione - sono da
considerarsi sempre e comunque "erogazioni liberali" cioè volontari».
Secondo il Censis, sono 53 su 100 le scuole che si rivolgono ai
genitori, per cifre variabili da 16 euro a 300 euro. Con questo
gruzzolo comprano di tutto: dalla cancelleria ai detersivi. Ma secondo
il ministero dell´Istruzione «le scuole non hanno ragioni e titolo per
chiedere contributi alle famiglie se non liberalità finalizzate
all´innovazione tecnologica, edilizia scolastica (di competenza degli
Enti Locali), miglioramento dell´offerta formativa» perché «nel 2011 le
risorse a loro disposizione sono state aumentate di 685 milioni di
euro». (di Salvo Intravaia da la Repubblica)
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