Apprendistato: gli obiettivi del nuovo Testo Unico
Data: Mercoledì, 01 giugno 2011 ore 10:35:00 CEST
Argomento: Rassegna stampa


Nonostante questo i risultati sono rimasti al di sotto delle aspettative. Il numero dei giovani apprendisti è cresciuto  in modo significativo  nel decennio 1998-2008 (fino a raggiungere  644.500 unità) poi la crescita  si è fermata
Eppure tutte le buone pratiche europee, Germania, Austria, Francia in  testa, dimostrano che, soprattutto in periodo di crisi, l’apprendistato è uno dei più efficaci strumenti di politica attiva del lavoro per i giovani. Per questo è positiva  la ripresa di attenzione sul tema segnalata dall’accordo siglato fra governo e parti sociali, tanto più  in quanto raggiunto unitariamente dalle maggiori confederazioni, e dalla proposta governativa di Testo Unico, ora all’esame delle stesse parti sociali.
C’è da augurarsi che tali iniziative servano effettivamente allo scopo dichiarato.                            
 Va condiviso l’intento di razionalizzazione della materia che  in questi anni è stata oggetto di frammentazioni normative  e di sovrapposizioni di competenza fra Stato, regioni e contrattazione collettiva, che hanno ostacolato la diffusione dell’istituto.
Alcuni contenuti della proposta di Testo unico vanno approfonditi e altri aggiustati tenendo conto delle osservazioni  che stanno provenendo dalle parti sociali e dai partiti.
Segnalo qualche aspetto di particolare rilievo. Anzitutto serve un effettivo intreccio fra  formazione e lavoro che costituisce la ragione d’essere dell’apprendistato e il motivo  delle agevolazioni contributive (e retributive) ad esso riconosciute.
Per questo è importante che la formazione sia congrua, nella sua quantità e qualità alle professionalità  che si vogliono promuovere e al tipo di apprendistato adottato. E’ utile che si combinino formazione interna ed esterna all’azienda, superando contrapposizioni rigide.
Ma per questo gli standard formativi devono essere rigorosamente definiti e certificati per entrambe le forme. L’offerta formativa delle regioni  è stata per lo più inadeguata e diseguale.
Quanto alla formazione aziendale andrebbero specificati i caratteri necessari perché l’azienda possa attuarla in modo efficace (i criteri sono presenti nelle guidelines europee).
Nell’apprendistato professionalizzante la formazione su tematiche trasversali e di base (40 ore per il 1° anno e 24 per il 2°) è probabilmente troppo ridotta, perché tale formazione di base è importante anche per gli specialisti al fine di affrontare le complessità dei sistemi produttivi moderni.
Per lo stesso motivo andrebbero riconsiderati i limiti temporali dell’apprendistato. Sei anni sono troppi per qualunque percorso formativo; si prestano a coprire  prolungamenti del contratto ingiustificati o giustificati solo dalla riduzione del costo del lavoro.
Affinchè l’intreccio studio-lavoro sia effettivo, è ragionevolmente necessaria una durata minima del contratto, anche qui al fine di evitare apprendistati fittizi.
L’apprendistato professionalizzante è decisivo per favorire una buona transizione fra scuola e lavoro, combinando esperienze teoriche e lavorative. L’apprendistato per la qualifica serve invece al recupero  di deficit formativi di base. Per questo richiede ancora più attente combinazioni fra formazione di base e specifiche.  Penso che sia sbagliato riportare a 15 anni l’età di avvio: tutti i paesi stanno alzando l’obbligo scolastico per rispondere alle esigenze del mondo produttivo e sociale.  Inoltre la nostra scuola non può abbassare le soglie di età perché non è in grado  al suo interno di recuperare la depressione scolastica: deve attrezzarsi a farlo aggiornando i suoi metodi e contenuti.

Il successo dell’apprendistato si misura, oltre che dai suoi contenuti, dalla sua capacità di favorire una effettiva inserzione dei giovani nel mondo del lavoro, oggi più che mai urgente.
Per questo servirebbe, come chiesto anche dal sindacato, una attenta previsione delle professionalità richieste  dal mercato del lavoro per le quali formare gli apprendisti e sarebbe opportuna una incentivazione per le imprese che assumono i giovani apprendisti : ad es. la conferma di contributi ridotti al 10 % invece che al 33% per un certo periodo (1 anno).
Infine il Testo Unico deve superare la confusione di competenze fra i vari interlocutori; Stato, regioni, parti sociali, che ha finora ostacolato la diffusione dell’apprendistato. Si tratta di raccordare gli standard professionali previsti dai contratti collettivi con i profili formativi, per i quali la competenza è delle regioni, come affermato dalla Corte Costituzionale  ancora di recente, (decisione 176 del 15 maggio 2010);  e quindi occorre armonizzare il sistema delle professionalità e degli standard su base nazionale. L’art. 6 punto 3 del Testo Unico affida il compito a un tavolo per il Repertorio delle professioni presso il Ministero del lavoro. Questo è uno snodo cruciale.
L’obiettivo non potrà essere raggiunto senza un accordo quadro fra tutti gli interlocutori che definisca regole e procedure condivise: quello che si attende da anni. (da http://www.professioni-imprese24.ilsole24ore.com)

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