La mina di Brunetta sulle scuole. Il fondo di istituto non sarà più materia di contrattazione
Data: Martedì, 31 maggio 2011 ore 09:17:42 CEST Argomento: Rassegna stampa
La guerra nelle
scuole tra presidi e sindacalisti sta per riesplodere. A riaccendere la
miccia, il decreto del ministro Brunetta che interpreta e rafforza la
sua riforma, sottraendola alle spallate di sindacati e magistrati. A
partire, per esempio, dall'utilizzo delle risorse del fondo di
istituto: non sarà più materia di contrattazione ma di semplice
informativa da parte del preside ai sindacalisti.Il decreto in
questione, interpretativo del dlgs n. 150/2009, è approdato nei giorni
scorsi al senato, per il prescritto parere delle commissioni
parlamentari competenti.
I sindacati, in testa Cisl e Uil, contavano di averlo stoppato con
l'intesa di Palazzo Chigi del 4 febbraio scorso. Intesa che demandava
l'applicazione della riforma Brunetta a un successivo passaggio presso
l'Aran. Ma quel tavolo non si è mai aperto. E il ministro della
funzione pubblica, Renato Brunetta, intanto è andato avanti per la sua
strada, trasmettendo il decreto (As n. 364) al parlamento. Entro 60
giorni, anche senza che le commissioni si siano espresse, il decreto
potrà tornare a Palazzo Chigi per la firma definitiva. A sottolineare
la tensione che si registra nel settore, una lettera inviata dai
segretari di Cisl e Uil, rispettivamente Raffaele Bonanni e Luigi
Angeletti, al presidente del senato, Renato Schifani, che evidenzia un
«errore» del decreto. Nella relazione dell'analisi di impatto che
accompagna il provvedimento, si scrive che «sono stati consultati il
dipartimento della Funzione pubblica, l'Aran e le organizzazioni
sindacali maggiormente rappresentative». E i segretari di Cisl e Uil
hanno preso carta e penna per smentire: «Non è mai avvenuto alcun
incontro... per la discussione/analisi del testo di cui si è avuta
contezza solo in momento successivo all'avvenuto invio a Lei da parte
del Consiglio dei ministri». I due sindacati chiedono alla fine di
essere auditi in commissione, perché possano dire la loro sul merito
del provvedimento. Ma al di là dell'audizione, c'è quell'intesa del 4
febbraio, firmata alla presenza del sottosegretario alla presidenza del
consiglio dei ministri, Gianni Letta, che doveva addolcire la riforma
Brunetta e che ora, con il decreto correttivo che procede a vele
spiegate, rischia di essere carta straccia. Ma che cosa prevede il
decreto?
Si precisa in primo luogo che «l'adeguamento dei contratti collettivi
integrativi è necessario solo per i contratti vigenti alla data di
entrata in vigore del citato decreto legislativo, mentre ai contratti
sottoscritti successivamente si applicano immediatamente le
disposizioni introdotte dal medesimo decreto». Una precisazione che
annulla l'intento dell'intesa del 4 febbraio di rimandare il tutto a
dopo il rinnovo dei contratti nazionali, previsto per il 2013. C'è poi
l'interpretazione autentica del comma 5 dell'articolo 65 del decreto
150, che recita: «Le disposizioni relative alla contrattazione
collettiva nazionale di cui al presente decreto legislativo si
applicano dalla tornata successiva a quella in corso». Tale rinvio
riguarda il procedimento negoziale di approvazione dei contratti
collettivi e non le materie che ad oggi sono oggetto di contrattazione
integrativa e che il decreto trasferisce in capo ai dirigenti. In
questo ambito rientra l'assegnazione dei docenti ai plessi distaccati
piuttosto che l'utilizzo del personale per le attività pagate con il
fondo di istituto. Materie su cui il preside, con l'entrata in vigore
del decreto correttivo, sarà tenuto alla semplice informativa e non più
alla trattativa. Il tutto probabilmente a partire dal prossimo
settembre. Sempre che non ci siano nuovi colpi di scena. (da
ItaliaOggi di Alessandra Ricciardi)
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