Esami idoneità di privatisti…. altro che prova Invalsi
Data: Lunedì, 30 maggio 2011 ore 12:23:08 CEST Argomento: Rassegna stampa
In alcuni Istituti
superiori di Torino, sono terminati da poco gli esami di idoneità, alla
quale ho preso parte, destinati
a studenti privatisti, alcuni dei quali recuperavano due o tre anni, frequentanti
pseudo-scuole private non parificate, chiedendo l’ammissione all’esame
di Stato. Questi pseudo-studenti, - pochissimi avanti negli
anni, con famiglia e lavoratori, - si sono presentati agli esami con un
programma di tutto rispetto, ma solo sulla carta. Appena iniziate le
interrogazioni si è avuta la sensazione di aver scoperto il
vaso di
Pandora.
Dalle dichiarazione della maggior parte dei candidati è emersa la
vergognosa truffa protratta ai danni di persone che sborsano cifre
astronomiche, per il tipo di servizio ricevuto e che vanno ad
ingrassare le tasche di istituti ai quali non importa nulla di
trasmettere conoscenza, anche minima, ma interessa solo fare soldi e
garantire il pezzo di carta.
Hanno dichiarato che il programma era stato svolto in piccola parte
perché non c’era stato il tempo di svilupparlo, visto che alcune
lezioni serali, - ad esempio di storia ed italiano, - si
svolgevano con studenti di terze, quarte e quinte contemporaneamente.
La promessa fattagli è che avrebbero terminato il programma in vista
dell’esame di maturità.
Mi sono domandata, insieme ad alcuni colleghi, come fosse possibile
svolgere tre quarti del programma in quattro settimane di TUTTE le
materie. Inoltre su quei piani di lavoro, che sono una dichiarazione,
in questo caso la si può definire tranquillamente mendace, erano
apposte due firme, la prima quella del candidato, la seconda
(illeggibile) del professore che aveva tenuto il corso. Alla domanda
perché avessero firmato un documento che attestasse il falso, la
risposta è stata semplicemente che non avrebbero potuto presentarsi ai
nostri esami. Non solo obbligare a dichiarare un servizio fasullo ma
anche obbligare, con forme di ricatto subliminale, a firmare
un’attività svolta parzialmente, pena la perdita della possibilità di
prendere un diploma e della non indifferente somma di denaro
versata.
Un altro fenomeno emerso in questo anno, rispetto quelli
precedenti, è l’incremento di partecipazione a questi esami di
giovani – 18/19 anni- non lavoratori, potenziali studenti che
potrebbero frequentare tranquillamente la scuola pubblica, mantenuti
dai genitori, che chiedevano l’idoneità alla quinta classe. Questo
fatto ci ha fatto riflettere sul fenomeno molto italiano del prendere
sempre una scorciatoia, costi quel che costi. Famiglie che invece di
mandare i figli a scuola tutte le mattine a studiare seriamente, li
assecondano in questa farsa, inculcando nella loro psiche in
formazione, un metodo screditato di farsi strada nella vita. In fondo
queste scuole permettono, qualunque sia il grado di preparazione
(scarsissima), di presentarsi innanzi ad una commissione esaminatrice,
che non li avrebbe fatti proseguire, se avessero frequentato
normalmente la classe corrispondente.
Davanti a questa vergognosa pantomima ho pensato alla prova Invalsi, -
Istituto nazionale per la valutazione del sistema educativo di
istruzione e di formazione - svoltasi nelle classi seconde delle scuole
di secondo grado, per vedere la qualità dell’istruzione,
domandandomi perché noi professori di scuole pubbliche, “fannulloni e
puzzolenti” come ci ha definito in nostro presidente del consiglio,
dobbiamo farci prendere in giro in questo modo. Mi spieghino dove sta
la qualità dell’istruzione in queste Grandi Scuole e se c’è qualcuno
che li controlla.
Questo fa riflettere sul malcostume del nostro paese di trovare sempre
il percorso più rapido e passare avanti indebitamente a qualcuno,
insomma farlo fesso. Viviamo in una società che corre, si affanna a
prendere titoli che non gli spetterebbero; persone che una volta
entrate nel circuito lavorativo, diventano arroganti, saccenti di un
Sapere che non gli appartiene e basano le loro attività
sull’improvvisazione. Queste persone sono le prime che sventolano quel
pezzo di carta che servirebbe solo ad un uso igienico. E’ in questi
momenti che penso il personaggio del bravissimo Antonio Albanese ,
Cetto Laqualunque, che pur nella amara risata, sottolinea la triste
realtà italiana.
(di Elena Vigiano da
http://www.politicamentecorretto.com)
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