Il futuro è nella sfida della valutazione
Data: Giovedì, 26 maggio 2011 ore 08:07:27 CEST
Argomento: Rassegna stampa


La valutazione è il grande tema con cui la scuola italiana si sta confrontando tra molte resistenze, una buona dose di interesse e la consapevolezza ormai acquisita da molti addetti ai lavori che la strada sia imboccata e indietro non sia ragionevole tornare. E «La sfida della valutazione» è il titolo del convegno internazionale che la Fondazione per la Scuola della Compagnia di San Paolo ha organizzato a dieci anni dalla prima indagine Ocse Pisa 2000, in corso da ieri a Torino Incontra. «L’obiettivo è fare il punto sulle priorità e gli interventi in tema di valutazione e sull’uso che se ne può fare per migliorare il nostro sistema formativo», ha spiegato Anna Maria Poggi, presidente della Fondazione per la Scuola che con il convegno celebra i dieci anni di attività. (di Maria Teresa Martinengo da lastampa.it)
Già nella prima giornata numerosi sono stati gli stimoli per i dirigenti scolastici, i ricercatori e i docenti arrivati a Torino da tutta Italia. Come l’analisi dei risultati ottenuti da alcuni paesi dell’Ocse Pisa, presentata da Andreas Schleicher della Direzione per l’Istruzione Ocse. Tra gli altri, Schleicher ha concentrato l’attenzione sulla Corea, la Finlandia, la città di Shangai, la Polonia (dove in 10 anni è quintuplicato il numero degli iscritti all’Università), realtà dove i governi hanno introdotto riforme di sistema ed investimenti che in pochi anni hanno prodotto risultati importanti in termini di successo scolastico. L’Italia? «Negli ultimi anni ha migliorato i suoi risultati in Pisa. Ma ragionando sulle condizioni economiche generali è abbondantemente al di sotto delle sue potenzialità», ha detto l’esperto tedesco. In effetti, le situazioni in cui si è verificato un netto miglioramento sono quelle «in cui le politiche sono state mirate ad investire in qualità, pagando meglio i migliori insegnanti e convincendoli ad andare nelle peggiori scuole. Gli insegnanti accettano le sfide più difficili se sanno di essere sostenuti da politiche serie».

Attenzione, però, ha messo in guardia il super-esperto: «Non è solo questione di spendere per far sì che i giovani raggiungano il successo scolastico e, di conseguenza, lavorativo, ma di come si spende». La Corea, per esempio, ha puntato sulla formazione continua dei docenti, non sulle classi piccole. «In Lussemburgo, che come l’Italia ama le classi piccole, l’istruzione è molto costosa, gli insegnanti non sono pagati bene e il sistema non è di qualità». Una riforma che ha cancellato le piccole scuole e ha dato forza alla qualità della formazione è avvenuta in Portogallo.

Indispensabile in questo quadro guardare, dunque, come ha fatto Eric Hanuschek, docente della Stanford University, al «costo dell’ignoranza, al rapporto chiarissimo rilevato tra i tassi di crescita dei paesi Ocse e i risultati delle rilevazioni Pisa». Norberto Bottani, già direttore dello SRED di Ginevra, ha analizzato le circostanze della valutazione, le ragioni delle resistenze, sottolineando anche come «spesso la valutazione sia utile a chi detiene il potere». Bottani ha poi ricordato che un sistema efficiente di valutazione «costa e non si improvvisa. Non è concepibile incaricare insegnanti di svolgere questi compiti».

I lavori, presieduti da Luisa Ribolzi, riprendono stamane alle 9,30 con le relazioni di Mimma Siniscalco, Piero Cipollone, Luciano Abburrà, Melania Rudin. Alle 14,30 - presiede Lorenzo Caselli - interventi di Daniele Checchi, Olaf Koeller, Lucrezia Stellacci. Conclusioni di Anna Maria Poggi.



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