Pubblico impiego vs settore privato: è guerra tra ''precari di serie A e B''
Data: Martedì, 24 maggio 2011 ore 18:30:00 CEST
Argomento: Sondaggi


Gli psicologi, i laureati in lettere e scienze della comunicazione nei call center. Tra gli ingegneri, gli architetti e gli avvocati, i più fortunati hanno trovato un lavoro vero, per tutti gli altri ‘l’habitat lavorativo’ standard è qualche studio in cui vivere un ‘praticantato’ senza fine, nella speranza di una conferma che chissà poi se arriva; il tutto per meno di 500 euro al mese.                
E poi tutti gli altri, anche quelli, e sono tanti, che non hanno nemmeno un titolo di studio da far valere, e diventano manovalanza schiacciata da forme di sfruttamento del lavoro che nemmeno si riesce ad immaginare: “Ti prendo come commessa, 20 ore a settimana e ti do 250 euro al mese, e ritieniti fortunata perché alle tue colleghe do di meno”.
E’ il mondo dei precari del comparto privato, ‘precari di serie B’ visto che quasi nessuno ne parla. Ne parlano poco i sindacati i primi che ‘dovrebbero’ avere a cuore le loro lotte; assenti come tema del dibattito politico, non ricevono nemmeno troppa attenzione anche da quei partiti che si definiscono di sinistra e che trovano invece molto più di avvincenti le battaglie per i diritti civili (coppie di fatto, nucleare, etc) rispetto a quelle per il lavoro. Queste ultime non sono più di moda, o forse non gli portano più voti perciò, chi se ne frega!
I precari del privato non finiscono nemmeno sui giornali, nei talk show e nelle trasmissioni di approfondimento. Lì al massimo trovi i precari della scuola e quelli della ricerca, storie drammatiche e senza fine, ma di cui almeno si parla. Dei precari del privato no, non ci sono santi a difenderli. Forse sono meno strategici? Perché nessuno ne parla?
Invisibili, lavorano ogni giorno e combattono le loro piccole battaglie che però non finiscono nei titoli di lancio dei TG. Affollano un esercito ben più imponente rispetto ai precari del pubblico impiego e, se possibile, anche con meno diritti. I doveri in compenso ci sono tutti, primi fra tutti quelli di lamentarsi poco e di pagare le tasse con cui si sostengono gli stipendi di chi di diritti ne ha troppi e le pensioni di chi ha smesso di lavorare a 50 anni.
E’ una generazione di giovani, e meno giovani. senza un megafono mediatico che amplifichi il loro disagio. Precari di serie B, sono una generazione di ‘sogni a progetto’ che nonostante il colpevole silenzio che li circonda, non ha smesso di sperare… Il problema però, come diceva il compianto Gianfranco Funari, è che ‘ai giovani non va data la speranza, vanno date le possibilità’.    (di Vito D'Eri da Affari italiani)

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