Test Invalsi, si allarga il fronte dei no
Data: Venerdì, 13 maggio 2011 ore 08:15:09 CEST Argomento: Rassegna stampa
Parte
dei sindacati, studenti, docenti e genitori rifiutano le verifiche. Per
i Cobas il 20% dei prof è contrario. Uds: in un liceo artistico di Roma
le prove lasciate in bianco e la preside sospende decine di studenti.
Il Miur minimizza. Lo sciopero Unicobas del 13 potrebbe creare
tensioni: rifiutata la richiesta della questura di non manifestare su
viale Trastevere.
Sindacati di base, associazioni degli studenti, insegnanti ed
anche genitori: si allarga, giorno dopo giorno, il fronte dei no ai
test Invalsi, che nelle intenzioni del Miur dovrebbero avvicinare la
scuola italiana a quella internazionale, iniziati il 10 maggio con la
novità delle seconde classi delle scuole superiori, ripresi il 12, con
le prime classi delle medie, e che si chiuderanno venerdì 13 maggio con
le seconde e quinte della primaria.
Per i Cobas, che hanno boicottato in tutti i modi le prove
standardizzate, almeno il 20% degli insegnanti non avrebbe collaborato
allo svolgimento dei test. “A tanti docenti – hanno spiegato i Cobas -
è stato impedito fisicamente di entrare nelle proprie classi (come alla
nostra responsabile di Trieste, Daniela Antoni, il cui preside si è
piazzato sulla porta impedendole l’accesso e provocandole un collasso);
altri sono stati incredibilmente sostituiti da bidelli ed addetti di
segreteria come in alcune scuole di Torino”. Su internet sono apparsi,
inoltre, diversi interventi di genitori indignati per il metodo
unilaterale, privo di riscontri collegiali scolastici, con cui sono
state imposte le verifiche: per i figli niente prove.
Per il Miur si tratta, però, di casi marginali e di dati privi di
riscontro; tanto che nel primo giorno di somministrazione dei test,
alle superiori, "su un campione di 2.300 classi – ha comunicato il
Ministero di viale Trastevere - solo 3 non hanno svolto il test
Invalsi" e "quindi la percentuale di classi che non hanno eseguito il
test è pari allo 0,13%".
I malumori però ci sono, eccome. "Le prove Invalsi – ha detto Jacopo
Lanza, tra i responsabili nazionali dell’Unione degli studenti- sono
motivate da un preciso progetto politico che mira ad indebolire la
libertà di insegnamento. Il primo effetto disastroso di questo test è
già visibile: la corsa al ‘premio’ fra scuole ha scatenato reazioni
antidemocratiche, repressive e talvolta letteralmente illegali dei
dirigenti scolastici".
Secondo Lanza, inoltre, "i collegi docenti non sempre hanno avuto la
possibilità di esprimersi e gli studenti sono stati schiacciati
dall'opacità di norme non chiare (il ministero non ha la facoltà di
imporre direttamente il test)", per colpa di "dirigenti che spesso
dimenticano che il rispetto per l'altro è un dovere che nella scuola si
basa sulla reciprocità e non sull'autorità".
Il rappresentante Uds si sofferma su quanto sarebbe accaduto nel Liceo
artistico – istituto d'Arte Roma 2 di Roma, una delle città dove c’è
più fermento per la somministrazione delle prove, dove "più di quaranta
studenti hanno lasciato il test Invalsi in bianco. La protesta – ha
detto Lanza - è stata spontanea ed è partita nel momento in cui gli
alunni si sono accorti che il quiz non era anonimo, come era stato loro
detto, ma veniva ricondotto a un identificativo; inoltre venivano
richieste informazioni personali sulle quali i ragazzi, tutti
minorenni, non si sarebbero potuti esprimere trattandosi di dati
coperti da privacy".
Il rappresentante Uds ha quindi riferito che la Preside della scuola
superiore romana si sarebbe anche "rifiutata più volte nella giornata
di ascoltare le domande di chiarimento e confronto dei ragazzi e ha
sospeso decine di studenti da un giorno all'altro per tre giorni.
Quanto accaduto – commenta Lanza - è di una gravità sconcertante in
quanto viola l'art. 4 comma 6 della legge 249/1998, poiché la sanzione
disciplinare sarebbe dovuta partire dal Consiglio di Classe e non dalla
presidenza".
Intanto la vigilia della manifestazione dello sciopero per l’intera
giornata dell’Unicobas del 13 maggio è stata contrassegnata dalle
polemiche: la questura romana ha comunicato al sindacato che per
evitare ripercussioni al traffico cittadino la mobilitazione del
personale scolastico si dovrà svolgere non su viale Trastevere, come
richiesto dal sindacato da febbraio, ma in largo Bernardino da Feltre,
sul lato opposto della strada. Per Stefano d'Errico, segretario
nazionale Unicobas, si tratta di "un sito ben poco visibile" e si
trascura che da decenni gli organizzatori delle manifestazioni
stipulano con le forze dell'ordine un "impegno scritto a rimanere su
scalini e marciapiedi, non ostacolando il traffico".
Secondo il sindacalista sarà proprio la scelta di spostare la
manifestazione a mettere "a rischio l'ordine pubblico, dal momento che
non è concepibile che a fronte di una richiesta prodotta il 22
febbraio" si ponga "il divieto solo il giorno prima della
manifestazione, mettendo a rischio l'incolumità dei tanti cittadini e
lavoratori che manifesteranno rispondendo ad una chiamata di piazza
affissa da giorni nelle strade di Roma con appuntamento sotto il
ministero". Il leader dell'Unicobas annuncia, quindi, che i
manifestanti "costi quel che costi, manifesteranno ugualmente sotto il
Miur". (di Alessandro Giuliani da Tecnica
della Scuola)
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