Scuola e Integrazione
Data: Venerdì, 13 maggio 2011 ore 05:00:00 CEST
Argomento: Redazione


scuola e integrazioneLa scuola è ancora uno dei pochi luoghi in Italia dove si riesce a coniugare correttamente il verbo integrare con naturalezza e intelligenza. Uno spazio “unico” dove stanno insieme ragazzi di diverse nazionalità e culture, dove convivono serenamente etnie e religioni diverse. E non per “regole imposte” e calate dall’alto, o per mera organizzazione, ma perché nella scuola abita, semplicemente, la gioventù, lo stupore e l’innocenza dei giovani, la loro forza e la determinazione, la loro spinta rivoluzionaria e la delicatezza. Perché i giovani vivono la diversità come ricchezza, come occasione di crescita e di arricchimento reciproco, e non come un problema “imposto dalla storia” o come “tsunami umano”. Nella mia classe, ad esempio, vedo con emozione una spigliata ragazza d’origine marocchina che fa la corte ad un ragazzotto timido lombardo, un ragazzo albanese, tra i più bravi della classe ed una ragazza indiana, attenta ed educata, e non esistono diversità di colori e di bandiere e del verde “leghista”…nemmeno l’ombra! D’altronde, anche in sala docenti, si vede un insegnante siciliano che racconta dei sentieri etnei della Valle del Bove al collega montanaro bresciano, innamorato delle sue Alpi  Retiche e della Val Camonica.
Per questo, alla recente storia di Jamila, la ragazza d’origine pakistana, saltata agli onori della cronaca locale bresciana, qualche giorno fa, e diventata ormai un caso nazionale, perché costretta dai suoi familiari a restare a casa perché “troppo bella”, preferisco raccontare, invece, le storie, semplici e normali, di Hanu, di Riger, di Joan, dei ragazzi della mia classe, altrettanto belli ed educati, che studiano e sognano “in italiano”.
Ma è la dimensione dell’emigrazione che deve essere riconsiderata, della condizione del migrante per lavoro, per una vita migliore, per un futuro diverso. Bisogna ridisegnare i termini dell’integrazione e della solidarietà, rimodulare le leggi e la morale, ridefinire i confini etici della nostra società. E l’Europa e le organizzazioni internazionali non possono solo vietare, imporre sanzioni ed embarghi, o peggio, sganciare bombe ed esportare odio in cambio di “democrazia”. Occorre un vero salto di civiltà, un diverso ordine internazionale, una nuova stagione di cooperazione e di sviluppo internazionale.
Per questo occorre, più politica, più cultura, più istruzione. Altro che tagli!
"Come si può capire chi è il migrante se non si è mai saliti su di un treno di notte, attraversando, stazioni dopo stazioni, la città della speranza? – Mi ricorda il mio caro collega, Antonio Ferrieri – Il viaggio fisico evoca, inequivocabilmente, un viaggio interiore in cui la storia si in-scrive nel suo divenire. Realismo sfacciato, esposizione orizzontale ai sfregi, senza ripari, senza rinunce. La geografia della miseria è un’onda minacciosa che corre veloce ai piedi scalzi dei popoli che la fuggono. Eppure, anche noi un giorno fuggimmo, ma la memoria storica è una legna che va sempre arsa. Ma è inutile parlare di ciò che fummo, l’estensione del nostro sguardo ha una proiezione frontale, fa luce solo sul davanti. – Prosegue Ferrieri – Non esistono culture inferiori o superiori rispetto ad altre. Non esistono culture d’avanguardia e culture terzomondiste. La natura ci ha voluti diversi, non per punirci, ma per valorizzare, nell’incontro, la specificità di ognuno".
"Migrare – ci ricorda Armando Gnisci, nel suo libro, “Creolizzare l’Europa” – è il gesto trascendente dell’esaltazione di sé, contro la zavorra discendente della disperazione. Il migrante, per questo, ha diritto al rispetto più alto. Il migrante si procura e si rimette in gioco un nuovo destino, facendo così in modo da non diventare un dannato della sua terra. Ecco perché migrare è l’atto estremo della dignità e del coraggio. Egli si sta giocando, in ogni attimo, la vita, davanti ai nostri occhi, di noi che non ci giochiamo niente se non qualche imprevisto, in un viaggio turistico".
Negli anni settanta, Antonello Venditti, cantava, “a mezzogiorno, finita la scuola, Nietzsche e Marx si davano la mano”, adesso, invece, siamo noi che parliamo di letteratura con gli arabi e compriamo la pizza dagli indiani, mentre, Odino va a spasso con Zeus e il dio Thor fa l’amore con Venere, nel mondo incantato di Asgard. E nelle nostre aule scolastiche, il cinese e il rumeno parlano bresciano e studiano i verbi irregolari e la storia d’Italia.
Così va il mondo, anche quassù, nella bassa padana ed è questa la più bella lezione di vita che Hanu, Riger e Joan, mi danno ogni mattina.

Angelo Battiato (inviato speciale a Brescia)
angelo.battiato@istruzione.it





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