Il direttore Invalsi ''Prove come all'estero, sbagliato parlare di quiz''
Data: Giovedì, 12 maggio 2011 ore 07:33:50 CEST Argomento: Rassegna stampa
Sulla Stampa di
ieri l’intervento di Luca Ricolfi («Troppi test banalizzano la scuola»)
a commento delle «prove» Invalsi. Ricolfi ha sottolineato quattro
«criticità»: come i risultati dei test «premieranno» le scuole; la
questione dei controlli sulle correzioni svolte dagli insegnanti; la
troppa importanza di elementi come la velocità mentale nella risposta
ai test piuttosto che quello della capacità di ragionamento; la
«concentrazione» di insegnanti e studenti nei test. Ecco il contributo
al dibattito del direttore dell’Invalsi, del presidente della
Fondazione Agnelli e una replica dello stesso
Ricolfi.
Caro Direttore,
ieri si è svolta in tutta Italia la prova Invalsi per gli studenti
delle classi seconde delle scuole secondarie superiori.
La costruzione di un sistema nazionale di valutazione è un’ esigenza
sentita fin dall’inizio degli anni Novanta, sia per allineare l'Italia
alle esperienze internazionali più avanzate che per costruire un
contesto di trasparenza e responsabilità nel quale si potesse
efficacemente realizzare l’autonomia delle istituzioni scolastiche.
La metodologia che l’Invalsi ha messo a punto per le rilevazioni è
perfettamente coerente con le procedure che vengono utilizzate nelle
più note e accreditate indagini internazionali.
Le prove che vengono somministrate in questi giorni agli studenti sono
il risultato di un rigoroso processo che vede innanzitutto coinvolti
insegnanti ed esperti disciplinari. Le domande elaborate da loro
vengono vagliate da gruppi di esperti disciplinari di livello nazionale
e internazionale; quelle che superano la prima scrematura vengono
utilizzate per effettuare dei pre-test (all’incirca 5.000-6.000
studenti per ogni prova) e infine sottoposte ad un’ ulteriore analisi
qualitativa e ad analisi statistico-psicometriche.
Non è quindi corretto parlare, con evidenti intenti svalutativi, di
quiz. E’ invece giusto parlare di prove oggettive standardizzate, che
non sono una mera logica richiesta di nozioni allo studente, ma
piuttosto propongono contesti e situazioni che stimolano l’alunno a
mettere in moto processi cognitivi e ad utilizzare ciò che ha imparato
per risolvere il problema.
I risultati poi elaborati dall’Invalsi hanno un duplice scopo. Offrire
ai decisori istituzionali dati attendibili e indicazioni utili per le
scelte di governo del sistema di istruzione e formazione e fornire alle
scuole un utile e affidabile strumento di conoscenza per riflettere
sugli esiti dell’attività di insegnamento/apprendimento.
I dati relativi al singolo studente non sono infatti noti all’Invalsi,
come si può facilmente leggere nell’informativa sulla privacy
pubblicata nel sito dell’Istituto. Infine, per prevenire il fenomeno
del cosiddetto «teaching to the test», i contenuti e le modalità di
formulazione dei quesiti variano da un anno all’altro.
Le prove Invalsi non sostituiscono ovviamente la valutazione di
competenza dei docenti che, come del resto previsto dal vigente
contratto collettivo nazionale di lavoro, è un aspetto costitutivo del
loro profilo professionale. Semplicemente, per un paio di volte, nel
corso dei cinque anni della scuola primaria e della scuola superiore e
dei tre anni della scuola secondaria di primo grado, vengono utilizzati
strumenti di verifica standardizzati.
Per la somministrazione e la correzione delle prove è stata chiesta la
collaborazione degli insegnanti, premesso che nelle classi campione le
operazioni sono assistite da esterni incaricati di garantire la
correttezza del processo. La collaborazione richiesta ha diverse
motivazioni. La correzione da parte delle scuole consente, infatti, di
utilizzare domande a risposta aperta, ampliando la gamma delle
conoscenze indagabili rispetto a quanto sarebbe possibile con domande a
risposta chiusa.
In sostanza, la costruzione e il consolidamento di un sistema di
valutazione e di supporto alle istituzioni scolastiche ha come scopo
l’innalzamento dei livelli di istruzione e quindi della qualità della
vita di tutti. Non ha, come si è spesso sentito dire, intenti punitivi
nei confronti del personale della scuola. (da LASTAMPA.it
di Dino Cristanini )
redazione@aetnanet.org
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