La Scuola e l’ordinamento scolastico in Italia (parte II)
Data: Lunedì, 09 maggio 2011 ore 09:00:00 CEST Argomento: Redazione
L’istruzione
pubblica durante il Regno delle due Sicilie (1815 – 1860)
Dopo il Congresso di Vienna (1815) e la restaurazione del Regno delle
due Sicilie, ritorna sul trono di Napoli, Ferdinando di Borbone, che
riordina l’istruzione pubblica del regno, dotandola di un nuovo assetto
destinato a rimanere sostanzialmente immutato sino alla caduta della
dinastia borbonica. Per mantenere quel minimo di scolarizzazione
raggiunto nel breve periodo napoleonico e per abbattere i costi
dell’istruzione, nel 1817, il governo borbonico introduce il metodo del
“mutuo insegnamento”, cioè, di un antico sistema didattico,
sperimentato sin dal medioevo ed applicato su larga scala nelle scuole
primarie per i poveri, tra la fine del XVIII e l’inizio del XIX. Tale
metodo consiste nella possibilità, per il docente, di impartire le
lezioni, non in modo simultaneo a tutti i discenti, ma inizialmente,
solo ad un gruppo ben individuato di studenti, tra i più capaci e
meritevoli, che a loro volta, comunicano agli altri allievi, suddivisi
in classi o squadre, quanto hanno già appreso. Ed i primi risultati
(almeno in teoria) furono confortanti, visto che, nel 1820, in tutto il
regno, funzionavano 2.642 scuole maschili con 54.226 alunni e 839
scuole femminili, con 21.386 allieve.
Ben diverso è il discorso se andiamo a vedere il funzionamento di tali
scuole, che il più delle volte non avevano locali propri, le lezioni si
svolgevano nella casa del maestro (tra il via vai dei familiari),
mancava ogni supporto didattico e spesso non vi erano neanche i banchi,
le sedie e le più semplici suppellettili scolastiche.
Durante i moti rivoluzionari del 1820 e del 1848, nei pochi mesi in cui
il regno viene governato dai liberali, la scuola diventa una delle
questioni centrali del loro programma con l’obiettivo di renderla
aperta e moderna, ma il fallimento delle rivolte e il ritorno al potere
dei Borbone, scatenano la più sorda avversione verso ogni apertura a
nuove forme di scuola e di cultura, infatti, viene reintrodotta la
censura, istituito, nel 1821, l’Indice dei libri proibiti, vengono
soppresse tutte le scuole di mutuo insegnamento e nel 1843 Ferdinando
II firma un decreto con cui lo Stato rinuncia completamente
all’istruzione per affidarla alle curie, che, in armonia con gli
insegnamenti ecclesiastici, riducono l’istruzione pubblica ad una mera
funzione di indottrinamento.
Con simili provvedimenti, il decadimento culturale e l’ignoranza delle
masse siciliane diventano talmente evidenti che Lord Collingwood
(1748-1810), Ammiraglio e Comandante in Capo della flotta inglese nel
Mediterraneo, dubitò che nell’intero regno vi fossero più di “1500
persone in grado di saper leggere e scrivere”.
Gli Istituti destinati alla pubblica istruzione erano le Regie
Università, i Reali Licei, i Collegi, i Seminari, le Scuole secondarie
(in taluni Comuni principali), le scuole primarie con il metodo
“Lancasteriano” nei Comuni con oltre 4000 abitanti, le scuole primarie
con il metodo normale in tutti gli altri Comuni e le Scuole private.
Il Presidente della Regia Università di Napoli sovrintendeva alla
pubblica istruzione nei “domini di qua del Faro”, cioè, la parte
continentale del regno, mentre, nei “territori al di là del Faro”, in
Sicilia, l’analogo compito era assunto da una "Commissione di Pubblica
Istruzione" che sostituiva la vecchia “Deputazione degli Studi” e che
aveva “la cura, la sorveglianza e l’economia amministrativa di tutte le
scuole dell’isola”.
Il Presidente della Regia Università di Napoli con sei professori,
scelti dal Re, componevano una "Giunta" cui era demandato l'esame di
quanto concerneva la pubblica istruzione in generale e i mezzi per
migliorarla; lo stesso Presidente aveva sotto la sua diretta
sorveglianza tutti gli “stabilimenti di pubblica istruzione” esistenti
nella provincia di Napoli, mentre, in tutte le altre province, questo
compito era affidato ad una Commissione, residente nella città
capoluogo e composta da tre "probi soggetti" scelti, sempre, dal
sovrano.
Le Università del Regno, in un primo momento, furono tre: Napoli,
Palermo e Catania; invece, Messina era sede della Reale Accademia
Carolina e dell'Accademia Peloritana di Scienze; successivamente, col
Real Decreto del 29 luglio 1838, la Reale Accademia Carolina venne
elevata al rango di Università.
Ogni Regia Università, con a capo un Rettore, aveva sei facoltà (Belle
Lettere, Giurisprudenza, Medicina, Matematica e Fisica, Filosofia e
Teologia) e alcuni "stabilimenti dipendenti" (biblioteche, musei,
gabinetti, cliniche, etc.).
Con il Real Decreto del 14 gennaio 1817, nei territori “di qua del
faro” vennero istituiti 5 “Reali Licei” a Napoli, Catanzaro, L’Aquila,
Bari e Salerno, che resteranno invariati per i prossimi 30 anni; in
ciascuna delle altre province, invece, vennero istituiti dodici “Reali
Collegi”. In Sicilia, invece, tra il 1815 ed il 1848 vengono istituite
3 scuole superiori: la Scuola Militare di Monreale (1823), l’Istituto
Nautico di Trapani (1831) e il Regio Liceo di Trapani (1833), che solo
dopo 5 anni verrà dotato di una biblioteca. Nell’isola, inoltre,
c’erano le Accademie Maggiori di Messina, Siracusa e Trapani; le
Accademie Minori di Acireale, Caltagirone, Nicosia e Piazza; i Collegi
di Augusta, Bivona, Castrogiovanni (Enna), Corleone, Licata, Mazzara,
Mazzarino, Mineo, Monreale, Monte S. Giuliano (Erice), Naro, Polizzi,
Regalbuto, Rometta, Sciacca, Scicli, Termini e Vizzini.
Esistevano, inoltre, ubicati nella capitale, alcuni istituti di
carattere particolare, come la "Scuola dei sordomuti", la Scuola di
Bell e Lancaster" e lo "Stabilimento Veterinario", ed altre istituzioni
culturali pubbliche, concentrate, soprattutto, a Napoli e a Palermo e
che contribuivano alla formazione ed all’educazione dei giovani: le
Accademie, i Reali Istituti di Incoraggiamento con le connesse Società
economiche, le Biblioteche, i Reali Educandati, i Conservatori di
Musica.
Ogni Liceo e Collegio, con annesso un Convitto, aveva un rettore e un
vicerettore; l'amministrazione dei beni e delle rendite era affidata a
una Commissione composta dall'Intendente della Provincia che la
presiedeva, dal rettore e da due proprietari, col nome di
amministratori; nel Liceo di Napoli la Commissione era presieduta,
invece, dal rettore, quando non vi interveniva il Presidente della
Giunta di Pubblica Istruzione.
I licei conferivano i “gradi” di “approvazione e licenza” nella
letteratura, giurisprudenza, medicina, matematica e fisica, filosofia,
a seconda del particolare "ramo di istruzione"; la “licenza” in
teologia era conferita nei seminari, mentre la laurea nelle Università.
(... continua)
Angelo
Battiato (inviato speciale a Brescia)
angelo.battiato@istruzione.it
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