Aspettare tre anni per la bonifica del tetto della scuola media: una pericolosa follia!
Data: Domenica, 08 maggio 2011 ore 18:22:00 CEST
Argomento: Rassegna stampa


Noi come Unicobas Scuola abbiamo denunciato, più volte, questo grave problema, sui quotidiani locali e nazionali. Una scuola media di San Colombano al Lambro al confine tra la Provincia di Lodi e Milano ha il tetto pieno di amianto! Leggiamo con stupore che ci si nasconde dietro ad un dito, la colpa è della Regione che non concede i fondi, è colpa del comune che non ha provveduto a trovare una soluzione... ma il tetto è sempre lì come gli alunni e il personale scolastico che ogni mattina entra nella struttura. Insomma le risposte sono sempre le stesse: “Se il materiale è in buone condizioni, è molto improbabile che rappresenti un rischio per la salute e pertanto è inopportuna la bonifica. Al contrario, quando le superfici di eternit dei capannoni divengono friabili al tatto e iniziano a sfaldarsi, a causa dell’azione di agenti esterni come la pioggia o gli urti, è necessario e obbligatorio per legge rimuoverle perché si sprigionano particelle di amianto, fibre di amianto, altamente dannose per la salute dei cittadini”.
Stiamo probabilmente dando i numeri, stiamo scherzando sulla pelle dei nostri figli, sugli studenti, i tetti degli edifici scolastici che hanno l’amianto devono essere bonificati in tempi brevissimi, il pericolo che alcune zone siano in cattive condizioni è altissimo e il rischio che si sprigionano le particelle nell’aria è reale.
Essendo un insegnante e non un tuttologo posto in questo mio articolo le considerazioni del dott. Giancarlo Ugazio docente in diversi atenei italiani e stranieri (Pittsburg, Cleveland), è stato fino al congedo, professore di Patologia Generale all’Università di Torino, città dove vive. Negli ultimi anni ha intensificato il suo impegno in difesa della salute della gente, dalle patologie ambientali con un’assidua attività divulgativa e di conferenziere. Grande esperto di amianto è autore di numerose ricerche e pubblicazioni. “Odissea” lo considera fra i pochi scienziati non-in-vendita. Il dott Ugazio è uno dei responsabili delle associazioni dei superstiti delle vittime dell’amianto, ha affermato: “Nella mia pluridecennale attività divulgativa degli strumenti per la prevenzione primaria della patologia ambientale, mi sono trovato più di una volta a dover rispondere alla domanda: “Cosa può fare la società per scoraggiare gli inquinatori dell’ambiente di vita e di quello occupazionale dal compiere i loro efferati misfatti?”. Il primo caso emblematico mi capitò a Perinaldo (IM), il 20 luglio 1997, presso il centro culturale Passeroni. Allora, anche tenendo conto della presenza in sala di un milite dell’Arma benemerita, dissi che era lungi da me la volontà di compiere istigazione a delinquere o apologia di reato, pertanto mi astenevo dal fornire consigli pratici, ma mi permettevo di evocare l’immagine lasciataci da Alessandro Manzoni ne i Promessi Sposi sulla peste di Milano del 1630 i quali, affamati, assaltarono i forni del pane e mangiarono fino ad esaurimento delle scorte di farina. Il secondo caso, del tutto recenziore, si colloca proprio nei tempi in cui ho elaborato la relazione del mio primo intervento sull’amianto killer a Broni-Stradella (29-30.01.10). Quel mio commento, scritto spontaneamente come atto dovuto, almeno dal punto di vista etico, più che professionale, a ricordo ed onore delle vittime dell’amianto, diceva il mio disappunto perché il perdono cristiano, tradotto dalla frase “giù le mani da Caino” (l’imprenditore troppo spesso assassino) lascia regolarmente indifeso Abele  (il lavoratore che riceve dal primo pane e morte) con la complicità delle pedine sociali operanti nelle fattispecie elencate poc’anzi. […] Un punto su cui molto si discute, è la proposta di sostituire le enormi estensioni di lastre di Eternit con altrettanta superficie di pannelli fotovoltaici. La filosofia di questo suggerimento sarebbe togliere di mezzo le fibrille killer e di porre in opera strumenti atti a sfruttare le radiazioni solari come fonte rinnovabile di energia. Ciò permetterebbe anche di contrarre drasticamente gli esborsi della bolletta dell’energia elettrica. Questo progetto, vero e proprio uovo-di-Colombo del momento per risolvere questo problema, mi troverebbe del tutto consenziente se chi lo cita tenesse conto che non basta rimuovere le lastre di Eternit da dove è stato posto, frantumare le lastre ed involgerle in contenitori di plastica per posizionare poi tutto questo materiale in discariche dedicate. La catena di queste operazioni potrebbe inevitabilmente creare esposizioni aggiuntive ad amianto, e non essere risolutrice,  in via definitiva, del problema sanitario legato alla dispersione delle fibrille killer. Però non ho mai sentito esporre dai suddetti il progetto dell’inertizzazione del minerale nocivo che, da solo, risolverebbe il problema dell’esposizione. Si sono verificate due significative eccezioni di tale lacuna, la prima  il 25-26 maggio 2010, in un convegno svolto presso l’Università di Torino: “Amianto, salute e territorio”; la seconda il 19 giugno 2010 a Pomarance alla conferenza: “Amianto: un killer da sconfiggere”, entrambe ad opera di Alessandro Gualtieri, l’ideatore del progetto tecnologico di inertizzazione e titolare del relativo brevetto per l’Italia e per l’Europa.  In merito ai principali aspetti della patologia umana amianto-correlata: a)   all’azione di reiterazione, di sommatoria, di recircolazione, e di cancerogenesi delle fibrille di amianto nell’organismo; b) alle condizioni ambientali di esposizione; c) ai problemi giudiziari risarcitori, rifacendoci al testo della relazione di Pomarance ma integrandolo con importanti dati scientifici recenziori.
 1. Effetto della reiterazione dell’esposizione alle concentrazioni definite dai limiti di legge 1 + 1 + 1 + 1 + 1 + 1 = 6 fibrille in una settimana: effetto di sommatoria.
L’amianto, detto anche asbesto, è un minerale costituito sostanzialmente da silicati di varia composizione chimica. Questa diversità condiziona sia la forma delle fibrille (strutture con una lunghezza almeno tre volte maggiore del diametro), sia la loro denominazione, sia ancora la loro nocività per l’uomo e per gli animali sinantropici (come il cane). L’azione patogena, oltre ad una prima fase prodromica irritativo-flogistica sulle strutture dell’organismo di primo impatto, implica effetti cancerogeni a carico di diversi tipi cellulari, tessutali, e d’organo. L’azione cancerogena dell’amianto era già nota, per molti versi e ad opera della ricerca biomedica, quasi contemporaneamente alla sua introduzione come materia prima in parecchie tecnologie imposte dalla rivoluzione industriale che fu attuata a cavallo tra XIX e XX secolo. Successivamente sono intervenuti provvedimenti normativi allo scopo di prevenire l’esposizione a rischio e per proteggere la salute della collettività (lavoratori e popolazione generale). In molti paesi, compresa l’Italia,  il minerale è stato bandito verso la fine del XX secolo (anni 1990). Invece, parecchi altri paesi continuano ad estrarre il minerale naturale, a lavorarlo, e a venderlo. Oggigiorno, i limiti di legge prescritti sembrano dare sicurezza agli esposti, ed a chi controlla la loro salute, ma generalmente non si tiene conto che anche pochissime fibrille assunte quotidianamente, col tempo, si sommano nel nostro organismo, raggiugendo il carico (body burden dei ricercatori anglosassoni) di rottura del tiro-alla-fune tra cancerogeni e difese dell’organismo contro il cancro. A questo proposito, già fin d’ora, è utile rammentare il monito di Renè Truhaut, secondo cui non esistono limiti ammissibili per i cancerogeni, l’unico limite ammissibile è il “rischio zero”.
 2. Fibrille inalate o/e ingerite. Assorbimento attraverso la mucosa delle vie respiratorie o del tubo gastroenterico.
Le fibrille di amianto possono raggiungere l’individuo esposto sia dalla cava del minerale, sia dalla materia prima, sia dal manufatto durante l’uso, sia dallo stesso manufatto dopo l’esaurimento della vita di impiego, quando è in disuso e in via di smaltimento. Vale a dire il rischio patogeno ci può essere “prima, durante, dopo” il suo uso. È ragionevole condividere l’aforisma di L. Mutti (Primario ASL 11 VC) “Dobbiamo giungere al rischio zero perché l’unica fibra di amianto innocua è quella che noi non respiriamo”. Ma non basta non inalare fibrille di amianto, perché molte se ne possono ingerire, con le bevande  e, un po’ meno, coi cibi. La ricerca biomedica sperimentale ha dimostrato la nocività dell’amianto ingerito. Non per nulla, i doganieri di stato in servizio al porto di Marsiglia, funzionari pubbici “informati dei fatti”, all’arrivo in porto di una nave cisterna carica di vini raffinati, salgono a bordo, prelevano un piccolo campione della merce e lo sottopongono ad una centrifugazione da banco, come fa il laboratorista con l’urina umana, qui sedimentano i cristalli di sali e le cellule emesse dalla vescica, là possono trovarsi le fibrille di amianto liberate dai filtri della raffinazione del vino. Se tale inquinamento supera i limiti di legge della repubblica transalpina, quel vino viene subito disperso nelle acque del porto, per prevenire l’esposizione diretta dei potenziali consumatori di quella derrata alimentare a rischio. Però, in teoria, il problema è solo spostato, perché l’ittiofauna del posto potrebbe assumere fibrille e, come derrata alimentare, trasferirle al suo consumatore: per fortuna i pesci, quei pochi presenti in quel corpo idrico che è un porto, non sono né calamita né bioconcentratori dell’amianto come fanno sinistramente col mercurio.
 3. Recircolazione delle fibrille nel torrente sanguigno.
Una volta inalate od ingerite, le fibrille raggiungono l’epitelio della mucosa dell’apparato respiratorio o dell’apparato gastroenterico, rispettivamente. Non è difficile, per gli intrusi, superare queste labili barriere per entrare nei capillari sottomucosi, poi nel sistema venulare, quindi in quello venoso centripeto, con l’interposizione o meno del piccolo circolo polmonare. Infine il cuore provvede a redistribuire il tutto all’intero l’organismo, nei tempi di circolo suddetti.
 4. Diffusione in tutti i tessuti ed organi. Localizzazione in qualunque tessuto.
A seguito di questa diffusione ubiquitaria, quasi biologicamente “ecumenica”, non c’è un tessuto, un organo, che possa ritenersi indenne di localizzazione delle fibrille killer. Dal momento in cui un tessuto bersaglio si trova ad ospitare una o più fibrille esso innesca una sequela di eventi reattivi. Il tipo e l’entità di questi fenomeni sono condizionati dalla costituzione del tessuto stesso, o meglio di quella parte di esso in cui si sono annidate le fibrille. È comprensibile che tale funzione di risposta sia svolta dal tessuto connettivo che circonda il vaso di afferenza, oppure da quello che fa da impalcatura stromale di un organo parenchimale. Infatti le cellule attrici della risposta flogistica (infiammatoria) sono prevalentemente quelle connettivali. La reazione infiammatoria non è di tipo acuto, in quanto le fibrille di amianto, nel superare le barriere delle mucose interessate, si sono lasciate alle spalle i batteri eventualmente concomitanti, gli agenti flogogeni che avrebbero richamato i leucociti PMN (polimorfonucleati) per formare il secreto infiammatorio purulento. Quindi non si tratta di un foruncolo microscopico, bensì di un microgranuloma, classica espressione di una flogosi di tipo cronico, costituito da una corteccia di cellule linfocitarie (leucociti ematici mononucleati), cellule connettivali e da fibre connettivali, che tutte insieme inglobano la fibrilla d’amianto. Si è venuta così formando un’entità reattiva detta “corpuscolo dell’asbesto” nella quale il core è destinato a durare a lungo.
 5. Reazione flogistica di tipo cronico nel punto di localizzazione, con formazione dei corpuscoli dell’asbesto (microgranulomi). Reperto autoptico di corpuscoli dell’asbesto in molti organi del corpo umano.
La letteratura scientifica riporta il ritrovamento, come reperto autoptico a seguito di autopsie di lavoratori esposti all’amianto nei seguenti tessuti: cervello, tiroide, polmone, fegato, pancreas, rene, cuore, milza, surrene, prostata. Questa distribuzione testimonia la diffusione delle fibrille di amianto in tutto il circolo sanguigno ed i tutti gli organi che esso irrora (fenomeno segnalato nei punti 3 e 4).
 6. Cancerogenesi a carico delle membrane sierose: pleura, pericardio, peritoneo, tonaca vaginale del testicolo, coi rispettivi mesoteliomi.
Un altro aspetto peculiare che riguarda la localizzazione delle fibrille di amianto a distanza dal punto di ingresso nell’organismo (nel circolo sanguigno) trova conferma dalla localizzazione di una specifica e grave forma di neoplasia maligna di membrane sierose particolarmente suscettibili di tale tipo di cancerogenesi. Si tratta di mesoteliomi che colpiscono la pleura (sierosa che avvolge il polmone), il pericardio (che avviluppa il cuore), il peritoneo (sierosa che avvolge tutti i tratti del tubo gastroenterico, tenue e crasso) e la tonaca vaginale del testicolo, che è una derivazione embrionaria del peritoneo. Fin che si tratta della pleura, la sierosa più frequentemente colpita dal mesotelioma, si potrebbe considerare in modo ingannevole questa maggiore frequenza di morbilità come conseguenza della vicinanza della sierosa con la via più comune di ingresso dell’amianto: le coane (narici). Al contrario, le fibrille killer aggrediscono i tessuti bersaglio raggiungendoli alle spalle, cioè attraverso il circolo. La lunghezza del tragitto da superare, chilometri di capillari, venule, arteriole, vene, arterie, interposta tra narici e/o bocca da un lato e sierosa colpita, dall’altro, non è certo una difficoltà insormontabile. Infatti, dobbiamo considerare che il tempo di circolo si aggira normalmente attorno a pochi minuti secondi. Tra l’altro, la letteratura scientifica biomedica segnala casi clinici che si pongono fuori dal novero dei fenomeni morbosi più frequentemente descritti come tipici all’amianto. Si tratta dei danni diretti sulla molecola del DNA nucleare dei leucociti circolanti di lavoratori esposti, e di mesotelioma primitivo dell’ovaio in lavoratrici esposte ad amianto, oltre a casi di carcinoma ovarico in operaie che, nelle loro mansioni, avevano usato talco contaminato con il minerale killer. Queste indagini riferiscono casistiche rare,  generalmente imprevedibili, ma dimostrano in un modo ancora più completo la pericolosità ubiquitaria dell’amianto per la salute umana.
 7. Rischio ambientale di esposizione: limite soglia = 0,1 fibra / ml d’aria (DM6/9/94).
L’ordinamento giuridico del Belpaese include un provvedimemento legislativo che configura un limite soglia di concentrazione di fibrille d’amianto nell’aria in ambiente occupazionale, quale livello di riferimento quale prova di responsabilità, o meno. Tale limite è stato localizzato dal DM 6 settembre 1994, in 100 fibrille per litro d’aria, anche con riferimento alle condizioni storiche pregresse dell’ambiente di lavoro. È intuitivo come sia estremamente difficile, ed aleatorio, “contare” strumentalmente, ora per allora, la concentrazione delle fibrille presenti nell’aria sul posto di lavoro di anni passati, generalmente in un periodo di tempo remoto.
 8. Possibilità diagnostiche in corso d’opera (sorveglianza sanitaria).
La patologia da amianto configura un volta di più l’attendibilità dell’aforisma di P. Capurro secondo cui il rapporto eziologico tra causa ed effetto è ben chiarito dall’allegoria del leone accucciato presso un cadavere (Compendio di Patologia Ambientale, G. Ugazio, Minerva Medica, Torino, 2007). Infatti, l’esperienza popolare dei lavoratori osserva e riferisce il grado di inquinamento dell’ambiente lavorativo con fibrille di amianto per mezzo di un loro strumento naturale, l’occhio, che vede l’effetto nefelometrico delle fibrille del minerale, sospese nell’aria dell’ambiente, quando sono evidenziate da un fascio di luce solare. Questo dato potrebbe bastare da solo per constatare l’inquinamento dell’ambiente occupazionale, mediante una auto-certificazione di lavoratori quando sono  superstiti di un gruppo di individui addetti alle stesse mansioni a rischio. La miglior alternativa di tale auto-certificazione potrebbe essere una quantizzazione del fenomeno da parte del “medico competente” prescritto dal D. Lgs 626/94 ed armato di scienza, di coscienza, e di una modesta camera fotografica oppure, meglio, di un’attrezzatura per la determinazione delle polveri nell’aria (pompa più filtro, attualmente disponibili in commercio). Da questo secondo passo discenderebbe poi la bonifica dell’ambiente suggerita dal rilievo dell’inquinamento. Però, troppo spesso, questo approccio virtuoso non ha luogo, quindi chi lavora può essere esposto al minerale killer, cominciando a perdere progressivamente punti di salute anche prima di aver superato l’orizzonte clinico. Il legislatore ha chiesto alla scienza biomedica di vicariare questa lacuna preventiva mettendo in campo una sorveglianza sanitaria dei lavoratori esposti che si basa su due tipi di interventi. Il primo è il conteggio delle fibrille di asbesto nel BAL (liquido di lavaggio degli alveoli bronchiali), il secondo consiste nella determinazione della concentrazione della mesotelina e dell’osteopontina nel siero del soggetto.
Nel primo caso, si tratta di un lavoratore a rischio ma presumibilmente ancora sano, perché la presenza delle fibrille nel BAL è un reperto dotato di un significato lapalissiano (cfr l’aforisma di Capurro) e siamo ancora in un’area di possibilità di prevenzione primaria. Al contrario, nel secondo caso, siamo di fronte ad un paziente che ha già superato l’orizzonte clinico, perché presenta i segni degli indicatori biologici di danno. Sia la mesotelina sia l’osteopontina sono molecole proteiche presenti nel sangue di pazienti de facto, quando sono già affetti da patologie amianto-correlate. L’osteopontina compare a concentrazioni molto maggiori rispetto ai controlli normali (sei volte). Nella mente degli scienziati che hanno introdotto nella pratica clinica questi due importanti marker diagnostici alberga il proposito di suggerire, come ricaduta favorevole per la salute, una serie di interventi preventivi, quali l’interruzione dell’esposizione all’amianto e dell’abitudine di fumare tabacco (grave fattore di potenziamento patogeno, come si vedrà in seguito). A questo punto è doveroso evidenziare con chiarezza che in entrambi i casi di tratta di prevenzione, nel primo (BAL) di tipo primario, nel secondo (mesotelina ed osteopontina) di tipo secondario, ma che intervenire con una prevenzione secondaria, a dado tratto, per le patologie amianto-correlate sia un provvedimento pressoché pleonastico. Anche il villico commenterebbe che ciò sarebbe come chiudere la porta della stalla quando i bovi sono già in fuga nella campagna. Infatti, bisogna tener presente che l’innesco del mesotelioma da amianto e la sua progressione sono fenomeni morbosi che prendono lungo tempo, lasciandone altrettanto al sanitario per la ricerca dei suddetti indicatori biologici di danno, ma che i bovi fuoriusciti possono essere già precipitati nel dirupo. Dopo la diagnosi clinica del mesotelioma, cui fa seguito la prima toracentesi eseguita per svuotare il cavo pleurico dal liquido essudatizio accumulato, la scienza medica accredita al paziente che ha raggiunto questo stadio un’attesa di vita generalmente non superiore ad un anno.
 9. Meccanismo della cancerogenesi.
Voytek et al. (1990) hanno riferito con chiarezza il meccanismo dell’azione cancerogena delle fibrille di amianto. Secondo questi autori, le fibrille del minerale localizzate nei diversi tessuti dell’organismo vanno incontro ad un’alterazione metabolica che porta alla formazione di amianto-epossido, la molecola che è il cancerogeno finale, responsabile della lesione della molecola del DNA. Tutto questo avviene quando la molecola bersaglio è il DNA dei nuclei dei leucociti circolanti, delle cellule parenchimali dell’ovaio, delle cellule delle sierose: pleurica, pericardica,  peritoneale, o della tonaca vaginale del testicolo. Questo fenomeno di trasformazione di un pre-cancerogeno, l’amianto tal quale, in cancerogeno vero e proprio, l’amianto-epossido, è favorito dallo squilibrio della bilancia perossidativa dei tessuti in senso pro-ossidante. Quando i fattori pro-ossidanti sopraffanno quelli anti-ossidanti si verifica l’intervento di un agente patogeno che, di per se stesso insufficiente a causare patologia, agisce quale concausa efficace che non va trascurata. Infatti, a questo proposito, si può evocare l’immagine di una pistola come arma di un omicidio. Non è sufficiente  l’arma con il proiettile in canna, ma occorrono che la sicura sia disattivata e che un dito prema il grilletto, sebbene questi due elementi (concause), senza i primi, non bastino per uccidere, ma sono cofattori efficaci perché l’arma uccida.
 10. Potenziamento tossicologico 1 + 1 + 1  =  9-10 e +:
La letteratura scientifica ha messo in evidenza che l’abitudine di fumare tabacco comporta un potenziamento del rischio, e della patologia amianto-correlata. Questo fenomeno trova un’espressione significativa nell’equazione che suggerisce i rapporti quantitativi degli effetti dei due agenti patogeni: Fumo di tabacco + Amianto = [10 x + 13 x] non 23 x ma 50-60 volte. Altrettante considerazioni meritano di essere fatte a proposito di un’altra circostanza, questa volta iatrogena, che può essere considerata quale possibile concausa effettiva della patologia amianto-correlata. Si tratta di una terapia marziale attuata col proposito di curare un’anemia somministrando Ferro inorganico per via parenterale: questo comporta  un aumento delle specie reattive dell’ossigeno, con squilibrio della bilancia perossidativa  in senso pro-ossidante (cfr punto 9). Effetti analoghi possono essere realizzati con altre pratiche iatrogene, questa volta a scopo diagnostico e non terapeutico, come l’esposizione a radiazioni ionizzanti: esse comportano un depauperamento delle difese organiche contro i cancerogeni.
11. Prevenzione primaria, prima dell’esposizione.
La trattazione dei punti 9 e 10 ha già dato conto del valore della prevenzione, primaria e secondaria, dell’esposizione all’amianto. Senza voler compilare una graduatoria di gerarchia delle ricadute a favore della salute proprie dei due tipi di prevenzione, merita ricordare che quella primaria, realizzata mediante l’applicazione del “rischio zero”, non solo obbedisce alla ratio del motto “mondo pulito = salute;  mondo inquinato = malattia”, ma si ispira a quel principio di precauzione che si sta facendo strada negli organismi sovranazionali di regolamentazione per la protezione dell’ambiente e della salute (cfr Rapporto Huss della UE, 2009).
12. Prevenzione secondaria, dopo l’esposizione ad amianto.
La pregressa esposizione ad amianto nell’ambiente [lavorativo o di vita], inquinato dalle fibre capaci di aver dato positività agli indicatori biologici di esposizione [fibre nel BAL], e/o di danno in atto [mesotelina e osteopontina sierica] (cfr punto 8), una volta individuata con certezza, esige che il sanitario di turno, senza allarmare il paziente, svolga il compito prezioso di suggerirgli tutti i più efficaci interventi di evitamento di un’ulteriore esposizione all’agente killer, bonificare l’ambiente di lavoro e quello di vita, rinunciare al fumare tabacco e/o di sottoporsi a trattamenti, iatrogeni o meno, che comportino lo squilibrio della bilancia perossidativa.
13. Inertizzazione dell’amianto nei manufatti alla fine della loro vita d’utilizzo.
Quanto descritto sopra non lascia dubbi sulla convenienza di applicare il paradigma del “rischio zero” per un cancerogeno come l’amianto, quindi di porre in essere la più stretta prevenzione primaria. È superfluo ripetere che alla collettività, direttamente oppure per il tramite dei reggitori della cosa pubblica, è estremanente necessario che: a) non si diffonda nell’ambiente nuovo minerale amianto naturale (in ossequio della lettera e della ratio del D.Lgs 257/92) azzeramento del prima e durante e b) si smaltisca l’amianto attualmente in opera o che ha completato il suo ciclo vitale d’impiego (secondo la direttiva 2003/18/CE) azzerando la fase del dopo.
Il primo punto (a) implica che si rinunci ad eseguire le ingenti opere strutturali sul territorio che porteranno inevitabilmente alla diffusione nell’ambiente di vita e di lavoro di considerevoli quantità di amianto. Questa prospettiva è legata al progetto dello scavo della galleria nel monte Rocciamelone (Val di Susa) per realizzare il corridoio di traffico ferroviario T.A.V., con rimozione di circa 1.150.000 m3 di roccia amiantifera (qualche percento di amianto, secondo la perizia dell’Istituto di Geologia dell’Università di Siena, 2003), e deposito di questo materiale nocivo nei dintorni.
Il secondo punto (b) potrebbe essere un ideale banco di prova di un valido progetto tecnologico di inertizzazione delle fibrille di amianto diffuse nell’ambiente, mediante riscaldamento per più di 12 ore a 1.200-1.300 ºC in apposita attrezzatura a tunnel termico, ideata e brevettata per l’Italia e per l’Europa da un geniale ricercatore italiano, Alessandro Gualtieri, dell’università di Modena. Secondo questo autore, attualmente, in Italia sono in opera, più o meno logorati dal tempo, manufatti di amianto, lastre di Eternit®, che ammontano a circa 2 miliardi di m2 (dal Convegno “Amianto, Salute e Territorio”, Torino 25-26 maggio 2010). Questa tecnologia è in grado di smaltirli, disinnescando il potenziale patogeno di tante fibrille di amianto ed offrendo la contropartita aggiuntiva di produrre altrettanta materia prima-seconda per produrre laterizi (piastrelle ed altri manufatti) per l’ediizia. Potrebbero derivare due immense ricadute positive: per la salute dei nostri discendenti e per l’economia della collettività nazionale.
 14. Approccio risarcitorio: valenze etiche, sanitarie, sociali.
La trattazione di queste problematiche non vuole essere un’invasione del campo culturale e professionale altrui, né tanto meno mira a sminuire l’importanza e la valenza dell’approccio risarcitorio, messo in atto grazie alla coraggiosa e generosa opera di pochi legali che supportano con perizia questo arduo lavoro. È innegabile che esso può dare ai superstiti delle vittime dell’amianto un prezioso conforto morale, attraverso la soddisfazione di fruire della solidarietà della collettività, quanto alle associazioni di categoria, ai legali patrocinanti e, infine, nei casi favorevoli, alle pubbliche istituzioni. In prima battuta, tutta questa pregevole attività comporta la richiesta di una forma di giustizia a carico degli imprenditori che hanno dato lavoro in cambio del salario e della salute, talora della vita, di tanti sventurati, vittime dell’amianto.  Però troppo spesso il dibattimento processuale, quando si arriva al rinvio a giudizio degli imprenditori responsabili di omicidio, per lo meno colposo, lascia ampio spazio ai legali della parte convenuta per dimostrare che Gesù Cristo, fu Giuseppe, di professione Redentore, sia morto di freddo, per arresto cardiaco. E tutto ciò con buona pace dei Sindonologi che, se così fosse, ora sarebbero disoccupati. Tuttavia, la lotta per l’ottenimento di giustizia, oltre che di somme di denaro risarcitorio, attraverso l’associazionismo, porta non solo alla consapevole solidarietà sociale di tanti cittadini supersiti dei de cuius, ma anche all’acquisizione di una promozione culturale e sociale. La testimonianza esemplare di ciò sta nel fatto che talora alcune associazioni, quali parti civili, chiedono un risarcimento simbolico di 1 euro. L’ottenere denaro dalle istituzioni pubbliche preposte, come risarcimento della perdita di un familiare vittima dell’amianto, può contribuire a rendere omaggio alla memoria del caro estinto, ma soprattutto a supportare le spese necessarie per garantire un’istruzione scolastica e la possibilità di aspirare ad una migliore occupazione per gli orfani superstiti”.
Ringrazio personalmente il dott Giancarlo Ugazio per questo intervento e per tutto il suo grandissimo lavoro, reputo questa persona un esempio da seguire per tutti, sono questi uomini che fanno grande una nazione... e giro naturalmente la questione dell'amianto agli amministratori locali della provincia di Lodi, Milano, di tutta la Lombardia e dell’intera Nazione.  Dovremmo ricordare che a scuola non vanno solo i nostri figli ma anche quelli degli altri.  Il problema è di tutti. L'amianto è tra noi... ed è pericolosissimo... impariamo una volta per tutte a considerare la vita umana prioritaria sul profitto e sull’egoismo. Regaliamo una vita migliore ai nostri figli! Non aspettiamo tre anni... bastano pochi mesi per morire...

Paolo Latella Segretario Provinciale Unicobas Scuola Lodi
unicobas.lodi_at_gmail.com






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