Decreto sviluppo, contratti a termine senza regole certe
Data: Sabato, 07 maggio 2011 ore 17:00:00 CEST Argomento: Redazione
L’unica
certezza aggirare la normativa europea. E’ per questo che la periferia
del sapere a gran voce vi chiede: fatela presto questa riforma della
giustizia, per garantire il lavoro, il diritto allo studio, la dignità,
una vita migliore agli alunni diversamente abili, classi più agibili,
continuità didattica. Per togliere ogni equivoco, sulle mancate tutele
del buon governo, usciamo dalla periferia, e volgiamo lo sguardo alla
capitale del sapere, quella economico-finanziaria, quella nobiltà
foriera di sviluppo che trova la sua collocazione nel centro del
cristianesimo, dove un Santo appena beatificato, diceva:
“il lavoro rende l’uomo nobile”.
Un’ironia sottile, sale in cattedra, ma nasce spontanea, come le grida
di sapere di Dario Fo, che in occasione dello sciopero generale della
CGIL, poco restio a trattenersi, lancia un monito alla società civile,
politica e religiosa in una Catania, ferita dalla grave perdita di un
concittadino, che senza dimenticare chi è morto per la perdita del
lavoro, dedica a quest’uomo il senso di una manifestazione pacifica e
composta, dove migliaia di precari non ci stanno, mentre chi ha colpe
viene affogato dal rimorso del sapere.
Da uno stralcio della Sentenza di Siena, si evince che poco o nulla è
cambiato, nei pensieri di chi ci dovrebbe tutelare, e mentre la storia
si ripete inesorabilmente, tra Collegato al lavoro (L.183/10) e Decreto
Sviluppo, si consumerà l’ulteriore contraddizione di un Governo, che
non sa più cosa fare, assalito dai fantasmi del sapere, dall’abuso
reiterato e sanzionato all’amministrazione pubblica, in cui potrebbe
restare prigioniera delle sue stesse leggi, schiacciata dall’incubo
ricorrente, di altri Giudici del Lavoro, in quello che sarà ricordato,
come il licenziamento di massa più grande della storia repubblicana,
quello dei precari della scuola:
..l’art. 36, co. 1, d.lgs. 2001/n.
165, nel prevedere che “le pubbliche amministrazioni, nel rispetto
delle disposizioni sul reclutamento del personale di cui ai commi
precedenti, si avvalgono delle forme contrattuali flessibili di
assunzione e di impiego del personale previste dal codice civile e
dalle leggi sui rapporti di lavoro subordinato nell'impresa”, precisa
che “i contratti collettivi nazionali provvedono a disciplinare la
materia dei contratti a tempo determinato, dei contratti di
formazione e lavoro, degli altri rapporti formativi e della fornitura
di prestazioni di lavoro temporaneo, in applicazione di quanto
previsto dalla legge 18 aprile 1962. n. 230, dall'articolo 23 della
legge 28 febbraio 1987, n. 56, dall'articolo 3 del decreto legge 30
ottobre 1984. n. 726, convertito, con modificazioni, dalla legge 19
dicembre 1984, n. 863, dall'articolo 16 del decreto legge 16
maggio 1994, n. 299, convertito con modificazioni, dalla legge 19
luglio 1994, n.451, dalla legge 24 giugno 1997, n. 196, nonché da
ogni successiva modificazione o integrazione della relativa
disciplina”, e nel Comparto Scuola l’art. 40 ccnl 2006/2009
contempla espressamente al co. 4, la possibilità di trasformazione
del rapporto di lavoro a tempo determinato in rapporto di lavoro a
tempo indeterminato “per effetto di specifiche disposizioni
normative”, non alludendo direttamente alla problematica della
conversione sanzionatoria, ma certamente contribuendo a
consentirne pienamente l’ingresso sulla base del fondamentale
riferimento del d.lgs. 2001/n. 368.
E non si tratta del solo esempio in cui è la stessa
contrattazione collettiva a prevedere la possibilità della conversione
(cfr. analogamente art. 5, co. 2, ccnl comparto delle istituzioni e
degli enti di ricerca e sperimentazione, accordo di rinnovo del
7/4/06; ancora, ccnl personale non dirigente dell’Enea, accordo di
rinnovo del 20/12/06), aprendo le porte ad una piena tutela
effettiva specifica del lavoratore pubblico nel caso in cui
l’assunzione a termine, come nel caso di specie, avvenga tramite
concorso o, comunque, procedure selettive idonee a garantire il
rispetto dell’art. 97 Cost.
Appare pertanto consentita nel caso di specie la
disapplicazione della normativa nazionale (art. 36 d.lgs. 2001/n.
165) a vantaggio della direttiva 1990/70 CE e delle citate pronunce
della Corte di Giustizia, quindi dell’art. 5 d.lgs. 2001/n. 368.
In evidente contrasto:
L’art. 1, co. 1,d.l. 2009/n. 134, con. l. n. 167: “all'articolo 4 della
legge 3maggio 1999, n. 124, dopo il comma 14 [integrazione] è aggiunto,
in fine, il seguente: 14-bis. I contratti a tempo determinato
stipulati per il conferimento delle supplenze previste dai commi 1,
2 e 3, in quanto necessari per garantire la costante erogazione del
servizio scolastico ed educativo, non possono in alcun caso
trasformarsi in rapporti di lavoro a tempo indeterminato e
consentire la maturazione di anzianità utile ai fini retributivi prima
della immissione in ruolo”,
ripreso nei contenuti dal Decreto Sviluppo appena adottato, forte di
una sentenza d’appello, che ne ribalta il risultato di Siena, ma che ci
lascia sorpresi, sulla straordinaria similitudine del provvedimento
alla norma di cui sopra e che ci consegna un Governo alla ricerca di
una identità, e lontano dai problemi del sapere:
..il provvedimento adottato dal Cdm, come appreso dai mass-media, ne
accoglie la norma e intende bloccare sul nascere le tante istanze
presentate nei mesi scorsi per arrivare all’assunzione a titolo
definitivo ed il riconoscimento del servizio pre-ruolo:
in particolare all’art. 9 del decreto viene sottolineato, infatti, "che
i contratti a tempo determinato stipulati per il conferimento delle
supplenze del personale docente e Amministrativo, Tecnico ed Ausiliario
(ATA), in quanto necessari per garantire la costante erogazione del
servizio scolastico ed educativo, non possono in alcun caso
trasformarsi in rapporti di lavoro a tempo indeterminato, né consentire
la maturazione di anzianità utile ai fini retributivi prima della
immissione in ruolo".
Non sarà del tutto sbagliato allora, se un italiano su 4 ricorre alla
raccomandazione per accedere a un posto di lavoro, facendo dell’Italia
il Paese della spintarella. Peccato che tra i settori in questione ci
sia anche la scuola, che dovrebbe rappresentare un laboratorio di
legalità, nobiltà, sapere, di libertà con regole certe, e che invece
rischia di diventare terreno comune di dispersione scolastica e
malessere sociale.
Mario Di Nuzzo
mario.dinuzzo@libero.it
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