Un pesante colpo di scure sull’organico di 10.431 d.s. e la scuola perde altri 20.000 posti di lavoro.
Data: Giovedì, 05 maggio 2011 ore 17:30:00 CEST
Argomento: Redazione


Il massacro dell’occupazione, che ha lasciato senza lavoro parecchie decine di migliaia di precari della scuola tra docenti e personale Ata, non è finito. Un nuovo duro colpo è già programmato per il prossimo anno scolastico. Riguarderà parecchie altre migliaia di cosiddetti “precari” che rimarranno anch’essi senza lavoro, e pertanto senza stipendio. Proseguirà negli anni successivi. E intanto ci sono politici che cadono  (o fingono di cadere) dalle nubi. Guarda caso, si tratta anche del ministro dell’istruzione Mariastella Gelmini! Come la sua collega Gabriella Carlucci non ha mai fatto un giorno di scuola da insegnante e di libri di storia ne ha certamente letti ben pochi, così da non  potersi competentemente esprimere sulle ricerche e sulla specifica attività didattica dei docenti. Scoprendo in diretta televisiva che alla scuola vengono sottratti in un triennio 13,5 miliardi di euro, si agita nel dire, in ciò affannosamente “orientata” dal folto staff di “competenti” disseminati alle sue spalle, che non si tratta di “tagli” ma di “riduzione della spesa”, di “risparmio sulla spesa”! E così la scure, assai tagliente, viene scambiata e presentata (da dilettanti allo sbaraglio, da incompetenti o, peggio ancora, da bugiardi) come un piumino (morbido) per spolverare e ridurre la polvere. Ma veniamo ai tagli che potrebbero accompagnare lo svolgimento dell’annunciato concorso a dirigente scolastico, peraltro mentre in Sicilia, a Trento e in undici regioni il contenzioso (a partire dall’anno 2002) in sede di giustizia amministrativa non è tuttora affatto risolto.

Ne abbiamo avuto plateale conoscenza durante una delle ultime puntate di “Ballarò”, quando in diretta televisiva è stato messo in evidenza che il “documento di economia e finanza”, naturalmente predisposto dal ministro Tremonti, approvato dalla Camera, tagliava ulteriori finanziamenti alla scuola, così da determinare la “necessità” di tagliare altre decine di migliaia di posti di lavoro dopo i quasi 130.000 (87.000 cattedre e 42.000 posti di personale Ata) già programmati fino al prossimo anno scolastico, e per almeno l’80 per cento già eliminati.
Certo, lascia perplessi l’espressione di un ministro (Gelmini)che si lascia scappare un “Tremonti non mi ha detto nulla” prima d’essere messa di fronte alle cifre, “nero su bianco”, presenti nel “documento” approvato dalla Camera (apparendo come persona che quel documento non lo aveva letto, almeno adeguatamente) e prima d’essere scompostamente suggerita (dalle grida del numeroso staff collocato alle sue spalle) di dire che si trattava di “riduzione della spesa”, di un “risparmio sulla spesa”, e non di “tagli”. E lascia ulteriormente e addirittura più perplessi perché il ministro dell’istruzione Mariastella Gelmini appare, di fronte a tagli triennali per complessivi 13,5 miliardi di euro, tanto “ingenua” da chiamarli “risparmi”, cosicché mentre Tremonti scrive e dispone, lei ignora e la scuola va a rotoli.
Anzi, per comprendere meglio il rapporto (la gerarchia) tra chi dispone e informa (insomma, comanda) e chi viene informata ed esegue (insomma, obbedisce senza profferire parola), chiarisce inequivocabilmente, come da comportamento quale condizione niente affatto riducibile per essere e continuare ad essere ministro dell’istruzione “delegato” allo sfascio epocale del sistema scolastico caratterizzato dalla perdita di centocinquantamila posti di lavoro nonostante la crescita del numero degli studenti, il suo rapporto di assoluta obbedienza con l’espressione, affannosamente negando il taglio documentato, “il ministro Tremonti me lo avrebbe detto”. Che starebbe a significare che in questo caso il ministro Tremonti l’avrebbe addirittura ignorata, e che in altre occasioni era stata sempre informata dei tagli. Informata, taciturna e, in quanto tale, obbediente.
Ebbene, chiediamoci adesso perché i posti di dirigente scolastico che vengono messi a concorso sono 2.386 (485 in meno rispetto a quelli che erano stati da oltre un anno chiesti dal ministero dell’Istruzione, e quindi dal ministro Gelmini).
E che cosa possa nascondersi dietro questo improvvisato ed ingiustificato “taglio”. Una riduzione della spesa, un risparmio sulla spesa? Ma come mai potrebbe essere possibile ridurre i posti di dirigente scolastico da mettere a concorso se nelle scuole mancano e verrebbero a mancare dirigenti scolastici addirittura a migliaia? Un’ipotesi, come vedremo tra poco, potrebbe portare addirittura alla cancellazione di altri 20.000 posti di lavoro.
Intanto, ci si viene a trovare, dopo anni di attesa, di fronte ad un concorso al quale si prevede la partecipazione di 150.000 docenti, ma già sono in partenza i ricorsi al Tar del Lazio da parte dei docenti che i cinque anni di servizio previsti dal legislatore come requisito per la partecipazione al concorso li hanno svolti anche con contratti a tempo determinato e non soltanto dopo la nomina in ruolo. E siccome non è previsto un accertamento preventivo dei requisiti, tutti sono ammessi con riserva. Tutti a partecipare al concorso del quiz, perché dal quiz dipende l’ammissione alle prove scritte, così da ridurre l’esercito dei concorrenti. D’altra parte, ed è questo l’orientamento assai diffuso, perché non partecipare ad un concorso che si presenta come una lotteria? E allora i 150.000 possono diventare anche 200.000 e magari di più. Una lotteria nella quale uno su cento ce la fa!
Resta da chiedersi se e quale valore hanno i master di secondo livello a dirigente scolastico attivati dalle università italiane, con tasse di iscrizione e frequenza variabili da 2.000 a 4.000 euro, perché in definitiva, a differenza delle lauree, seguite dalle abilitazioni all’insegnamento, resteranno titoli sostanzialmente inutilizzati e privi di qualsiasi valore, sia pure soltanto con riscontro ancorché minimo sul piano stipendiale per attività di collaborazione con il dirigente scolastico. Il quale è contrattualmente libero di avvalersi di docenti (due) da lui individuati, e quindi di scegliere a proprio piacimento, retribuibili, in sede di contrattazione d’istituto, con i finanziamenti a carico del fondo per le attività aggiuntive previste per la collaborazione col dirigente scolastico di cui all’art. 88, comma 2, lettera c, del Contratto collettivo nazionale di lavoro.
La funzione di dirigente scolastico non può avere il quiz come prova selettiva. Meglio se democraticamente eletto per un massimo di due trienni consecutivi, sulla base di un prestigioso curricolo e di competenze acquisite negli anni, compresa la permanenza nella stessa sede. Ma questo è un altro discorso.
 Peraltro, il 21 febbraio 2011 è stata presentata alla Canera dei deputati una proposta di legge su “norme concernenti il governo delle istituzioni scolastiche e lo stato giuridico dei docenti”. Nell’ampia relazione, viene indicato come “importantissima innovazione” per “il nostro sistema scolastico” il “reindirizzamento dell’asse dell’organizzazione scolastica”, consistente nel “superamento dell’attuale modello burocratico e dirigistico di derivazione aziendalistica, prevedendo la temporaneità del mandato del rappresentante dell’istituzione scolastica e il conferimento dell’incarico attraverso l’elezione (preside elettivo) da parte della comunità scolastica rappresentata nel Consiglio d’istituto”; “per il preside eletto la temporaneità dell’incarico e il suo conferimento attraverso l’elezione non possono che accentuare il carattere di missione della sua azione che diviene imprescindibile dalla qualità e dai risultati del processo di insegnamento-apprendimento e dal rapporto con l’insegnamento, che è solo sospeso per la durata del mandato”.
Altrimenti ci si viene facilmente a trovare di fronte ad aspetti come quelli evidenziati da Giuseppe Caliceti, che insegna a Reggio Emilia, in una sua recente pubblicazione (una lettera, in 64 paragrafi, ai genitori degli alunni per una scuola da rifare), nel quadro di una lunga serie di assurdità derivanti dalla “riforma della scuola targata Gelmini: un taglio epocale ai fondi che non risponde a nessuna idea pedagogica, solo a ragioni economiche. Il compito del ministro dell’Istruzione? Distrarre l’opinione pubblica raccontandole che con i tagli dissennati dei fondi la qualità della scuola migliorerà”.
Tra i tanti aspetti, anche paradossali, uno è così rappresentato dall’insegnante Caliceti: “Cari genitori italiani, i dirigenti scolastici ormai confondono le circolari con le leggi e dettano ordini di servizio assurdi. In questi anni di controriforma non deve essere facile tirare avanti neppure per loro. Qualcuno perde la testa. Per esempio, la dirigente scolastica della scuola Duca D’Aosta di Monfalcone, ha deciso che ‘i docenti, registrandole sul registro di classe, possono autorizzare uscite – di norma un alunno per volta – per l’uso dei servizi igienici, richiamando l’attenzione del collaboratore scolastico in servizio al piano; i docenti non autorizzeranno più uscite nello stesso giorno per l’uso dei servizi igienici a meno che non ci sia precisa richiesta della famiglia, certificazione medica, palese difficoltà o indisposizione dell’alunno’. Sembra uno scherzo, ma non lo è. Siamo al contingentamento della pipì e della popò.
Fortunatamente gli insegnanti hanno anteposto le esigenze degli alunni a una disposizione assurda e inammissibile, pur esponendosi a possibili provvedimenti disciplinari per il mancato rispetto di un ordine di servizio”. (L’espressione posta da Giuseppe Caliceti tra ‘’ è stata tratta da Domenico Diaco, “Monfalcone. Pipì durante l’ora di lezione? Non più di una volta al giorno”, “Il Piccolo”, 30 novembre 2010).
Si tratta di una delle tante sciocchezze (minchionaggini o minchionerie) del variegato panorama che caratterizza il sistema delle anomalie della scuola italiana, alle quali penso di riservare, come abbiamo convenuto col mio amco Almirante, un’appropriata rubrica.
Rinvio ad un prossimo intervento le riflessioni sul pasticciaccio dei concorsi tuttora irrisolti dal 2002 al 2010, avvolti nella nebbia della conflittualità, dai risvolti dei quali c’è chi dovrebbe vergognarsi, mentre ad essere preoccupati sono moltissimi docenti comunque in attesa che sia fatta giustizia, pur restando in sospeso se deve trattarsi della giustizia dei Tar, del Cga e del Consiglio di Stato, oppure della Corte di cassazione e soprattutto della Corte costituzionale, oppure se deve derivare dall’approvazione di disegni di legge dalle strane e incomprensibili accoppiate politiche per “annullare” le sentenze della giustizia amministrativa che da parte sua ha annullato i concorsi per vizi sostanziali insanabili.
Alla luce del numero dei posti riservati al “corso-concorso”, dal quiz preselettivo, per dirigenti scolastici, un sospetto sorge spontaneo e, riflettendo sulla riforma epocale del sistema scolastico per mascherare il taglio di 150.000 posti di lavoro e di 13,5 miliardi di euro, appare sempre più realistico (partendo dal taglio di 485 posti rispetto a quelli chiesti dal ministero dell’Istruzione e con esso dall’avere presente che 1.350 delle attuali 10.431 scuole sono affidate ad un reggente, che saranno oltre 2.200 dal prossimo settembre, oltre 3.000 dal settembre del 2012 e molte di più dal settembre 2013, mentre sono stati autorizzati soltanto 2.386 posti entro il 2013) un taglio, anche assai consistente, al numero complessivo degli istituti scolastici. Un sospetto che trova conferma nelle selezioni relative al bando di concorso soltanto per 450 posti di direttore dei servizi generali e amministrativi.
La politica dei tagli al finanziamento del sistema scolastico – informata o non preventivamente informata l’attuale ministro Mariastella Gelmini, orgogliosa d’essere autrice di una disastrosa riforma epocale che ha ridotto drasticamente il numero delle classi aumentando quello degli alunni in ciascuna di esse, fino a superare le trenta unità ospitate in aule inadeguate e addirittura in violazione delle norme di legge sulla sicurezza, e che ha provocato una colossale disoccupazione di massa tra i precari della scuola – non sembra essersi affatto conclusa. Un ulteriore colpo potrebbe essere destinato all’organico dei dirigenti scolastici. Lo lascia supporre il fatto, assolutamente concreto, che il prossimo concorso non contempla posti che resteranno vacanti. Perché?  Forse viene nascosta l’intenzione di ridurre l’organico, oggi di 10.431 posti, dei dirigenti scolastici realizzando un nuovo dimensionamento degli istituti scolastici, oggi compreso tra il minimo di 500 e il massimo di 900 studenti iscritti in ciascuno di essi.
Portando il minimo di 500 studenti a 700-750 e il massimo di 900 studenti a 1.200-1.300, potrebbero essere tagliati 3.000 posti (guarda caso, proprio quelli che dopo il 2013 risulterebbero senza dirigente scolastico, e che continuerebbero a crescere anno dopo anno!). Tremila dirigenti scolastici in meno produrrebbero altri tremila docenti in meno, cioè quelli che sarebbero andati ad occupare il posto dei docenti transitati nel ruolo dei dirigenti scolastici. Tremila istituti scolastici in meno provocherebbero anche la riduzione di tremila direttori dei servizi generali e amministrativi (dsga). Fin qui, novemila disoccupati in più, ai quali aggiungere, data la cancellazione di tremila istituti scolastici, la perdita, a seguito dell’accorpamento delle scuole, di almeno quattro tra collaboratori scolastici e assistenti amministrativi quale conseguenza di ciascuno degli accorpamenti, causando dodicimila disoccupati.
In totale, 21.000 tra docenti e personale Ata resterebbero senza contratto, sia pure annuale, ma per tutti gli anni a seguire, di lavoro a tempo determinato, e in prospettiva a tempo indeterminato. Posti di lavoro che sarebbero cancellati per sempre. Le mani ulteriormente messe nelle tasche degli italiani, degli italiani che rimarrebbero senza lavoro, per levargli complessivamente un reddito annuale di quasi un miliardo di euro, che si aggiungerebbe agli altri quattro miliardi e cinquecento milioni di euro.
Ministro Mariastella Gelmini –  lei che quanto a reddito mensile naviga in ricche acque, e che continuerà a ricevere nel futuro soldi dei lavoratori italiani (tra i quali quelli degli insegnanti che, come tutti i lavoratori messi in regola sul piano assistenziale-previdenziale, pagano le tasse fino all’ultimo centesimo di euro, mentre ad evadere le tasse sono purtroppo ancora in tanti, per decine di miliardi di euro all’anno, e sono moltissimi i lavoratori che non vengono messi in regola, con la disoccupazione ai massimi livelli storici e quella dei giovani al 30 per cento) –, faccia sentire il suo grido di disapprovazione per i tagli già attuati e per quelli che sono in programma. Non si tratta di “risparmi sulla spesa”. Si tratta dell’incapacità politica di trovare i soldi per l’istruzione, fondamentale nell’attuale società della conoscenza e per avere successo nella competizione internazionale in termini di sviluppo sociale ed economico, sottraendoli a quei farabutti che massicciamente evadono le tasse anche per un totale annuo corrispondente a oltre venti volte (il duemila per cento) il finanziamento tolto all’istruzione e quindi al personale docente ed Ata rimasto senza lavoro e quindi senza stipendio. Gridi, ministro Gelmini, e gridi sempre più forte (se la sostiene la voce e se al contempo ha il coraggio di farlo) contro chi, a sua insaputa o volendola taciturna, taglia sui finanziamenti alla scuola per non essere capace di tagliare le mani agli evasori. Gridi, ministro Gelmini, assieme alle parecchie decine di migliaia di precari della scuola rimasti senza lavoro e, se lo faranno compatti, insieme a tutti i dirigenti e a tutti gli iscritti delle organizzazioni sindacali della scuola. Non è mai tardi per farlo. La scuola, l’istruzione, la formazione, la ricerca, la didattica, la professionalità, se rese tutte eccellenti, sono la vera ricchezza del paese. Ad essa non è possibile, non è ammesso, non è consentito rinunciare.

Polibio
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