Gli inghippi della storia, Catone l'Uticense, le GaE e la bandiera degli ignavi
Data: Domenica, 01 maggio 2011 ore 11:15:00 CEST
Argomento: Redazione


“Or ti piaccia gradir la sua venuta: libertà va cercando, ch'è sì cara,  come sa chi per lei vita rifiuta.” Come si fa a spiegare un passo simile della Divina Commedia a scuola al tempo del gruppo parlamentare dei “Responsabili” pronti, dicono i giornali, all'imboscata contro il governo di centro destra qualora non venissero assegnate a qualcuno di  loro delle  poltrone ministeriali? Ma di più. Il futuro della Nazione, e quindi dei nostri figli e nipoti, è dipeso dall' on. Scillipoti che, con tutto il rispetto alla persona, senza qualità né eroiche né stoiche né di chiara marca culturale e politica (penso a Berlinguer o a Moro o Andreotti ecc.)  ha sovvertito il corso della storia e non solo di quella italiana, ma anche mondiale e forse pure cosmica: senza il suo voto infatti sarebbe caduto il governo Berlusconi, la Lega avrebbe smesso di gridare e forse ora non saremmo neanche in guerra e forse, forse....chissà?
Lui comunque passerà certamente negli annali della storia patria. In altri termini, il famoso merito e la preclara meritocrazia su cui la ministra Gelmini ha imbastito tutta la sua presunta politica scolastica si devono  scontrare con degli accadimenti politici nati, non già dalla asserzione catoniana della stoicità dell'ideale per il quale si è pronti a rifiutare la vita, né per l'impegno sull'altare del sacrifico e della passione morale kantiana, ma per una più prosaica poltrona governativa che se, fra l'altro,  non venisse assegnata si dirocca tutto: più del dolor poté il digiuno, diremmo ancora con Dante. Ma è dipeso pure da lui  (non me ne abbia l'on. Scillipoti né i suoi amici di cordata)  il pubblicando decreto sulle graduatorie a esaurimento, che riguarda il destino di migliaia di insegnanti e di famiglie,  e da lui pure consegue il nuovo piano finanziario di questo governo che continua da un lato a proclamare sacrifici e merito, pianti e rigore pubblico, e dall'altro a sbandare paurosamente sui saponi di una politica raffazzonata e autoritaria, come se le Leggi fossero fossi da saltare e non paletti e termini da seguire saggiamente per dare stabilità alla nave italiana nelle tempeste della disoccupazione e della recessione.
E l'autoritarismo non sta solo nel cercare di impiantare leggi ad hoc o di  saltare il fossato della costituzione, imbastendo  con circonlocuzioni   parlamentari  interpellanze perfino sui libri di adottare a scuola o su quale tipo di bavaglio imporre ai professori comunisti, ma si annida anche nel non dare ascolto ai suggerimenti dei sindacati e delle organizzazioni di categoria che stanno proponendo tante vie di uscita per dare stabilità all'istruzione, serenità di lavoro ai professori e un avvenire più certo alla formazione dei ragazzi.
A parte il fatto che con la rottura dell'Unità sindacale si è fatto un gradito regalo al governo, preferendo la trattativa spesso unilaterale e non la lotta per il diritto,  il Mir procede imperturbabile sulla sua strada come le testuggini spartane mietendo vittime incolpevoli al suo passaggio, le quali a loro volta non hanno altre armi se non quelle dei ricorsi alla giustizia amministrativa che però a sua volta è costosa, lenta e  faticosissima.

Molti commenti si sono protratti attorno a questo atteso decreto sulle Gae, che però lascia l'amaro in bocca a un manipolo di docenti i quali non vedranno riconosciuto il loro titolo abilitante per la solita, accanente, forte  chiusura del Mir, sordo ai suggerimenti dei sindacati e pure del buon senso e delle Leggi. Diceva Max Bruschi in una intervista che ci vorrebbe la spada di Alessandro per tagliare, e non sciogliere, il nodo gordiano dell'accesso all'insegnamento, riportando così tutta la procedura dell'immissione in ruolo sui tavoli del concorso rigoroso che azzererebbe tutto: dalle graduatorie ai punteggi ai titoli. E che potrebbe essere una soluzione, radicale, ma una soluzione. Sconcerta tuttavia che tale proposta non venga estesa anche nei confronti di chi detiene, nel Parlamento, i destini di mia nipote e dei nipoti dei miei amici senza avere né arte né parte, senza competenza né rigore morale e culturale e che si trova là solo per seguire una bandiera, una qualunque bandiera, come gli Ignavi nell'Inferno di Dante.

Pasquale Almirante
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