Investiamo sui professori se vogliamo una scuola migliore
Data: Domenica, 01 maggio 2011 ore 11:00:00 CEST Argomento: Rassegna stampa
Premessa: non
ho nulla contro la scuola privata - o privata paritaria, come è più
corretto definirla. E credo che si debbano ricercare soluzioni per
favorire la libertà delle famiglie nella scelta della scuola per i
propri figli, anche attraverso forme di deducibilità fiscale.
Detto questo, però, non credo affatto che la crescita della componente
paritaria sia un passaggio cruciale e urgente per risolvere i molti
problemi della scuola italiana e soprattutto per affrontare la sfida
più seria: migliorare la qualità degli apprendimenti, portando la quasi
totalità degli studenti a un livello tale da garantire loro una
prospettiva di lavoro interessante e una piena partecipazione alla vita
civile, e tale anche da fornire all’Italia un capitale umano
all’altezza delle proprie ambizioni nell’economia internazionale.
Come sappiamo sia dai risultati delle prove Invalsi sia dalle
rilevazioni internazionali, questo livello è ancora ben lontano
dall’essere raggiunto, sebbene gli ultimi risultati di Ocse-Pisa 2009
diano qualche segnale incoraggiante. Ciò avviene perché in Italia
permangono enormi divari territoriali nella qualità degli
apprendimenti, che penalizzano soprattutto - anche se non
indistintamente - le regioni del Sud, dove quasi uno studente su tre si
trova al di sotto del livello minimo accettabile: non ha, cioè, le
competenze che gli consentono «di partecipare efficacemente e
produttivamente al mondo reale».
Chi - come noi della Fondazione Agnelli - crede che il primo obiettivo
sia ridurre questi divari sa che un problema di questa portata non si
risolve attraverso la diffusione della scuola paritaria. Tanto più che
è difficile pensare che questa possa svilupparsi in modo significativo
nelle regioni oggi più svantaggiate, soprattutto al di fuori dei grandi
centri urbani. Si potrebbe obiettare che il capitale umano del Paese si
rafforza non solo facendo salire coloro che oggi stanno troppo in
basso, ma anche aumentando il numero di chi sta molto in alto, le
cosiddette eccellenze: anche lì, infatti, non vantiamo risultati troppo
lusinghieri. E questo potrebbe essere un mestiere proprio della scuola
privata, così come avviene in molti Paesi avanzati, a giudicare dalle
recenti statistiche dell’Ocse. Consentitemi di dubitarne. In primo
luogo, le ricerche internazionali dimostrano che equità ed eccellenza
non sono in opposizione, ma generalmente vanno insieme; lo vediamo
anche in alcune regioni italiane.
Inoltre, sappiamo che in Italia vi è una differenza significativa nei
risultati, a svantaggio delle scuole private, una volta che si sia
tenuto conto del retroterra familiare dei ragazzi. Infine, anche gli
approfondimenti condotti dalla Fondazione Agnelli nelle scuole
superiori in Piemonte e in Emilia-Romagna (altre regioni presto si
aggiungeranno) confermano che gli istituti paritari non brillano per il
contributo - o «valore aggiunto» - che danno alla qualità degli
apprendimenti. E ciò non riguarda solo i famigerati «diplomifici», ma
spesso anche istituti - laici o religiosi - di antica tradizione.
Considerando, infatti, le competenze di partenza, pure questi ultimi
fanno progredire in media i propri studenti meno dei migliori istituti
statali.
In conclusione, se in Italia vogliamo tanto ridurre il numero
insopportabile di studenti al di sotto di una soglia minima di
competenze quanto incrementare le eccellenze, la questione vera è come
reimpiegare bene e in modo selettivo le risorse che in questi anni si
sono risparmiate nella scuola statale (e magari, compatibilmente con i
vincoli di bilancio, trovarne di aggiuntive). Per noi, gli investimenti
nel reclutamento, nella carriera e nella formazione degli insegnanti
vengono al primo posto, seguiti da quelli per il consolidamento del
sistema di valutazione nazionale.
Tutto il resto, comprese le polemiche sugli istituti privati e gli
orientamenti politici degli insegnanti delle statali, è ideologia: un
lusso che l’Italia e la sua scuola oggi non possono più permettersi.
(da Lastampa.it Andrea Gavosto della Fondazione Agnelli)
redazione@aetnanet.org
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