Ai colleghi ''monaci e guerrieri'': risposta all’amico Francesco Tosto, dopo la lettura del suo articolo su Aetnanet.org
Data: Sabato, 30 aprile 2011 ore 15:05:54 CEST
Argomento: Redazione


Caro Francesco,
faccio a bell’apposta questa citazione del Gatto per dare – ma solo parziale- manforte al tuo ragionamento e alla critica che tu fai (http://www.aetnanet.org/catania-scuola-notizie-241402.html) riguardo al metodo di studio della Letteratura italiana che, in atto da tempo, ahimé, a tuo dire, si propone, e si propina, agli studenti nelle nostre scuole. Prendendo spunto dal libro di D. Rondoni  intitolato Contro la letteratura. Poeti e scrittori. Una strage quotidiana a scuola, Tu  ne condividi- così mi pare di aver capito- alcune tesi :1) che  bisogna ridimensionare l’importanza del contesto; esso non è indispensabile ai fini della conoscenza di un autore, e della sua opera; 2) che non bisogna confondere la storia della letteratura italiana con l’insegnamento della letteratura, semplicemente; essa deve essere un “atto libero ” che deve tenere desti gli alunni “…il disegno storico della letteratura a che serve ad un ragazzo se non si impara il gusto e lo scandalo della letteratura? ; 3) che la “scienza della lettura” toglie agli studenti il piacere della scoperta “dello stupore e del rischio”! ; 4), infine, che,  per cogliere la bellezza di un testo c’è di bisogno di “educatori seducenti, quasi attori, che sappiano leggere bene, che sappiano suscitare emozioni e trasmettere il fascino del bello e non il disagio della banalità”(sic!).
Leggere il testo del poeta solus ad solum, per lasciarsi andare al piacere del fantasticare e del sognare, attratti e  com-mossi dalla sola magia di sillabe e di suoni! Leggere, e gustare, il testo senza essere obbligati a sapere di contesti, di sequenze, di focalizzazioni, di opposizioni semantiche binarie, ternarie o quaternarie, di diegesi, di codici assiologici, di analessi, prolessi, di sistemi di rapporti spaziali, di autori impliciti, espliciti,di straniamenti estetici ; e ancora : di  isotopie, isometrie,  anisometrie, di valori semici delle metafore, di meccanismi costruttivi del testo poetico- iterazioni, equivalenze; di extratesti, di intertestualità, di  paronomasie consonanze assonanze, e così via!  Leggere per il piacere di leggere. Purtroppo, tutto questo a scuola –tu dici giustamente - non avviene! Agli studenti non è data codesta libertà di accostarsi al testo liberamente; di abbandonarsi al brivido fascinoso della scoperta  di ciò che è essenziale all’arte : la pura e semplice bellezza! Allo studente è richiesto, al contrario, di studiare la storia della Letteratura e di ripeterla passivamente, così com’ è stata già predisposta e confezionata dagli addetti ai lavori. Che fare? Ecco la ricetta che mi pare tu condivida :  finiamola, intanto, con questa mania di voler  contestualizzare” tutto ad ogni costo, e di assegnare , in conseguenza, agli studenti pagine e pagine e pagine  di Quadri di riferimenti - economici politici sociali culturali e quant’altro-, prima di arrivare allo studio diretto delle opere di un autore; finiamola  di vivisezionare i testi con esercizi di puro tecnicismo verbale; i professori, che siedono “dietro cattedre marroni e che ,“con sguardo opaco”, parlano di autori già “ ben confezionati dalle loro conoscenze consolidate, e per questo immobili, la smettano di annoiare gli studenti, e affaticarli, imponendo loro defatiganti mappature concettuali, test , questionari e domande di vero-falso ecc ecc,  A che servono? La Letteratura c’è un solo modo per salvarla: restituirle la libertà! Ognuno si gusti come vuole il proprio autore e si metta in gioco con lui;  perché a questo servono i classici e la letteratura e la poesia : ad aprire un dialogo dell’uomo con se stesso, su se stesso, di se stesso.             
Ora, caro Francesco, tutto ciò ha sicuramente una sua parte di verità; io sono in linea di massima d’accordo con te. Ho solo qualche perplessità che voglio sine ira et studio qui  esplicitare.  Pensi tu che da sola possa bastare l’ autonomia estetica?
Facciamo un esempio, tra i mille che si possono fare. Prendiamo la Divina commedia, testo polisemico per eccellenza. Lo si può comprendere  codesto testo in profondità - secondo te-  senza contestualizzarlo,  ignorando di confrontarlo con i modelli semiotici propri della cultura coeva, con l’insieme “di sistemi-modelli culturali di ampia e varia portata storica” che ne caratterizzano  la complessità? A me non pare.
Io credo che sia normale che il sistema letterario sia attraversato “dalle molteplici tensioni storiche che esprimono i valori di una data cultura”, per cui “le pressioni diacroniche esterne non possono non attivarne la diacronia interna, ecc. ecc.”(Marchese). Così, non trovo banale o anormale che la decodificazione globale di un testo sia  possibile solo grazie al ricorso ad un sistema esterno a quello letterario, per quanto veicolato attraverso le referenze testuali: il sistema economico-socio-politico culturale  ecc. ecc. Lo sappiamo: la cultura è un macrosistema comunicativo complesso, nel quale si possono specificare, come aree costitutive, numerosi sistemi ideologici ecc. ecc. Si sfiora qui il delicato problema fra la  specificità del discorso artistico e il  rapporto che esso intrattiene  con le forme di rappresentazione ideologica, con le pratiche economiche-sociali e politiche di classi e gruppi ben determinati ecc.ecc.
 E’ vero: dobbiamo salvare l’autonomia- per quanto è possibile- del sistema estetico da ogni “infeudazione brutalmente storicistica o sociologica”(Marchese), ma non si deve dimenticare- è sempre Marchese a sottolinearlo -  che un testo letterario presenta una “semantica a molti gradini” che struttura il senso secondo diversi livelli, attinenti a diversi valori culturali ecc.ecc.
 A me pare sostanzialmente corretta  la metodica di una interpretazione storica ( non storicistica) di un’opera d’arte e la sua collocazione nella dimensione socio-economica che la sottende.
Scrive Luperini. “L’interpretazione storica di un’opera d’arte significherà infine comprenderla globalmente, anche nella sua “originale sintesi linguistica. L’analisi delle strutture del linguaggio – sottolinea  Luperini-  può essere finalizzata ( al di là del tecnicismo sedicente neutrale degli attuali strutturalisti) alla ricerca della capacità espressiva e rappresentativa di quel nucleo di “contenuto” in cui consiste la realtà di quella forma di coscienza che è l’arte.”
 Ben venga una buona lettura, ma dopo ampia e approfondita  contestualizzazione! Altrimenti cadiamo in una lettura che si affida al soggettivo  “gusto”.
E de gustibus non disputandum!

                                                                                                            Con affetto , Nuccio Palumbo







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