Di Menna (Uil): precari, la nostra ricetta in 7 mosse
Data: Venerdì, 29 aprile 2011 ore 12:44:15 CEST Argomento: Rassegna stampa
È ormai del
tutto evidente che occorre trovare una soluzione al problema del
precariato nella scuola. Ma la discussione tutta incentrata sulle
graduatorie è di per sé fuorviante.
La scuola, il reclutamento del personale non possono trasformarsi in
una sorta di “graduatorificio” permanente, che genera ed amplifica
ansie, tensioni ormai oltre ogni misura tollerabile in tante persone
alle prese con punteggi da aggiornare, ricorsi e controricorsi, code
presso gli uffici scolastici provinciali, attese in pieno agosto per
una nomina che ogni anno termina ad agosto, per ripresentarsi a
settembre, e soprattutto con una grande incertezza. Si tratta di
migliaia di insegnanti e personale amministrativo, tecnico ed
ausiliario, che con il loro lavoro consentono il funzionamento della
scuola. C’è una sorta di tassa aggiuntiva per i precari che fanno
ricorso a master on line, studi legali, spostamenti di
residenza.
Il nostro punto di vista è quello di un sindacato, la Uil,
impegnato per porre fine a tutto questo, nel pieno rispetto delle
aspettative e del riconoscimento del lavoro, del tutto legittimi.
Sicuramente non è cosa facile, ma può aiutare il non ripercorrere gli
errori commessi da chi ha avuto responsabilità politica nelle decisioni
assunte. Proviamo a rispondere a poche semplici domande.
1. Da quanto tempo non vengono banditi
concorsi per il reclutamento?
2. Chi ha assicurato, da precario, la
copertura dei posti, per mancanza dei bandi, può essere “messo da
parte”?
3. Quanto tempo è passato dal blocco
delle SISS, senza aver attivato nessun percorso di formazione iniziale
legato alla disponibilità dei posti e non foriero di aspettative troppo
lunghe?
4. Perché non si sono stabilizzati
contemporaneamente organici ed incarichi a tempo indeterminato, o
pluriennali?
Tutto è andato nella direzione dell’instabilità. Occorre al contrario
ricondurre l’insieme delle scelte ai principi di continuità e stabilità
nell’attività didattica e nel lavoro.
Ci sono delle cose che andrebbero
fatte subito, nel nome della continuità e della stabilità.
1. Immissioni in ruolo su tutti i
posti vacanti in organico di diritto.
2. Concorsi per quelle discipline e in
quelle province dove sono esaurite le graduatorie.
3. Legare il decreto sulla formazione
iniziale a quello sul reclutamento, in coerenza con interventi
legislativi più ampi.
4. Stabilizzare gli organici
(pluriennali) e favorire stabilità con incarichi pluriennali (in fase
di organico di fatto).
5. Prevedere nella fase transitoria
della formazione iniziale e del reclutamento una riserva per chi ha
assicurato con 360 giorni di servizio il funzionamento.
6. Stabilizzare le graduatorie.
7. Garantire la continuità per 3 o 5
anni, evitando ogni anno la ridefinizione dell’organico.
Come si vede, ciò che serve è un’autorevolezza politica di governo del
sistema in grado di avere una coerenza di riferimento e di prendere
decisioni su aspetti che vanno gestiti nel loro insieme; in sostanza,
una vera politica scolastica anche nella gestione del personale.
Noi siamo impegnati per fare delle immissioni in ruolo una sorta di
“apripista” per affrontare e risolvere il problema in via strutturale.
È fuorviante ipotizzare decisioni
nord-contro-sud e viceversa. L’incertezza grava su tutto il
territorio nazionale, con punte più “calde” dove la disponibilità di
posti è maggiore e, per aspetti diversi, dove la carenza di lavoro è
pressante; come è davvero fuori luogo pensare al precariato come
terreno di scontro politico.
Sulla scuola servirebbe un’intesa che
prefiguri tempi che vadano oltre la legislatura. Ora sul precariato,
sulle immissioni in ruolo, c’è tutta una diretta responsabilità
dell’attuale Governo che può determinare un’inversione di tendenza.
Sulla gestione dei decreti attuativi, il ministro dovrebbe aprire un
confronto con i sindacati: è possibile individuare soluzioni di buon
senso, equilibrate e rispettose delle norme. Sicuramente far decidere,
in un clima di incertezze, confusione, agli studi legali, ai tribunali,
alle pressioni particolari di natura politica, non solo non aiuta a
risolvere ma amplifica gli effetti negativi del problema sociale.
La politica del giorno per giorno non aiuta. Il processo di
modernizzazione della scuola richiede di puntare sul valore aggiunto
della qualità e dell’impegno degli insegnanti. Precariato, incertezze,
tagli lineari rappresentano il contrario di tale esigenza. (di
Massimo Di Menna da Il Sussidiario.net)
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