Cittadini privi di sana e robusta costituzione a causa della diseducazione civica.
Data: Lunedì, 25 aprile 2011 ore 10:00:00 CEST Argomento: Redazione
Abbiamo un
meraviglioso articolo 1° nella Costituzione, la Carta fondamentale
dello Stato: “L'Italia è una Repubblica democratica, fondata sul
lavoro. La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme
e nei limiti della Costituzione”. Ma nei bar dello Sport, ai quattro
canti dei paesi, negli scompartimenti dei treni, nelle sale d’aspetto
del medico di base…i discorsi si rincorrono in fotocopia: la Repubblica
è delle banane (dicessero almeno del ficodindia!), la democrazia
assomiglia a una “democratura”, il lavoro è fondato sul precariato e il
popolo è senza sovranità. Insomma,
(secondo l’opinione pubblica) non godiamo più di una sana e robusta
costituzione. Nel febbraio 2009 il Cavaliere dixit: “La
Costituzione è filosovietica”.
Ed io mi chiedo ancora come hanno fatto 100 comunisti su 500
padri costituenti a far votare all’unanimità la Carta! Ma Lui continua
a smantellarLa a suo uso e consumo. Ogni giorno è “un abisso che
richiama un altro abisso” (Salmo 42,8). E andrà sempre peggio: dal
momento che, se prima nell’istruzione pubblica l’Educazione civica era
una Cenerentola, con la riforma “epocale” della Gelmini persino la
tanto sbandierata “Cittadinanza e Costituzione” è scomparsa, approdata
nell’isola che non c’è, dove prosperano le vane promesse e le
allettanti illusioni governative. Si vuole abolire dalle aule
scolastiche la conoscenza civica, la logica e il dibattito delle idee
per governare sull’ignoranza.
L’ultima beffa deriva dall’uso spropositato di due termini latini:
Referendum e Quorum. Il primo sta diventando sinonimo di mera
consultazione, il secondo è ridotto a un numero fisso.
1. Gli abitanti del Tevere assegnavano al modo “gerundio” un tempo
indefinito però con una connotazione e un significato preciso di
cogente necessità, obbligo e dovere. Sono arrivati i nuovi “bravi” del
governo del fare e stanno smantellando i diritti del popolo erede dei
latini: “Referendum non est, non s’ha da fare!”. Questa è una
contraddizione in termini, un ossimoro illogico e irrazionale, da
sottocultura. Dal verbo “Rèfero” nasce una famiglia di parole italiane.
C’è il referto dell’arbitro dopo un incontro, esiste il referto medico,
si fanno le relazioni scritte, e c’è il referendum popolare. Che si
esprime senza tanti paroloni e tecnicismo, ma con un sì o un no ad un
quesito. Si tratta di una vera e propria votazione elettorale come
previsto dall’articolo 48 della Costituzione: “Il voto è
personale ed eguale, libero e segreto. Il suo esercizio è dovere
civico”. E l’art. 75 impone: “È indetto referendum popolare per
deliberare l'abrogazione, totale o parziale, di una legge o di un atto
avente valore di legge, quando lo richiedono cinquecentomila elettori o
cinque Consigli regionali. (…)La proposta soggetta a referendum è
approvata se ha partecipato alla votazione la maggioranza degli aventi
diritto, e se è raggiunta la maggioranza dei voti validamente
espressi”.
2. Quorum è il genitivo plurale del pronome personale “relativo”,
riferito quindi a persone. Non può essere tradotto e ridotto ad un
numero. Il Quorum è diventato invece l’arma più sottile per
l’ostruzionismo e la presa per i fondelli della volontà popolare. I
referendum non abrogativi celebrati in Italia sono 4 e per questi non
era previsto il Quorum di validità. Al Referendum istituzionale del
1946 il popolo era chiamato a scegliere tra monarchia (10.718.502) e
repubblica (12.718.641) e votò l'89,1% degli aventi diritto. Nel
Referendum consultivo del 1989 sul Parlamento europeo si presentarono
l'80,7%. Il Referendum costituzionale del 2001 confermò (con la
partecipazione del 34,1%.) la modifica del Titolo V della Costituzione
votata esclusivamente dal centro-sinistra . Il Referendum
costituzionale del 2006 bocciò la modifica della Parte II della
Costituzione, votata dal centro destra. Si espressero il 53,6% degli
aventi diritto . I referendum abrogativi in Italia, dal 1974 ad oggi,
sono 62 di cui 24 non validi per non avere raggiunto il quorum. Al
quesito referendario abrogativo sul divorzio votarono l’87,7% degli
elettori. Mentre l’affluenza più bassa è stata del 25,3% sul
premio di maggioranza alle elezioni politiche. Il grafico della
partecipazione popolare ai referendum è in discesa costante dal 1995,
inizio dell’ era berlusconiana.
I referendum del 12 e 13 giugno prossimo, potrebbero essere cancellati
con un broglio politico e con un trucco mediatico. Luca Telese ne Il
Fatto Quotidiano (23 aprile 2011) scrive: “B. è presidente del
CONIGLIO! Ha paura, ha terrore del Referendum sul legittimo
impedimento, teme il giudizio degli elettori. Adesso il principale
nemico delle idee del berlusconismo é Berlusconi stesso. Ha abrogato
con un tratto di penna la trovata più importante della sua campagna
elettorale: il ritorno al nucleare. E’stato costretto a disinnescare il
più importante (nonché impopolare) dei suoi provvedimenti legislativi,
quello che puntava a trasformare anche l’acqua in un mercato
speculativo”. Il vecchio prof si ricorda che il Duce ebbe un
larghissimo consenso, ma tolse le libere votazioni per un Ventennio. E’
vero il detto: Vox populi, vox Dei. Solo che Dio è troppo silente
mentre il popolo è spesso costretto all’afasìa. L’unico che in Italia
parla troppo… racconta barzellette sconce. E ormai le statistiche e i
sondaggi (più o meno di parte) stanno sostituendo le schede elettorali.
L’art. 139, che chiude la Costituzione, sbarra la strada ad ogni
eventuale deriva istituzionale sia parlamentare che populistica
referendaria: “La forma repubblicana non può essere oggetto di
revisione costituzionale”. Con questo ultimo articolo, che sembra
limitare la libertà, c’è la difesa ad oltranza dei valori e dei diritti
democratici. La repubblica riguarda il bene comune e non si rivolge mai
ad personam.
Giovanni
Sicali
giovannisicali@gmail.com
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