I tagli e le gite scolastiche
Data: Sabato, 23 aprile 2011 ore 13:23:37 CEST Argomento: Rassegna stampa
La questione
del blocco dei viaggi di istruzione è trattata dai giornali, spesso, in
modo riduttivo, lascia spazio ad interpretazioni scorrette sulle reali
motivazioni dei docenti che, in numerose scuole della città e della
provincia, vi hanno fatto ricorso come «arma» estrema.
1) La motivazione prima non é la soppressione della diaria all'estero
né il rifiuto di assumersi la responsabilità della tutela dei minori.
Né tanto meno il rifiuto di sobbarcarsi lavoro aggiuntivo sempre
sommerso, mai riconosciuto. E la sospensione non riguarda solo i viaggi
all'estero, dove in effetti è stata eliminata la diaria, ma anche
quelli in Italia. In alcuni casi, sono stati esclusi dal blocco solo le
uscite giornaliere, gli stage linguistici o gli scambi culturali, in
quanto organizzati già da tempo o perché implicano rapporti con scuole
partner all'estero.
2) Questa è la motivazione reale: si è fatto ricorso al blocco delle
gite come mezzo per fare scalpore, suscitare reazioni, dibattiti,
sensibilizzare l'opinione pubblica sul problema della pseudo – riforma
della scuola. Si trattava di trovare uno strumento che permettesse di
muovere e fare leva su interessi economici. Che avesse un'efficacia
maggiore di altri, quali lo sciopero di un singolo giorno, che rischia
spesso di passare senza lasciare particolari strascichi.
3) Quello che molti docenti hanno voluto con forza mettere sotto i
riflettori sono le conseguenze estremamente negative di una pseudo
-riforma (della secondaria superiore, come ultimo atto) che non si ha
avuto la forza e la capacità di ostacolare: tagli all'impiego, calo del
numero classi e aumento degli studenti per classe, con problemi per la
sicurezza, sempre meno possibilità di attenzione al singolo studente,
di insegnamento individualizzato, di recupero. Fondi sempre più esigui
per corsi di sostegno pomeridiano, supplenze, acquisto attrezzature e
materiale di consumo, manutenzione. Nessun ammodernamento reale della
struttura della scuola, dei contenuti, nessun criterio didattico
-pedagogico applicato nel proporre un numero di materie eccessivo
rispetto al totale delle ore dedicate a ciascuna di esse. Si veda, per
fare un esempio, il biennio degli istituti tecnici ad indirizzo
economico.
4) Non si voleva la contrapposizione studenti – docenti e non è giusto
enfatizzare questo aspetto: i docenti spesso sono più dispiaciuti degli
studenti nel negare loro la possibilità di un'esperienza formativa
alternativa alla lezione in classe, e di grande valore educativo.
Guidare gli studenti a visitare luoghi che forse in alcuni casi
difficilmente rivedranno, stimolare in loro il gusto per l'arte, per il
patrimonio culturale e naturalistico, che la famiglia non sempre riesce
a suscitare, specialmente in una determinata fascia d'età,
accompagnarli per la prima volta all'estero per scambi o stage
linguistici, aiutandoli a mettere alla prova in modo 'protetto', con i
propri insegnanti e compagni, la propria capacità di adattamento e ad
affrontare la novità, per accrescerne l'autostima e l'autonomia in
vista della probabile necessità di ricercare lavoro o studiare in un
ambito internazionale. Tutto questo per un anno si è perso, e i primi a
rammaricarsene sono proprio i docenti.
5) Questa scelta è costata ai collegi docenti, ha visto confrontare e
discutere gli insegnanti, spesso su posizioni diverse per le ragioni
dette sopra.
6) Che altro strumento si offre per esprimere tutto il disagio, lo
scontento, la delusione per una riforma che altro non è che
disinvestimento economico, non innova niente, risparmia dove dovrebbe
impegnare risorse, ossia il futuro e le speranze dei giovani?
7) Se poi veramente questa protesta non ha effetti pratici, come
parrebbe di poter dedurre dall'intervista all'albergatore gardesano
riportata accanto all'articolo (è evidente che riguarda in realtà solo
i dati del Garda, ma perché compare proprio lì se non vuole suggerire
un'estensione della valutazione dell'efficacia del blocco?), vale la
pena di citare i dati forniti da un articolo comparso su la
Repubblica.it scuola il 10 febbraio 2011: «Lo sciopero delle gite si
sente, albergatori e agenzie di viaggio alzano l'allarme. I "viaggi
scolastici" muovono un milione e 300 mila studenti ogni anno e valgono
370 milioni di euro. Il calo dei fatturati, nel 2011, è valutabile
attorno al 35%: centotrenta milioni, un disastro in appendice alla
crisi strutturale. Agenzie di viaggio di Milano e Rimini si sono
offerte di pagare la diaria ai "prof": non è bastato. Ezio Moretti,
amministratore di Caravantours, racconta: "Oggi contiamo duecento
gruppi di studenti in meno e a fine maggio saranno ottocento. Una
perdita di 5 milioni di euro, un quinto del nostro fatturato. Abbiamo
provato a far capire ai sindacati che così si mette a rischio un
settore, niente. Abbiamo chiesto un intervento al ministro Brambilla,
neppure ci ha risposto. Lavoro da trent'anni con professori e studenti,
così male non è mai andata».
Marina
Fantini, insegnante (dal Giornale Bresciaoggi)
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