ADIDA: ecco le risposte dell'Europa in soccorso dei precari
Data: Venerdì, 22 aprile 2011 ore 21:00:00 CEST Argomento: Rassegna stampa
Si fanno
chiamare docenti invisibili. Sono i precari di III fascia, ovvero tutti
quei professori che fanno i professori senza avere nessuna abilitazione
(anche se, per legge, ne hanno pieni diritti). Per difenderli è
addirittura nata – nel novembre del 2009 – un ente legalmente
riconosciuto, l’Adida (Associazione docenti invisibili da abilitare).
Ora in loro soccorso è arrivata anche l’Europa, che rispondendo a un
quesito formulato da un legale italiano, ha confermato la
discriminazione che il decreto Gelmini attua nei confronti dei troppi
precari della scuola.
I PRECARI CONTRO LA RIFORMA. “Sono abilitati all’insegnamento tutti i
diplomati di Istituto Magistrale entro il 2002. Ciò è ribadito
chiaramente dal decreto interministeriale 10 marzo 1997, dal decreto
legge 297/1994 e dal dpr 323/1998. Ai sensi della direttiva europea
36/05 è abilitato alla professione chiunque abbia un titolo valido allo
svolgimento della stessa e almeno tre anni di esperienza lavorativa
alle spalle”. Così l’Adida motiva
le critiche fortissime al ministro e alle scelte del governo: “A
distanza di quattro anni, ancora si parla di precari non abilitati,
categoria di docenti che di fatto non esiste, perché sono tutti
abilitati, e si obbligano così 40mila persone – con l’emanazione del
decreto sulla formazione iniziale dei docenti – a seguire un vero
percorso a ostacoli al fine di conseguire un’abilitazione che di fatto
già dovrebbero avere”. Oltre al danno la beffa: “All’art. 15 comma 3
viene ribadito infatti che solo i titoli di cui al comma 1 manterranno
la validità per l’inserimento nella III fascia delle graduatorie
d’istituto, quelle dei non abilitati per intenderci, invalidando quindi
buona parte delle lauree e diplomi di tutti quei soggetti non inclusi
in tale definizione”.
LE RISPOSTE DELL’EUROPA. In soccorso dei precari, dicevamo, è arrivata
Bruxelles. La Commissione europea ha infatti chiesto a Roma di “porre
fine alle regole discriminanti in base alle quali gli insegnanti che
detengono qualifiche ottenute in Italia ricevono punti addizionali
all’atto di determinare la loro graduatoria nelle liste di riserva per
i posti di insegnamento”. Le regole attualmente in vigore vengono così
definite “discriminatorie poiché vanno entrambe a detrimento di
lavoratori di altri Stati membri”. L’Italia ha due mesi di tempo per
allineare alla normativa dell’Ue la legislazione che riguarda i due
ambiti in questione. In caso contrario, la Commissione può decidere di
deferirla alla Corte di giustizia.
GLI ULTIMI TAGLI. Come se non bastassero le ramanzine europee, ancora
una volta sarà la scuola a fare sacrifici per sanare il deficit
pubblico. Così almeno la pensa Giulio Tremonti: nel Documento di
economia e finanza approvato qualche giorno fa dal consiglio dei
ministri, infatti, sono in programma per il prossimo triennio
tagli di spesa per 35 miliardi di euro, e di questi 13 peseranno sul
sistema dell’istruzione. Ma c’è di più: è in dirittura d’arrivo
un’altra operazione da 8 miliardi di euro che entro quest’anno porterà
a un taglio di 135mila posti degli organici degli operatori scolastici.
Ma se, come ha ribadito di recente la Gelmini, non ci sarà nessun
taglio, come farà il ministro dell’Economia a recuperare quei 4
miliardi di euro all’anno di cui parla? “Non è ancora chiaro – commenta
il sindacalista della Cgil scuola Pippo Frisone – ma se non sono tagli
di organico, da qualche altra parte questi risparmi dovranno arrivare.
E allora forse non resterà che intervenire sugli stipendi degli
insegnanti, ribadendo il blocco degli aumenti di carriera”.
(da Adida)
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