La Pasqua una tradizione cristiana tradita dalla società postcristiana
Data: Mercoledì, 20 aprile 2011 ore 10:00:00 CEST
Argomento: Redazione


La Pasqua è densa di simboli tradizionali che ormai vanno perdendo il significato originario per colpa della nostra società post-cristiana e consumistica, che ha divorato l’identità dell’appartenenza a Cristo il cui regno “non è di questo mondo”. Riflettevo su tre simboli destinati ad essere insignificanti.
1. Non capisco oggi le uova di Pasqua. Costano tanto, le apro e vi trovo una “sorpresa” inanimata. Ai miei tempi, la nonna  illetterata, calcolava i 21 giorni della cova delle uova e ci faceva sbalordire con la “sua” magia.  Nel giorno della Risurrezione, veramente noi bambini facevamo: ohhhòooo, perché i pulcini rompevano il guscio proprio nel giorno di  Pasqua e zampettavano nei cortili polverosi. Che sorpresa! Che simbolo di vita! I libri danno ragione a nonna Raimonda. Le uova: rappresentano il freddo e triste sepolcro che viene spazzato via da Cristo che risorge e vince la morte.
1. Colonie di colombe hanno riempito le nostre città senza pace ; hanno smesso di portare ramoscelli del pacifico ulivo per la fine del diluvio; vanno da sole dietro i colori dell’arcobaleno. La colomba di Noè simboleggiava l'inizio di una nuova vita, di un altro patto di alleanza pacifica.  40 furono i giorni dell’arca e 40 circa sono le guerre presenti al mondo. Però in questi giorni abbiamo una invasione di colombe, uscite dai forni delle pasticcerie e sdraiate sugli scaffali di cartone dei supermercati con un codice a barre e finite sulle nostre tavole troppo imbandite.
2. Non vado pazzo per il pasto dell’agnello forse perché, da universitario,  ho mangiato tanto abbacchio nella capitale. Da secoli l’agnello ha un significato sacrificale, oltre che di innocenza e candore. Ma sono anni che cerco in tutte le pasticcerie di Sicilia l’agnello di marzapane come si faceva per tradizione, rispettando la visione dell’Apocalisse:" L'Agnello che fu immolato è degno di ricevere potenza e ricchezza, sapienza e forza, onore, gloria e benedizione". L’agnello è degno di prendere il libro e di aprirne i sette sigilli. E quando  aprì il settimo sigillo, si fece silenzio in cielo per circa mezz'ora (capitoli 5-8). Ormai a richiesta del consumismo, i dolcieri, preparano l’agnello di pasta reale ma non più bianco immacolato (come nel rito della pasqua ebraico-cristiana). E quel che è peggio nessuno propone la tradizione dell’agnello che sovrasta e custodisce il libro della Rivelazione e ne apre i 7 sigilli.
Roberto Tripodi, presidente dell’Asasi, intervistando Gesù gli chiede: “Sei d’accordo sull’affissione dei crocefissi alle pareti delle aule scolastiche?” E l’Agnello, Colomba e Pulcino risponde: “Francamente non sono d’accordo: non mi va di essere definito un arredo o un simbolo passivo”. Occorre davvero tornare alla radice, al messaggio autentico del libro sacro, alla tradizione ancorata sul messaggio da seguire. Basta umanità crocifissa! I cristiani dovrebbero andare oltre la sconfitta della croce  e proporre la vittoria della Pasqua, che è vita!
Da molti anni non do compiti per casa, specie per vacanze “cattoliche” di Natale e Pasqua. Preferisco assegnare “inquietudine”, voglia di ricerca, sentimento e passione per lo studio e la cultura. Evito di dire: “Da pagina tale a pagina quale”. Addirittura consiglio di non comprare libri… ma leggerli, perché gli scaffali delle biblioteche (anche a casa) sono piene di libri che aspettano di parlare. Ultimamente però, obbligo tutta la classe a leggere, a casa, un libro a mia scelta. Gli studenti della prima A dovranno leggere tutto il Vangelo di Giovanni. Non a spezzatino come nelle messe domenicali, ma di seguito come un racconto lungo. Non per motivi di fede ma come letteratura, come narrativa. Il quarto vangelo è il più complesso e simbolico, il più pindarico e profondo. Si legge dall’alto, con ali di aquila. E mi accorgo che ci sono anch’io dentro la storia: sono Pilato e la serva impicciona; sono Barabba e l’Ecce Homo; la moglie di Pilato e le Marie; la gente osannante e reclamante; Simone di Cirene; Pietro e Giuda; il buono e il cattivo ladrone; sono il centurione e le pie donne; Giuseppe d’Arimatea.  Sono un mosaico di volti, un caleidoscopio cangiante e mi specchio nella mia misteriosa identità mentre mi chiedo: passata la Pasqua, che fine fanno le palme benedette e gli ulivi di pace?
Postscriptum. Quando sono venuto alla luce, era Pasqua. Mia nonna non riuscì a non farmi mettere come terzo nome: Pasquale. Perché in Sicilia è sinonimo di “minus habens”.

Giovanni Sicali
giovannisicali@gmail.com






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