Unicobas: scioperi no invalsi appello agli insegnanti, alle famiglie ed agli studenti. Appello a cgil e cobas
Data: Martedì, 19 aprile 2011 ore 07:06:30 CEST
Argomento: Sindacati


Ormai sappiamo come vengono usate dal Miur le prove Invalsi. La superficialità ed il nozionismo di origine anglo-sassone, l'inadeguatezza dei test ai programmi ed alla metodologia italiana, l'unificazione dei risultati con quelli delle scuole private (che, da sole, ci fanno perdere venti posti nelle comparazioni con l'estero), tutto ciò serve a dimostrare il presunto "sfascio" della scuola pubblica. La propaganda di qualche editorialista "laudator temporis acti", spiana poi la strada al sistema de-meritocratico della Gelmini e di Brunetta, onde poter commissariare la scuola persino nella scelta dei libri di testo (selezionati magari dall'ex ballerina Carlucci, oggi "Onorevole"). Per imporci infine quei "super-ispettori" dei quali parla il Ministro, comandati a decidere sulla busta paga dei docenti.
Con la macchina ispettiva (peraltro oggi completamente latitante) ed il "bipartizan" Indire, l'Invalsi è uno dei tre pilastri pensati per "disciplinare" la scuola e traghettarla verso il sistema retributivo "a fasce". Per la burocrazia ministeriale (e sindacal-concertativa), almeno il 25% degli insegnanti sarebbero "fannulloni" (da pagare meno ancora del, già imposto, più basso salario europeo e mettere alla gogna su internet) ed il 75% non "meritevoli". Questo è il senso dell'accordo sottoscritto da CISL, UIL, CONFSAL (SNALS) e UGL il 4 febbraio scorso, che copia pedissequamente l'apposita bozza di decreto del Presidente del Consiglio redatta due giorni prima (ancora "sospesa").
L'idea è quella di utilizzare le prove per fornire parvenza di "oggettività" ad un'omologazione dall'alto, affiancando forme di valutazione del tutto pretestuose, autoritarie e discrezionali. Quando studiosi del calibro di Giorgio Israel (che ha collaborato sia con Fioroni che con la Gelmini nel Comitato tecnico-Scientifico "per l'elaborazione delle linee strategiche relative alla costruzione di un sistema nazionale di valutazione") ne dichiarano apertamente l'inapplicabilità. "Per quel che riguarda i compiti dell'Invalsi - scrive Israel - ritengo che esso debba restare rigorosamente fuori da una valutazione dei docenti".
Il metodo stesso di rilevazione, copiato dagli standard formativi dismessi da USA e Canada, perché responsabili di un'omologazione in basso delle competenze degli alunni, è giudicato improprio: "Il processo di valutazione deve essere inteso come un processo culturale e non come un processo manageriale ... esso è totalmente inadeguato in un sistema i cui contenuti sono culturali, non misurabili, non passibili di una definizione oggettiva affidabile alla gestione di 'esperti' esterni" (G. Israel). Tutto ciò deriva dalla vulgata della logica privatistica come panacea di tutti i mali, da quando venne imposta una "carta dei servizi" che definiva lo studente quale "cliente". Per Israel non è che il residuo "di un'idea banalmente sbagliata e cioè che la scuola sia un'azienda fornitrice di beni e servizi e che studenti e famiglie siano l'utenza".
Le prove Invalsi sono anche centralistiche. A fronte di un'incongrua regionalizzazione, che si vorrebbe utilizzare per imporre l'uso del dialetto "lumbard" e costruire avamposti della delirante "scuola nazionale padana", i test non tengono nel minimo conto i differenti POF della scuola dell'autonomia e sono addirittura uguali da Canicattì a Bolzano!
Il carrozzone Invalsi (l'ex Cede di quel Vertecchi che scrisse i quiz per il concorsone di Berlinguer), passato nelle mani di Bertagna e di altri "vati" del centro-destra, gode di cospicui finanziamenti, una parte dei quali erogati anche in funzione della somministrazione e della correzione delle schede. Un carico aggiuntivo gratis et amore dei che si cerca d'imporre ai docenti senza che ve ne sia traccia nel contratto nazionale e quando persino gli inventori delle prove (peraltro le più facilmente copiabili in assoluto) sostengono da anni che non solo non dovrebbero coinvolgere il team di classe, ma neppure alcun docente dell'istituto al quale sono proposte. Il metodo Invalsi nasce dall'assoluta sfiducia del "Palazzo" e di certa "Accademia" - che, visto come si colloca a livello internazionale, farebbe meglio a guardare in casa propria - nelle capacità valutative degli insegnanti italiani. Ma si contrappone con arroganza persino al sistema di rilevazione adottato da decenni dall'OCSE, mirato, invece che al nozionismo, alla verifica delle competenze, e che colloca ad esempio la scuola Primaria italiana, da trent'anni, fra il primo ed il quinto posto nel mondo. Farebbero tutti meglio a rileggersi l'art. 33 della Costituzione sulla libertà d'insegnamento, nonché le attribuzioni dei Collegi Docenti, unici ad aver titolo a decidere in materia di didattica e valutazione. In realtà le tante delibere approvate nelle scuole contro le prove Invalsi dovrebbero venire considerate cogenti dal Ministero e dai dirigenti scolastici.
Ma la battaglia è sentita e combattuta anche dagli studenti e dalle famiglie, col netto rifiuto della vergognosa scheda sugli alunni che, se spinge a giudizi sommari e discriminatori su attitudini e personalità, attua persino una rilevazione di censo, istituendo così una sorta di inaccettabile schedatura. Non è altro che la riedizione sotto mentite spoglie del tristemente famoso portfolio di morattiana memoria (insieme al tutor, a suo tempo già rispedito al mittente dai Collegi dei Docenti), preteso dalla parte più retriva del padronato italiano. Un documento che doveva seguire l'individuo per tutta la vita, segnalandone ovviamente le eventuali, "pericolose" propensioni critiche. Oggi siamo alle valutazioni a quiz in stile televisivo che registrano prevalentemente attitudini meramente esecutive e monoprofessionalistiche. I test Invalsi sono il completamento della scuola minimalista prodotta dalla controriforma Gelmini. Valutazioni che ben si addicono, ad esempio, ad un Liceo Scientifico senza il latino, il quale, a proposito di destra e sinistra, starà facendo rigirare nella tomba persino Gentile.
Respingere le prove Invalsi, questa è la strada da seguire. La Secondaria Superiore, appena investita del problema, le sta rifiutando in massa. Qui, in assenza del decreto attuativo, le prove non possono in alcun modo essere spacciate per obbligatorie.
Per ciò che attiene agli altri ordini e gradi di scuola, a scanso di equivoci, l'Unicobas ha proclamato due scioperi. Il 12 maggio, per le Medie (data "clou" per la somministrazione dei test), lo sciopero dell'ultima ora: tanto basta perché le prove non vengano completate. La protesta culmina venerdì 13 maggio (giorno della Primaria) con lo sciopero dell'intera giornata. Qui confluirà la protesta di tutto il mondo della Scuola (docenti ed Ata, di ruolo e non, dell'istruzione pubblica di ogni ordine e grado) con una grande manifestazione nazionale a Roma.
Invitiamo la Cgil ed i Cobas a costruire insieme queste scadenze, se vogliono passare dalle parole ai fatti. Occorre infatti il massimo dell'unità e della capacità contundente. All'organizzazione della Camusso ricordiamo che, a causa degli iniqui pronunciamenti della Commissione di Garanzia sulla "rarefazione oggettiva" (che la Cgil ha accettato e noi continuiamo a non approvare), vista la precedenza delle nostre iniziative, probabilmente non potrà estendere alla scuola lo sciopero generale del 6 maggio. Ai Cobas suggeriamo di uscire dal settarismo che traspare dalle posizioni di Bernocchi, il quale, intervistato da "La Tecnica della scuola", ha suggerito ai docenti di rimanere a scuola nei giorni dell'Invalsi solo perché è arrivato tardi a proclamare lo sciopero. Dai tempi di Esopo sappiamo che non è con la logica de "La volpe e l'uva" che si ripara agli errori. E qui c'è in gioco molto di più delle gelosie di una sigla: lo sciopero del resto è di tutti.
La campagna contro un'impropria valutazione degli alunni (che peraltro prelude ad altrettanto impropria valutazione degli insegnanti) è un dovere morale al quale i sindacati che hanno a cuore la scuola pubblica non possono sottrarsi. Da parte nostra siamo pronti ad una gestione assolutamente paritetica, con assemblee comuni nelle scuole da qui alla metà di maggio ed infine un corteo che dovrà essere unitario anche con gli studenti ed i genitori.
Stefano d'Errico
Segretario nazionale Unicobas Scuola
unicobas.rm@tiscali.it






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