Insegnamento a scuola del dialetto siciliano la proposta di legge spacca scrittori e intellettuali
Data: Giovedì, 14 aprile 2011 ore 18:00:00 CEST
Argomento: Rassegna stampa


Andrea Camilleri: “Sarebbe deleterio legiferare l’obbligatorietà del dialetto”
Favorevoli e contrari. Così l’intellighenzia siciliana si divide sulla proposta di legge che prevede per due ore a settimana “la valorizzazione e l’insegnamento della storia, della letteratura e della lingua siciliane nelle scuole di ogni ordine e grado”. L’iniziativa di legge è dell’onorevole Nicola D’Agostino del Movimento per le Autonomie della Sicilia ed è stata approvata dalla commissione Cultura del parlamento Regionale. Una proposta  che ha scatenato le ire degli esponenti più illustri del mondo culturale siciliano. Andrea Camilleri , il celebre scrittore noto al grande pubblico per la pubblicazione dei suoi romanzi in siciliano e ambientati nell’isola della Trinacria, è cauto davanti all’iniziativa di legge e fa una frenata contro la Lega: “Se rimane entro certi limiti e non asseconda istinti leghisti, va bene.        
 Per essere chiari, sarebbe deleterio legiferare l’obbligatorietà del dialetto. Abbiamo una lingua, l’italiano, che al 90 per cento è stata l’artefice dell’unificazione del Paese, e dobbiamo salvaguardarla. I dialetti sono una grande risorsa per la lingua madre e tali devono restare. Esistono solo perché c’è un idioma condiviso da tutti. Ad esempio, invece di saccheggiare le lingue straniere, basti vedere l’abuso di anglismi oggigiorno, potremmo attingere ai nostri dialetti per innervare l’italiano e per salvare la nostra memoria. Ed è quello che io faccio nei miei romanzi”. Una posizione che è nella sostanza vicina a quella del prof. Ugo Vignuzzi, docente di dialettologia all’Università La Sapienza di Roma, che in una recente intervista sull’insegnamento dei dialetti nelle scuole aveva dichiarato a Reporternuovo: “Sono contrarissimo all’insegnamento dei dialetti, in quanto il dialetto è qualcosa di fluido. Se noi lo insegniamo corriamo due rischi: il primo è di ucciderlo. Tutto quello che fa la scuola dà fastidio ai ragazzi: se c’ è un testo che è bellissimo da leggere sono i “Promessi Sposi, che il 99 per cento degli italiani odia proprio per averlo dovuto studiare a scuola”.
Il noto scrittore siciliano Vincenzo Consolo,  da sempre ispirato alla sua terra d’origine per la sua produzione narrativa e il cui stile linguistico è il risultato di una continua ricerca nel lessico dell’italiano antico e nel dialetto siciliano, si è detto profondamente contrario all’iniziativa di D’Agostino e teme una regressione leghista: “Ormai siamo alla stupidità. Una bella regressione sulla scia dei lumbard. Che senso hanno i regionalismi e i localismi in un quadro politico e sociale già abbastanza sfilacciato? Abbiamo una grande lingua, l’italiano, che tra l’altro è nata in Sicilia: perché avvizzirci sui dialetti? Io sono per la lingua italiana, quella che ci hanno insegnato i nostri grandi scrittori, e tutto ciò che tende a sminuirla mi preoccupa”.
Il professor Giovanni Ruffino, docente alla facoltà di Lettere a Palermo di linguistica italiana  e autore di diversi saggi sull’argomento, esprime dubbi sulle modalità con cui l’iniziativa parlamentare siciliana è andata avanti e il suo disappunto ai promotori della legge per non aver consultato gli specialisti del settore: “Chi hanno consultato gli estensori della legge? Non mi risulta che abbiano coinvolto gli specialisti o il mondo della scuola, il che non depone certo a loro favore. Le problematiche linguistiche e scolastiche non si possono affrontare a cuor leggero. E allora, bene l’iniziativa, ma a patto che ora si proceda con gli strumenti della scientificità. Negli anni Ottanta una legge che introduceva lo studio della cultura e della lingua siciliana nelle scuole durò cinque anni, poi non venne rifinanziata e cadde nel vuoto. La nuova norma potrà funzionare se i docenti verranno formati adeguatamente e se il ‘siciliano’ non verrà relegato in una nicchia”. Per il prof. Ruffino infatti: “Lo studio del dialetto e della nostra identità deve attraversare ogni disciplina, deve coinvolgere, oltre alla storia e alla lingua, anche le scienze e il resto” .
Seppure in minoranza Enzo Sellerio, fondatore insieme alla moglie Elvira della più nota casa editrice siciliana, fa sentire la sua voce: “Mi sembra una cosa giusta. Il dialetto e l’approfondimento della nostra storia sono un argine al dissolvimento della memoria. Abbiamo bisogno di tramandare quel che siamo stati e siamo. A patto però di non dimenticare che la Sicilia è parte di un contesto più ampio e, soprattutto, che questo insegnamento non sia a scapito della lingua e della storia d’Italia”.
Il promotore della legge Nicola D’Agostino è fiducioso che la legge venga approvata entro l’estate per diversi motivi: perchè non comporta nessun aggiunta di spese, perchè  in aula  c’è  una “convergenza trasversale” sul tema e perchè la Sicilia potrebbe usufruire del 20 per cento del monte ore scolastico che la legge Moratti prevede per l’autonomia didattica dei vari istituti. “Questa legge -  spiega l’onorevole D’Agostino -  ci consentirà di conoscere meglio la Sicilia, la sua lingua e di approfondire alcuni aspetti controversi della nostra storia. La storia, a cominciare dall’Unità d’Italia, non è come ce l’hanno raccontata, ed è giusto quindi agire per riappropriarci di quel che ci spetta”.
E a chi lo accusa di alimentare “revisionismo storico pernicioso, stile lumbard” replica: “ Con questa iniziativa, si vogliono salvare quei sentimenti e quella storia: spesso dimenticati nei libri di testo ufficiali e nazionali e che hanno dato un contributo unificante a questo Paese. Crediamo che ‘in un quadro politico e sociale sfilacciato’, l’Italia debba ripartire dalla consapevolezza dei suoi grandi racconti ‘unitari’, come quello siciliano. Non si tratta di una iniziativa propagandistica o folcloristica, le intenzioni sono più serie di quello che si può pensare”.
Il dibattito sul tema dell’insegnamento del dialetto nelle scuole è antico e ampio, coinvolge tutto il Paese e le miriadi di  realtà locali di cui è fatto. E’ stato sempre rinnovato e rinverdito e  sicuro anche per questa occasione avremo modo di continuare a parlarne.     (da http://www.reporternuovo.it/2)

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