Galimberti spiega perché ''e' più facile maneggiare idee''...
Data: Mercoledì, 13 aprile 2011 ore 15:46:40 CEST
Argomento: Rassegna stampa


"Sì, ma la ragione è che probabilmente il mondo della vita mi ha sempre fatto più paura del mondo delle idee. Lo ripeto: è più facile maneggiare idee che parlare con gli uomini". Parola di Umberto Galimberti, che si racconta a tutto campo nel libro-intervista "Il viandante della filosofia" (Aliberti, in uscita domani). Proprio in questi giorni, i presunti copia-incolla del filosofo, raccontati nel libro-inchiesta "Umberto Galimberti e la mistificazione intellettuale" (firmato da Francesco Bucci e in uscita per Coniglio Editore), hanno spinto il Rettore dell'università Ca' Foscari ad aprire un'indagine...( da Affari Italiani)

Quando si dice le coincidenze... Proprio mentre i presunti copia-incolla del filosofo Galimberti, raccontati nel libro-inchiesta "Umberto Galimberti e la mistificazione intellettuale" (firmato da Francesco Bucci e in uscita per Coniglio Editore - vedi in fondo, ndr), hanno spinto il  Rettore dell'università Ca' Foscari ad aprire un'indagine, domani arriva in libreria per Aliberti il libro-intervista "Il viandante della filosofia", scritto a quattro mani dallo stesso Umberto Galimberti  e da Marco Alloni. Nel quale, tra le altre cose, Galimberti dice: "La filosofia deve essere il luogo dell’inquietudine, cosa ben diversa, naturalmente, dal luogo delle risposte rassicuranti". E ancora: "Oggi, in un contesto governato dalla tecnica, dove la natura non è più un ordine immutabile ma è diventata manipolabile in ogni suo aspetto, l’unica cosa che serve è un’etica del viandante". E poi: "Il cristianesimo continuerà a improntare la mentalità occidentale nella forma psicologica della speranza: nel senso che siamo tutti cristiani, anche gli atei, anche i miscredenti! E nel momento in cui guardiamo al futuro come a una promessa o forma di riscatto, siamo tutti inscritti in questa logica della cristianità".
Nell'ultimo capitolo, il più "intimo" (che Affaritaliani.it pubblica in anteprima - vedi box in alto a destra, ndr), Galimberti risponde così alla domanda "Però in tutti questi anni ha comunque continuato a scrivere": "Sì, ma la ragione è che probabilmente il mondo della vita mi ha sempre fatto più paura del mondo delle idee. Lo ripeto: è più facile maneggiare idee che parlare con gli uomini". Meglio precisare: il filosofo non si riferisce alle accuse sui presunti copia-incolla. Ma al fatto che, non essendo (a suo dire) un "narcisista", fa fatica a parlare alle "masse" durante le conferenze... Sempre nell'ultimo capitolo, dal titolo "È più facile maneggiare idee. Perdita del testimone, passato e futuro", Galimberti parla anche della perdita della moglie. E, tra le altre cose, afferma: "Severino, tempo fa, dopo che gli era morta la moglie, mi disse: «Adesso finisco l’ultimo libro e poi me ne vado anche io». Lo capisco benissimo. Perché si ha proprio questa sensazione di aver perso il testimone della propria vita, quasi che la vita potesse accadere soltanto sotto quello sguardo. In quella circostanza ho capito anche che cosa voglia dire Dio: non nel senso della speranza o dell’eternità, ma proprio per questo fatto di vivere sotto lo sguardo di qualcuno. In definitiva è la «disperazione» di Pascal, quel guardare il cielo e constatare che l’immenso universo e quegli astri lassù «non ti conoscono». L’indifferenza della terra, che è il residuato di quando se ne va il tuo testimone".
I PARTICOLARI SUL LIBRO - In Galimberti l’eredità della grecità si trasforma in una maieutica moderna, e coincide con la presa di coscienza della fine della metafisica e dell’avvento del nichilismo. In questo proibitivo compito – presentare le modalità di convivenza con la disperazione – Galimberti  suggerisce non una retorica del disincanto, bensì le chiavi di resistenza nei confini dell’instabilità e della perdita, ormai interamente dominati dalla tecnica. E il valore paradigmatico ed esemplare di tale insegnamento è nel noma-dismo morale come presupposto alla sfida del nichilismo.  Argomentata analisi degli strumenti che nei secoli la filosofia ha offerto all’uomo, l’opera di Galimberti è dunque una tangibile risorsa intellettuale ed esis-tenziale nel baratro dell’assurdo. Questo piccolo libro è un percorso tra le ragioni che rendono la filosofia un’insostituibile compagna di ricerca non già delle ragioni ultime ma, nemmeno troppo paradossalmente, della ricerca come ragione ultima.
GLI AUTORI - Umberto Galimberti (1942) è filosofo e psicoanalista, formatosi attraverso il pensiero di Jaspers, Severino, Heidegger. Insegna all’Università Ca’ Foscari di Venezia, è membro dell’International Association for Analytical Psychology e vicepresidente di Phronesis, associazione italiana per la consulenza filosofica. Cura la rubrica epistolare di «D di Repubblica». Ha alle spalle numerose pubblicazioni di successo, tra cui Il corpo (1983), Paesaggi dell’anima (1996), Orme del sacro (2000), L'ospite inquietante. Il nichilismo e i giovani (2007), I miti del nostro tempo (2009). Marco Alloni (1967) vive al Cairo da quattordici anni, dove lavora come scrittore e giornalista. Ha pubblicato il romanzo La luna nella Senna (1990) e il saggio Lettere sull’ambizione (2005). È direttore della collana Dialoghi per Aliberti editore.
IN USCITA PER CONIGLIO EDITORE L'INCHIESTA SUI PRESUNTI COPIA-INCOLLA DEL FILOSOFO...
Un libro che farà discutere. Anzi, che ha già scatenato feroci polemiche prima della sua uscita. Non a caso Umberto Galimberti è uno dei più noti intellettuali italiani.  In "Umberto Galimberti e la mistificazione intellettuale" Francesco Bucci passa in rassegna le opere dello scrittore, sostenendo che tutti i suoi libri (e gran parte degli articoli) sono costruiti assemblando "materiali" tratti da scritti precedenti. Un caso clamoroso di taglia e incolla. Infatti, nessuno dei suoi lettori (centinaia di migliaia), così come nessuno degli editori e dei recensori dei suoi libri si è mai accorto del suo incredibile segreto: tutti i libri (e gran parte degli articoli) sono costruiti assemblando “materiali” tratti dai suoi scritti precedenti. In due tra i libri di maggior successo il “riuso” ha raggiunto livelli parossistici: oltre l’80% ne “La casa di psiche” (2005) e quasi il 100% ne “L’ospite inquietante” (2007).

Questo libro evidenzia l’autocitazione e la mistificazione, sottolineando anche che assai spesso i materiali utilizzati provengono da scritti non solo eterogenei tra loro, ma anche tematicamente diversi da quelli in cui vengono “innestati”: con quali conseguenze sulla sensatezza dei testi così costruiti è facile immaginare.


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