Statali, Tfr meno ricco e prelievo sullo stipendio
Data: Martedì, 12 aprile 2011 ore 23:55:00 CEST Argomento: Rassegna stampa
Immaginiamo
due lavoratori, diciamo due impiegati. Hanno mansioni simili e
retribuzioni praticamente uguali. La differenza è che il primo lavora
in un’azienda privata, il secondo in un ufficio pubblico. Da quest’anno
hanno anche un’altra cosa in comune: la loro liquidazione viene
calcolata teoricamente con lo stesso sistema, quello del Tfr
(trattamento di fine rapporto) regolato dall’articolo 2120 del codice
civile. Beh, in realtà il sistema non è proprio lo stesso, e i due
lavoratori in questione (soprattutto il secondo) se ne possono
accorgere facilmente con un’occhiata al cedolino dello stipendio.
Quello privato, spulciando bene, potrà constatare che il suo datore di
lavoro ha effettuato il dovuto versamento ai fini del Tfr. L’altro, il
dipendente pubblico, noterà invece una antipatica trattenuta a proprio
carico denominata «Opera di previdenza». Il prelievo, pari al 2 per
cento della retribuzione, alimentava la vecchia indennità di
buonuscita, meccanismo diverso dal Tfr e tendenzialmente più favorevole
per il lavoratore. Proprio il meccanismo che dal gennaio 2011 è stato
cancellato.
Quindi, riassumendo: prima c’era nel pubblico la prospettiva di un
sistema di liquidazione più generoso, pagato anche dal dipendente con
un contributo di tasca propria pari in media a 30-40 euro al mese; ora
c’è un trattamento sulla carta uguale a quello in vigore nel settore
privato, ma il contributo è rimasto al suo posto. Dal punto di vista
degli interessati ce n’è abbastanza per irritarsi e - secondo qualcuno
- anche per rivolgersi a un tribunale. Tanto più che nella fase
applicativa - come vedremo - è emersa una ulteriore disparità di
trattamento tra i nostri due impiegati.
L’intervento sulle liquidazioni fa parte del pacchetto di sacrifici
richiesti ai dipendenti pubblici con la manovra della scorsa estate,
entrata in vigore a gennaio 2011. Dentro c’erano la sospensione dei
rinnovi contrattuali, il congelamento dello stipendio ai livelli
nominali dello scorso anno, con conseguente eliminazione degli aumenti
personali che sarebbero potuti scattare per diversi motivi, e due
interventi in tema di buonuscita: il primo per rateizzarne il
pagamento, con un meccanismo legato al livello di reddito, il secondo
che prevedeva appunto la trasformazione in Tfr per la quota maturata
dal 2011 in poi.
Dunque i lavoratori pubblici che andranno in pensione nei prossimi anni
avranno la liquidazione calcolata in due quote distinte. La prima con
il vecchio sistema che prevedeva una base di calcolo pari all’80 per
cento dello stipendio e l’ancoraggio alla retribuzione dell’ultimo anno
di servizio (su questo 80 per cento viene prelevato la trattenuta del
2,5 per cento, che quindi diventa del 2 per cento sul totale). La
seconda quota, con riferimento alle retribuzioni percepite dal 2011 in
poi, è invece determinata con il meccanismo previsto dal codice civile
per il Tfr: accantonamenti annuali pari al 6,91 per cento dello
stipendio rivalutati sulla base di un tasso di capitalizzazione pari
all’1,5 per cento più lo 0,75 per cento del tasso annuo di inflazione.
Chiaramente per chi lascerà il servizio nei prossimi mesi l’effetto
sarà quasi nullo, mentre per coloro che hanno ancora molti anni di
lavoro davanti il metodo di calcolo meno vantaggioso si farà sentire
sulla seconda quota.
Della voce “Opera di previdenza” la legge non parla; ma se ne è
occupata qualche mese dopo l’Inpdap nella sua circolare applicativa,
precisando che siccome il governo aveva introdotto il regime Tfr, senza
però cambiare nome alla vecchia buonuscita, questa dovrà essere
finanziata ancora con la precedente modalità, che prevede il contributo
del datore di lavoro e anche quello a carico del lavoratore. Ma c’è di
più: lo stesso istituto previdenziale pubblico ha poi precisato che
anche la base retributiva ai fini della prestazione dovrebbe rimanere
quella vecchia (dunque l’80 per cento invece del totale), introducendo
un ulteriore elemento di disparità con i dipendenti privati.
Per completare il quadro, va ricordato che i lavoratori pubblici
assunti dal 2001 rientrano già nel regime del Tfr. Nel loro caso la
situazione è stata formalmente sanata, senza però alcun vantaggio
economico: la trattenuta è stata abolita applicando un’equivalente
riduzione della retribuzione lorda. La magra consolazione è di non
vedere quel 2,5 sul cedolino.
(Da Il Messaggero di Luca Cifoni)
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