Anche in Sicilia una scelta “epocale” per la scuola: il dialetto in salsa “lombarda”
Data: Martedì, 12 aprile 2011 ore 18:10:41 CEST
Argomento: Redazione


Su proposta di Nicola D’Agostino del Movimento Per l’Autonomia,  nelle scuole d’ogni ordine e grado della Sicilia  saranno introdotte due ore settimanali di studio obbligatorio del dialetto siculo. L’idea è discutibile  nella  genericità della proposta , peraltro molto pretenziosa,  ma duce Lombardo, emulo dei leghisti in salsa catanese, non è detto che non passi come legge del Parlamento Siciliano. Così, anche D’Agostino si potrà vantare di avere  fatto anche lui per la scuola qualcosa di “epocale”!
Quale offerta migliore, e più preziosa, culturalmente parlando, si poteva fare agli studenti siciliani in occasione delle celebrazioni per i 150 anni dell’unità d’Italia, se non quello di far loro studiare a scuola  il loro  dialetto come una vera e propria lingua per non dimenticare la nostra identità? Un paradosso? Una intempestiva e futuristica  stravaganza? Una sprovveduta  o provocatoria  incongruenza ? Unni e quannu! Niente affatto! A fil di logica, sembra che il D’Agostino  abbia così ragionato: tutti difendono i  dialetti  della propria regione,  e noi no?! I tempi sono maturi! E se non ora, quando?   L’eredità del patrimonio ideale e politico del Risorgimento è fuori discussione, perché da tutti condivisa; siamo un popolo solidale e coeso, che va d’amore e d’accordo; oggi più che mai, in ogni sua parte, dall’Alpi  a Scilla,  l’Italia è “ una d’arme, di lingua, d’altare, /di memorie, di sangue e di cor”; tra Nord e Sud  i rapporti sono fraterni  ( l’inno che cantiamo ne è testimone : fratelli d’Italia!),  e le progettualità dello sviluppo sociale, economico e culturale  condivise;   l’unità della lingua e l’educazione linguistica sono fatti da sempre acquisiti e consolidati,  come  testimoniano  gli ottimi livelli attuali raggiunti dagli studenti nella loro padronanza della madre lingua, la facilità con la quale riescono a scrivere la lingua che parlano, e l’ abilità di  produrre dei “testi” scritti, autonomi e specifici rispetto ai “testi” parlati, senza errori o strafalcioni concettuali. Infine, alle scuole elementari, e non solo, si parla un “buon italiano” e sono scomparsi affatto i bambini dialettofoni,  soprattutto nei quartieri periferici. Sic stantibus rebus, acculturati come siamo, lo studio di un’altra lingua, il siciliano, è un valore aggiunto “ ‘na ggrazzia “ che non si può rifiutare. Se non ora, il  dialetto in cattedra,  quando?
Siamo pronti, signor D’Agostino on .Nicola! Le scuole della Sicilia trepidano in attesa di aggiungere alle famose  tre “I”  di berlusconiana memoria, una quarta: “ I” come idioletto! Pardon , come lingua( immagino parlata e scritta) ! Faccio un augurio sincero: che non venga ai  nostri studenti una diarrea diglossica!

Nel frattempo che la proposta diventi legge, facciamo finta di ignorare che ci sono ancora legioni di persone nella nostra meravigliosa terra di Sicilia  che,  non solo parlano il meno possibile,  inibite dalla paura di sbagliare, ma per lo stesso motivo non scrivono affatto .perché non possiedono tecniche e modalità espressive adeguate, perché non hanno sviluppate le capacità di organizzare la struttura dei discorsi parlati e scritti nelle rispettive caratteristiche.  Persone che, pur scolarizzate e alfabetizzate, non hanno raggiunto né la padronanza del parlato, né  la padronanza della “ scrittura profonda”. Tra queste persone, studenti universitari, e anche, ahimé, laureati: una massa di parlanti sommersa e anonima che  percorre, lo sa Iddio con quanta fatica,  da semianalfabeta la cultura alfabeta! Questo, sì, è il vero dramma!

Nuccio Palumbo
antoninopal@katamail.com






Questo Articolo proviene da AetnaNet
http://www.aetnanet.org

L'URL per questa storia è:
http://www.aetnanet.org/scuola-news-241044.html