Riflessioni NO PETTINE: intervento legislativo mirato che tuteli i diritti.
Data: Martedì, 12 aprile 2011 ore 08:49:33 CEST Argomento: Opinioni
Lettere in redazione
Scuola. Una parola che richiama tutto un universo di ricordi, emozioni,
esperienze passate, presenti e future. Scuola come gestore delle
fondamenta dell’essere umano a livello educativo, sociale, culturale.
Scuola come luogo fisico. Scuola come scrigno contenente vite diverse,
storie diverse: di bambini, ragazzi, adulti. Scuola come insieme di
persone che credono nella loro professione, che hanno studiato, che
studiano e che sempre studieranno per questo. Che si impegnano
quotidianamente per costruire menti, anime e cuori.
E’ la nostra scuola. Dei nostri bambini, di noi insegnanti, del
personale ATA, dei DS. Una scuola troppe volte messa in forse da una
normativa fin troppo duttile. Una scuola assoggettata all’alternarsi
dei governi, delle idee politiche e delle logiche
economico-finanziarie. Una scuola che oggi dobbiamo difendere in una
battaglia senza esclusione di colpi: una battaglia che sta assumendo,
nostro malgrado, una connotazione esclusivamente politica.
Chi scrive è un cospicuo gruppo di insegnanti italiani che ormai da
anni si sta battendo per il proprio posto di lavoro. La questione
riguarda in questo caso non l’emergenza tagli, scure pur sempre
presente e che meriterebbe indubbiamente un discorso a parte, ma la
gestione stessa della classe docente ormai da cinque anni. Un
breve excursus storico consentirà di capire qual è stato il gioco di
questo quinquennio.
La legge Fioroni 296 del 2007 cambiava nome e natura alle ex
graduatorie permanenti trasformandole in Graduatorie ad Esaurimento. In
sostanza il meccanismo era semplice e chiaro: scelta di una provincia e
formazione di un elenco di insegnanti (ciascuno per ogni ordine e grado
di scuola), che avrebbe dovuto rimanere chiuso fino al suo esaurirsi.
Non venivano negati i trasferimenti, ma qualora un docente avesse
optato per una nuova scelta, sarebbe entrato in posizione subalterna
rispetto agli altri: nascevano così le cosiddette code. Quindi ogni
maestro, ogni professore fece la sua scelta di vita, optando per una
possibilità lavorativa oppure per un’altra. Un cambiamento di sistema
che sembrava aver dato finalmente una logica al continuo stravolgimento
delle graduatorie alla loro riapertura. Tutto questo fino alla scadenza
biennale delle suddette.
Arriviamo dunque al 2009 quando un esercito di docenti attendeva con
ansia di poter aggiornare il punteggio. Essendo il sistema scuola
composto di persone, logicamente ogni professionista aveva delle
esigenze personali che voleva veder rispettate. L’esigenza di molti era
quella di poter cambiare provincia inserendo il punteggio maturato. Ed
è qui che ebbe inizio il contenzioso che, ad oggi, è da molti visto
come ragione di spaccatura all’interno della classe docente stessa. Se
da un lato c’erano le esigenze di chi per una ragione o per l’altra
voleva spostarsi, dall’altro occorreva rispettare i diritti di chi,
facendo una scelta di vita, aveva optato per una provincia, magari
apportato dei cambiamenti anche significativi alla propria esistenza.
Dal 2007 erano passati solo due anni, eppure alcuni avanzarono la
richiesta di poter cambiare provincia entrando con il proprio punteggio
a “pettine”. Il Ministro dell’Istruzione Gelmini emanò un decreto che,
in sostanza, seguiva la norma emanata da Fioroni, dando ai precari la
possibilità di inserirsi, sempre in coda, in ulteriori tre provincie
opzionali oltre la propria. Una soluzione che a nostro avviso fu
ponderata e che diede molte più possibilità lavorative agli insegnanti,
i quali nel frattempo avevano conosciuto da vicino la dura realtà dei
tagli. Molti accettarono la volontà legislativa, ottenendo anche
incarichi annuali e ruoli tramite le code. Per altri invece questa
decisione era inaccettabile: seguendo le indicazioni di una sigla
sindacale (del quale ometteremo il nome), avviarono una serie di
ricorsi contro la normativa suddetta, avanzando le già citate
richieste, fino ad arrivare dinnanzi la Corte Costituzionale.
Trascorrono altri due anni, durante i quali sui due fronti,
comunemente chiamati “pro” e “contro” pettine, sono cresciute
aspettative, speranze, paure, nei confronti del proprio futuro
lavorativo.
Il 2011: l’anno del giudizio. La Corte Costituzionale dichiara
illegittime le code, abrogando le norme ad esse collegate. In tanti
esultano, tanti altri piangono vedendo avvicinarsi lo spettro dei
trasferimenti o allontanarsi una possibilità lavorativa in più. Il
mondo dei precari è sempre più spaccato, diviso, lacerato al suo
interno. Maestri contro maestri, professori contro professori,
educatori contro educatori. Con l’approssimarsi del nuovo aggiornamento
lo scenario è ad oggi quantomeno incerto e soggetto alla diatriba
politica ed alle logiche interne ai partiti di maggioranza ed
opposizione.
Sono molte le opinioni che il lettore potrà farsi leggendo queste
righe. Sono tante le emozioni di chi scrive, di chi non parla solo di
norme, ma che vi fa riferimento per arrivare ad una costatazione
fondamentale: la nostra Costituzione all’art. 3 tutela il diritto al
lavoro di tutti i cittadini ed il diritto alla realizzazione personale
senza che ciò si attui a scapito delle legittime aspettative di altri
lavoratori ed in corso d'opera, manipolando, mutilando e stravolgendo
la normativa di volta in volta. I dettami dell' art. 3 non possono
essere mai oggetto di facile manipolazione a seconda delle diverse
maggioranze parlamentari e delle diverse convenienze politiche, in
quanto, ribadiamo, nessun cittadino ha diritto al lavoro a scapito di
un altro, soprattutto quando la normativa vigente, Legge 296, regola
con ordine e chiarezza la materia inerente le Graduatorie ad
Esaurimento che gli scriventi hanno rispettato negli anni creandosi,
elemento innegabile, dei legittimi e non sacrificabili progetti di vita
personale e familiare.
Purtroppo la questione è stata palesemente strumentalizzata e
presentata nei termini di una contrapposizione tra docenti del Nord e
del Sud, ma questo non risponde assolutamente al vero. Sarebbe
sufficiente dare uno sguardo veloce ai movimenti regionali denominati
No Pettine per accorgersi che sono attivi in quasi tutte le regioni
d'Italia, dal Nord al Sud.
Presentando le cose secondo quest'ottica miope e distorta, non si tiene
conto del fatto che proprio tanti insegnanti del Sud hanno, a suo
tempo, fatto una precisa scelta di vita trasferendosi al Nord, su cui
hanno imperniato l’esistenza di intere famiglie e, ora, potrebbero
veder calpestati i propri diritti, ma soprattutto i propri sacrifici.
Noi precari NO-PETTINE chiediamo un intervento legislativo mirato che
tuteli i nostri diritti. I diritti di chi rispettoso della volontà
legislativa ha effettuato una scelta. I diritti delle nostre famiglie,
che non devono vedersi stravolgere l’esistenza a causa del nostro a dir
poco mutevole scenario lavorativo. I diritti dei nostri alunni, a cui
deve essere assicurata la continuità didattica come garanzia di
qualità. I diritti della nostra scuola. Di una scuola che amiamo dalle
fondamenta, per la quale siamo nati, per la quale quotidianamente
impegniamo la nostra ragione ed i nostri cuori.
Diritti che ad oggi possono essere sintetizzabili nel dovere di chi ci
governa di bloccare i trasferimenti, garantendo così il normale
funzionamento delle singole realtà educative, ma soprattutto garantendo
il rispetto di esistenze ormai legate indissolubilmente a scelte
passate.
La libera scelta è libera proprio in quanto ragionata, ponderata
e sofferta. Non è più libera nel momento in cui viene assoggettata a
decisioni o contingenze altrui: diverrebbe, in tal modo, schiava degli
eventi.
Noi continueremo a batterci per questa libertà. Per una SCUOLA LIBERA.
alessandra.michieletto@gmail.com
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