Scuole e prove INVALSI – ll vizietto di buttar via il bambino con l’acqua sporca
Data: Lunedì, 11 aprile 2011 ore 12:38:10 CEST Argomento: Associazioni
Le prove Invalsi, che
quest’anno verranno introdotte in tutte le seconde classi delle scuole
secondarie di 2° grado, stanno suscitando un’opposizione pregiudiziale
da parte di alcune sigle sindacali e di diversi collegi docenti.
Certamente il MIUR non ha agevolato dirigenti scolastici e Collegi
nella predisposizione di una buona organizzazione di questo evento;
soprattutto non ha destinato risorse aggiuntive al Fondo di istituto e
alla formazione. Questo avrebbe quantomeno evitato contestazioni
sulla mancata retribuzione del lavoro aggiuntivo e avrebbe
contribuito a trasformare queste valutazioni in un’occasione di
crescita professionale e di miglioramento degli apprendimenti
attraverso una formazione mirata e un’adeguata attività collegiale di
analisi e rielaborazione dei
dati.
Ma l’opposizione che si va sviluppando in alcune scuole, ha un
carattere soprattutto pregiudiziale, e spesso si basa su
un’informazione parziale, deformata e poco aggiornata, fornita ad una
platea di docenti che poco sa delle caratteristiche del progetto del
Servizio Nazionale di Valutazione dell’Invalsi.
Demagogia e scarsa informazione favoriscono la diffusione di alcuni
luoghi comuni (frutto di pregiudizio o disinformazione), che bisogna
sfatare, tra i quali:
1. le prove Invalsi servono per la valutazione dei professori;
2. servono per dividere le scuole in istituti di serie A e istituti di
serie B;
3. servono per togliere finanziamenti alle scuole pubbliche e
dirottarli sulle private;
4. sono come i test per la patente;
5. chi ha fatto i test non conosce la scuola e gli studenti;
6. sono difficili, e servono a dimostrare che la scuola pubblica non
funziona;
7. servono per modificare e indirizzare la didattica e renderla poco
critica;
8. la valutazione Invalsi sostituisce la valutazione dei docenti;
9. i professori fanno già le loro corrette valutazioni, conoscendo la
situazione degli studenti;
10. la prove Invalsi violano la privacy degli studenti e delle famiglie.
Al contrario, non si mette in evidenza uno degli elementi fondamentali
delle prove e dell’analisi dei risultati, vale a dire la determinazione
del cosiddetto “valore aggiunto” delle scuole, cioè la valutazione
della capacità o meno delle singole scuole di incidere sulle condizioni
di partenza, consentendo agli studenti di mitigare le eventuali
condizioni sfavorevoli dovute al contesto sociale, economico,
famigliare ecc..
L’ADi ritiene:
1. che l’avvio di un sistema di valutazione degli apprendimenti sia una
necessità per progettare e realizzare le iniziative di miglioramento;
2. che un sistema di valutazione degli apprendimenti non è valido “per
sempre”, ma deve essere adeguato progressivamente, e ciò può essere
fatto solo sperimentandolo;
3. che un sistema standardizzato di valutazione degli apprendimenti
rientra anche nel dettato costituzionale, che vuole garantire a tutto
il territorio nazionale i “livelli essenziali delle prestazioni”;
4. che i risultati dei test somministrati a tutti gli studenti,
rielaborati dall’Invalsi (con la garanzia dell’anonimato) e
riconsegnati ad ogni scuola, insieme ai risultati delle “classi
campione”, permetteranno ad ogni collegio dei docenti un esame
approfondito (anche a livello comparativo) della situazione delle
singole classi, almeno in alcune delle competenze base (per quest’anno
la lettura e la matematica).
La prove Invalsi quindi non vanno né
mitizzate né demonizzate, ma utilizzate come strumenti di miglioramento
dell’attività dei docenti e della loro professionalità, passando da un
insegnamento basato su un’interpretazione soggettiva dei
risultati a una “conoscenza informata” basata su dati trasparenti
e comparabili.
Mi piace concludere con le parole del grande sociologo francese
François Dubet:
“Nei docenti si è prodotta una terribile alleanza fra radicalismo
politico e conservatorismo pedagogico: più sono trotskisti più sono
conservatori. Così, anche se non lo dichiarano, rifiutano di fatto
l’avvento della scuola di massa e di quasi tutte le riforme.”
Una volta tanto, cerchiamo di non buttare via il bambino con l’acqua
sporca!
(di Giampaolo Sbarra, Vicepresidente Adi)
redazione@aetnanet.org
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