Assorbire i precari e non farne più. Di MARIASTELLA GELMINI
Data: Lunedì, 11 aprile 2011 ore 08:06:46 CEST Argomento: Rassegna stampa
FIN
dall’inizio del mio mandato ministeriale mi sono occupata di
precariato, in diversi modi e in diverse direzioni. Da una parte, ho
affrontato il problema del precariato nella scuola, ereditato dalle
precedenti legislature e determinato da scelte politiche
irresponsabili. Del resto, non vedo
come possano diversamente definirsi quelle politiche che hanno fatto
lievitare fino a 240.000 il numero degli insegnanti abilitati ed
iscritti nelle graduatorie, a fronte di soli circa 30.000 posti vacanti
all’anno.
A questi docenti abilitati, si
aggiungano i circa 300.000 insegnanti privi di abilitazione ed
iscritti nelle graduatorie d’istituto che hanno svolto occasionalmente
e saltuariamente qualche decina di ore di supplenza annuale. Persino
quelle azioni legislative adottate per tentare di risolvere la piaga
del precariato sono state fatte in modo disarticolato e talvolta
contraddittorio.
Mi riferisco, in particolare, a quel provvedimento che, mentre
trasformava giustamente le graduatorie permanenti in graduatorie ad
esaurimento, consentiva ancora
l’attivazione di quei corsi Siss di abilitazione all’insegnamento senza
che i relativi partecipanti potessero poi iscriversi in quelle stesse
graduatorie ormai chiuse fino, appunto, al loro esaurimento.
A fronte di questa situazione, non potendo continuare a considerare la
scuola un ammortizzatore sociale, la prima cosa che abbiamo fatto è
stata quella di evitare l’insorgere di altro precariato attraverso una
nuova disciplina della formazione iniziale degli insegnanti che, tra le
altre cose positive, programma il numero dei nuovi docenti
esclusivamente in base ai fabbisogni reali della scuola. In altre
parole, le Università non potranno attivare corsi di laurea per
l’insegnamento con una quantità di iscritti superiore ai posti vacanti.
Allo stesso tempo, ci siamo preoccupati di adottare i provvedimenti
necessari per aiutare gli iscritti nelle graduatorie ad esaurimento, a
cui non è stato rinnovato il contratto dell’anno precedente, a non
perdere altre occasioni di impiego nella scuola. A questi docenti sono
state assegnate tutte le supplenze temporanee disponibili durante
l’anno scolastico e sono stati riservati i progetti speciali finanziati
dalle Regioni per ampliare l’offerta formativa e consolidare le
competenze di base in italiano o in matematica. Dei suddetti 240.000 insegnanti iscritti
nelle graduatorie ad esaurimento circa 110.000 sono impiegati con
supplenze annuali continuative e, in ogni caso, tutti saranno immessi
in ruolo nel giro di 7 o 8 anni, in virtù della dinamica dei
pensionamenti che determina circa 30.000 posti vacanti all’anno.
Dall’altra parte, mi sono occupata di quelle riforme e di quei
provvedimenti che hanno l’obiettivo di contrastare la precarietà nel
mondo del lavoro, attraverso una migliore formazione del capitale
umano. Mi riferisco alla riforma dell’istruzione tecnica e
professionale, all’introduzione degli istituti tecnici superiori e alla
riforma dell’Università. I dati del mercato del lavoro registrano
un’asimmetria tra i percorsi formativi e i fabbisogni delle imprese. Non è possibile accettare il paradosso di
una disoccupazione giovanile che si aggira attorno al 29% e la mancanza
di 130.000 figure tecniche richieste dalle imprese, come dimostrato
dalle rilevazioni Excelsior di Unioncamere. Con un gioco di
anticipo, la precarietà si può veramente contrastare attraverso una
vera integrazione tra scuola e lavoro come prevede il progetto “Italia
2020: piano di azione per l’occupabilità dei giovani”, elaborato con i
ministri Sacconi e Meloni. Occorre
infatti valorizzare la formazione svolta presso l’azienda e riconoscere
pragmaticamente la valenza formativa del lavoro. Per questo motivo
diamo centralità al contratto di apprendistato, quale contratto di
primo impiego dei giovani, utile anche per l’assolvimento dell’obbligo
d’istruzione e per conseguire una qualifica professionale.
Occuparsi di precarietà è fare scelte responsabili e sostenibili.
Altrimenti è tutt’altro, forse l’opposto. (da Il Messaggero di
Mariastella Gelmini- Ministro dell’Istruzione, dell’Università e della
Ricerca)
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