'Io, prof e puttana dei politici'
Data: Domenica, 10 aprile 2011 ore 14:18:57 CEST
Argomento: Rassegna stampa


La vita a ore. Quelle di lezione, sulla cattedra di un liceo della Roma bene, a insegnare latino e greco. E quelle di sesso, impartite a politici, dignitari vaticani, gran commis, massoni e spie che popolano il centro della capitale intrecciando doppie e triple vite tra ruoli professionali, intrallazzi privati e perversioni intime. Esistenze parallele come quella della "più giovane professoressa d'Italia" che ha cominciato ad alternare aula ed alcova, fino ad abbandonare la scuola e dirsi orgogliosamente puttana. "Ho trentacinque anni e molti nomi: Silvia, Serena, Alessia. Ma il mio preferito è Tenera Valse. Da qualche anno pratico sesso a pagamento. La mia inserzione si trova in quei siti di annunci gratuiti dove si compra e si vende di tutto, dalle auto usate alle stampe d'epoca. E mi scrivono in tanti. La mia e-mail di risposta contiene un salutino sobrio, confidenziale e non troppo ammiccante, una breve descrizione del mio corpo e il prezzo calcolabile in rose, secondo una consuetudine nota in questo ambiente".             
Da questo codice nasce "Portami tante rose", un libro destinato a farsi notare per l'argomento - una Venere privata nei luoghi del potere - e per la qualità della narrazione - che riesce a esplorare abissi senza mai essere banale né sensazionale - ma soprattutto perché traduce in romanzo l'esperienza reale dell'insegnante di ruolo che ha scelto la prostituzione, il suo percorso attraverso traumi, compromessi e ricerche estreme.

Il testo di 221 pagine che viene pubblicato dall'editore Cooper è scandito da tre sezioni. La prima racconta la scuola di oggi, una cronaca disincantata della mediocrità dove il maestro di Vigevano ha perduto onore e rigore. "L'insegnante maschio, in genere, ha velleità letterarie che si alimentano in un angolino crepuscolare della sua coscienza con il compito di riscattare le angherie subite dietro la cattedra. Qualcuno tenta la via della narrativa. I più si dedicano alla poesia. Poi ci sono architetti mancati insegnanti di materie artistiche che passano il tempo a raccontare agli studenti i successi dell'ultimo concorso di arredo urbano per insediare nei giardinetti dietro casa una o due panchine. Lo stesso si dica degli avvocati che insegnano materie giuridiche e degli sportivi fuori gara per mancanza dei tempi da campione e di tutti gli altri fuoriusciti dalle professioni che approdano alla scuola pubblica come se fosse un refugium pecatorum. Il rifugio degli inetti e degli sfigati. Senza niente che assomigli a uno straccio di vocazione o almeno a un sincero interesse. Semplicemente per ripiego".

Lei invece ha un curriculum da prima della classe e una cattedra vinta a tempo di record. La decisione di vendersi nasce quasi per gioco, alla corte di "B., un grande palermitano. Un pezzo della storia del teatro italiano dal dopoguerra in poi, con cui, per errore o per calcolo, avevo intrapreso una perversa relazione intima. Aveva almeno trent'anni più di me. Era un uomo di spettacolo, un brillante autore, il direttore di alcuni dei più importanti teatri italiani, ma anche un grande avvocato. Compariva nella classifica degli uomini più ricchi d'Italia. Aveva lo studio nei pressi di Santa Maria degli Angeli. La sua casa, attico e superattico, si trovavano poco più in là, alla Suburra. Lui sapeva mettere a tiro delle incredibili sedute di sesso e letteratura drammatica...". Gli incontri avvenivano in una vasca colossale, piena di bolle, champagne e cocaina, dove il protagonista corpulento "era sempre circondato da giovani a vario titolo aspiranti a entrare nel mondo dello spettacolo, che senza farsi troppi scrupoli assecondavano la sua ormai senile e borbonica vena corruttoria".

Tenera ottiene una casa in affitto pagando il canone in natura. E per un paio d'anni continua a fare lezione, mentre l'altra vita rimaneva in quel telefonino che vibrava sul petto annunciando il messaggio di un nuovo cliente. "...Sto pensando a quell'arretrato di luce di più di 9 mila euro che mi sono fatta rateizzare in sei bollette bimestrali. Mi consolo dicendomi che da insegnante un debito di questa portata lo potrei pagare come minimo in dieci anni. Tra sei mesi e dieci anni di vita c'è esattamente la stessa differenza che passa tra vivere per lavorare e lavorare per vivere".    (di Gianluca Di Feo  da L'Espresso)

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