In arrivo un blitz contro i precari della scuola
Data: Giovedì, 07 aprile 2011 ore 20:23:29 CEST Argomento: Opinioni
Spareranno sui precari,
ma spareranno a salve. I parlamentari berlusconiani stanno preparando
lo sgambetto ai precari della scuola, ma le loro armi sono spuntate.
Abbiamo scoperto perché, come spiegheremo più avanti. Intanto è partita
all’attacco la fanteria. Pensatori ed esperti scolastici dell’ultima
ora cominciano ad affollare le colonne dei giornali con toni che
diventano preoccupati dopo le sentenze di molti giudici che hanno
riconosciuto i diritti dei precari su vari fronti, come più volte
abbiamo scritto, anche in anteprima. Questa gente non s’è mai
preoccupata dello stato di sfruttamento del lavoro in cui versano
decine di migliaia di precari storici con contratto annuale reiterato
decine di volte (in tutto 150.000 docenti e 50.000 non docenti sempre
anuali che garantiscono da sempre l’avvio, il decorso e la fine
dell’anno scolastico) e solo oggi si dicono frastornati per il destino
delle casse pubbliche dopo che hanno fatto leggi e leggine capaci di
garantire a loro lauti stipendi per il loro presente e pensioni di
cospicua entità per il (sempre) loro futuro.
Il vicepresidente Pdl della Commissione Lavoro della Camera, Giuliano
Cazzola, scrive sul Sussidiario: “Due sentenze della magistratura
mettono nei guai la Pubblica istruzione e potrebbero dare la stura, se
non fossero corrette negli altri gradi di giudizio, a un contenzioso
con effetti devastanti per le finanze pubbliche”. Cazzola si è accorto
con qualche anno di ritardo che la magistratura sta facendo giustizia
dello sfruttamento dei precari della scuola e ripercorrendo le tracce
della sentenza del tribunale di Genova che ha risarcito alcuni precari
con un molte decine di migliaia di euro a testa (mezzo milione nel
totale) e della sentenza del Tribunale di Siena che ha stabilizzato un
precario dopo alcuni anni di contratti a termine ripetuti
senzasoluzione di continuità. Il parlamentare berlusconiano denuncia il
pericolo di una debacle delle finanze dello Stato italiano. Il giudice
di Siena (ma noi aggiungiamo quello Livorno), si allarma il deputato,
avrebbe “ordinato, in pratica, la stabilizzazione dei ricorrenti che
avevano già compiuto (da idonei) una lunga trafila nella scuola”. E poi
aggiunge: “come è sempre avvenuto a causa delle caratteristiche stesse
di quel tipo di impiego”. E “c’è da sperare – insiste
Cazzola – che tali sentenze siano corrette negli ulteriori gradi
di giudizio, dal momento che l’orientamento assunto sembra essere in
palese contrasto con le norme di legge”. Se questo non bastasse, ci
sarebbe un’arma segreta. “All’occorrenza”, insiste il Cazzola “è stata
predisposta una norma di natura interpretativa (si parla di un
emendamento alla legge comunitaria, in aula alla Camera questa
settimana)”. Da sempre, conclude il deputato, “l’organizzazione del
lavoro nella scuola richiede di utilizzare personale straordinario per
far fronte alle supplenze, alle sostituzioni e quant’altro”. Ora,
a parte che la Corte d’appello di Firenze ha appena sospeso gli effetti
della sentenza del Tribunale di Siena, per la gioia di Cazzola, che
ancora non lo sa, quest’ultimo dovrebbe però preoccuparsi del fatto che
la mancata stabilizzazione del precario dev’essere per forza
controbilanciata e giustificata con un molto lauto risarcimento del
medesimo lavoratore perché così impongono le norme italiane (decreti
legislativi 165 e 368/2001) e quelle comunitarie. Non si capisce dove
possa rinvenirsi l’interesse dello Stato datore di lavoro ad avere un
tenersi un dipendente precario-stabile e super indennizzato invece che
un dipendente di ruolo su quello stesso posto, pagato in maniera
“normale”. Eppure, stanno preparando un blitz alla Camera. Il fatto è
che ci avevano tentato due anni or sono inserendo nel decreto
Salvaprecari del 2008 (poi diventato legge 133) una norma, poi espunta,
che prevedeva che la reiterazione dei contratti nella scuola non solo
non dava diritto a una stabilizzazione del precario abusato ma anche
che il precario medesimo non avrebbe maturato alcuno scatto di
anzianità. Ora tornano alla carica con ? Non sappiamo con quale faccia
ma conosciamo lo strumento: “un emendamento alla legge
comunitaria”, spiega il nostro. Ebbene, abbiamo scovato un parere
redatto dal Servizio Studi-Dipartimento Affari Comunitari della Camera
durante l'iter di formazione della legge salvaprecari. Proprio grazie a
questo parere la norma ammazzadiritti è stata eliminata. Il parere, poi
girato al legislatore fa riferimento alla Nota della Direzione Generale
per il personale scolastico del Miur del 25 settembre 2008 secondo la
quale “il rapporto di lavoro che s’instaura tra il docente
supplente e l’amministrazione scolastica ha caratteristiche del tutto
peculiari, tali da giustificare e da rendere necessaria una diversità
di trattamento, poiché il regime specifico delle supplenze nel settore
della scuola si caratterizza quale disciplina separata e speciale,
nell’ambito dei rapporti di lavoro a tempo determinato, in ragione
della necessità di garantire, attraverso la continuità didattica, il
diritto costituzionale all’educazione, all’istruzione e allo studio
(...)”. Tale diversità di trattamento, prosegue preoccupato il Servizio
Studi, “troverebbe fondamento nel fatto che le supplenze sono
caratterizzate sia dalla precarietà del rapporto, legata all’assenza
del titolare, sia dalla mancanza di continuità, in quanto i vari
periodi di servizio di supplenza attengono a diversi contratti di
lavoro”. L'Ufficio studi ha proseguito consigliando al
legislatore di soprassedere. Vi si legge: "Tuttavia la disposizione in
oggetto potrebbe venirsi a trovare in contrasto con le previsioni della
direttiva 1999/70/CE e con quanto statuito nella Sentenza C-307/05.
Potrebbero mancare infatti “ragioni oggettive”, secondo la richiamata
interpretazione che la Corte ha dato di questa nozione, tali da
giustificare una differenza di trattamento tra i lavoratori a tempo
determinato e i lavoratori a tempo indeterminato comparabili”. Inoltre,
si spiega ancora, la disciplina prevista dalla norma poi espunta
dall’art. 1 del decreto-legge salavaprecari “potrebbe sollevare
questioni di incompatibilità” con alcune norme comunitarie che
stabiliscono “un quadro generale per la parità di trattamento in
materia di occupazione e di condizioni di lavoro, ivi comprese le
condizioni di retribuzione”. E si tratta di norme comunitarie non
campate per aria, come il governo appoggiato da Cazzola, ma da norme
comunitarie che secondo il Servizio Studi della Camera s”ono state
recepite nell’ordinamento nazionale con il d.lgs. 9 luglio 2003, n.
216, recante disposizioni volte all'attuazione della parità di
trattamento tra le persone per quanto concerne l'occupazione e le
condizioni di lavoro, indipendentemente dalla religione, dalle
convinzioni personali, dagli handicap, dall'età e dall'orientamento
sessuale. Il decreto stabilisce le misure necessarie affinché tali
fattori non siano causa di discriminazione, in un'ottica che tenga
conto anche del diverso impatto che le stesse forme di discriminazione
possono avere su donne e uomini". Siamo di fronte, dunque, a
un’interpretazione “autentica” del problema. Stiamo cioè dicendo che lo
“stesso” Parlamento ha già interpretato la problematica in senso
favorevole ai precari. In attesa di conoscere la natura dell’annunciato
blitz parlamentare, ci alletiamo con una riflessione relativa a
un’altra allarmata intuizione di Cazzola. Quest’ultimo tempo fa si era
appena allarmato (ancora lui) dopo avere scoperto che la scuola conta
pochi insegnanti laureati in giurisprudenza e tanti in lettere. Il
problema era stavolta rappresentato dall’ignoranza degli studenti in
questioni di legge e di economia. Nel commentare un’analisi condotta
nel 2009 dalla Fondazione Agnelli sugli insegnanti appena assunti a
tempo indeterminato, Cazzola ha scritto che solo il 2,9 per cento del
campione usato dalla Fondazione nella sua analisi è laureato in
giurisprudenza, mentre ben il 42 per cento è laureato in lettere! Ci
limitiamo a riportare qui quanto abbiamo scritto nel libro “Una vita da
supplente” e cioè che “la proporzione denunciata è invece ovvia,
giacché corrisponde alla proporzione usata dal ministero per la scelta
delle discipline da premiare con l’immissione in ruolo”. Se sul totale
degli immessi in ruolo solo il 2,9 è laureato in giurisprudenza è
perché si è scelto ancora una volta di mantenere nel precariato
pluridecennale gli insegnanti di diritto". Una situazione che Cazzola
ancora oggi desidera che continui a persistere.
Vincenzo Brancatisano
www.vincenzobrancatisano.it
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