Contenuti e tagli. Riflessioni sullo studio del latino 
Data: Martedì, 05 aprile 2011 ore 17:00:00 CEST
Argomento: Redazione


Tutti presi dall’affannoso contingente, perdita di posti di lavoro, soprannumerarietà, trasferimenti coatti, scatti persi, sovraffollamento classi, ecc., dimentichiamo talvolta che i primi ad essere danneggiati dalla signora Gelmini sono i ragazzi.
Voglio oggi riflettere su certe scelte scellerate, suggerite dal suo consigliere Max Bruschi e imposte dal collega di governo Tremonti. Mi riferisco, per rimanere nell’ambito a me congeniale, al Latino, soprattutto a quello insegnato (si fa per dire) al Liceo Linguistico. 
Due ore settimanali solo per i primi due anni. Negli altri tre niente; sparito. Non c’è traccia di letteratura e non poteva essere diversamente. Ma, se si pensa che la letteratura latina è la madre della cultura del nostro cosiddetto mondo occidentale, compreso il mondo slavo, si comprende quale limitazione alla cultura liceale sia stata introdotta da tali infauste decisioni. Solo nei prossimi decenni i quattordicenni di oggi potranno rendersi conto del danno subito. E sarà troppo tardi. Qualora vorranno poi intraprendere studi umanistici, con quale bagaglio di competenze classiche si avvicineranno alle discipline che le richiedono? Comprese le materie giuridiche.
Ma andiamo ad analizzare in maniera più analitica il testo ministeriale, gli Obiettivi Specifici di Apprendimento.
Qua e là gli estensori sembrano rendersi conto dell’ampiezza dei contenuti richiesti in uscita dal primo biennio e usano espressioni limitative, giusto per non farsi ridere dietro: al termine del primo biennio lo studente sarà in grado di tradurre testi d’autore non troppo impegnativi e debitamente annotati; la competenza linguistica in uscita si attesterà ad un livello di base; si dovranno studiare almeno le prime tre declinazioni. Ma, signori, come si fa a tradurre brani d’autore se non si conoscono le cinque declinazioni? Ciò nonostante, lo studente dovrà sapere di tutto e di più: a livello lessicale (campi che individuano i legami famigliari, il linguaggio del diritto, della politica e della sfera cultuale e religiosa), sintattico (funzioni del participio e ablativo assoluto, sintassi delle infinitive, valori delle congiunzioni cum e ut), morfologico (aggettivi, verbi, pronomi) e delle divergenze tra latino, italiano e altre lingue romanze e non romanze, con particolare riguardo a quelle studiate nel singolo istituto o corso. Docenti con lunga esperienza di insegnamento del Latino fanno notare come nel primo biennio tale mole di argomenti potrebbe essere affrontata solo con un minimo di quattro ore settimanali; e invece siamo alla metà.
Che ne sarà dunque del Latino? Si studierà poco e male, sperando che la cattedra sia strutturata in modo tale da prevedere il contemporaneo studio dell’Italiano, in modo da rosicchiare qualcosa all’altra materia: piccoli espedienti per tirare a campare; in classi di trenta persone.
Con la certezza che, studiandosi solo i primi due anni, su di esso non si sosterrà mai un esame finale.

Flora Villani
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