Storie di quotidiano razzismo. La disoccupazione è un crimine verso l'uomo e la società
Data: Domenica, 03 aprile 2011 ore 12:58:01 CEST Argomento: Rassegna stampa
Nel leggere i dati
Ocse relativi alla disoccupazione ti chiedi se sia normale e
accettabile che fra i paesi Ocse possano esistere ed essere tollerati
dati che presentano 42.000.000 (per esteso fa una certa impressione!)
di disoccupati alla fine del 2009; che si presentino come un successo
900.000 disoccupati in meno alla fine del 2010 (-2%). Da questi paesi
mancano quelli del centro e sud America, dell'Asia e dell'Africa. Ma
quanti sono in tutto? Ma quanti sono quelli a cui viene estorto uno dei
più elementari diritti della persona? Allora ti chiedi come sia
possibile che tutta questa miseria non faccia pressione sui confini di
quei paesi che si ammantano di essere democratici, evoluti e portatori
dei sani principi di libertà, fraternità e uguaglianza. Ti chiedi come
sia possibile risolvere i problemi interni ad ogni paese se non si
tiene conto dei problemi del nostro "vicino globale". Ti chiedi,
soprattutto, come sia possibile che "quel mondo", un giorno o l'altro,
non abbatta definitivamente quei confini.
Un motto latino recita "si vis pacem, cole
iustitiam". Qualche giorno fa mi sono fermato
all'edicola, che è in prossimità dell'azienda per cui lavoro, e sono
venuto a conoscenza che una storica azienda del posto aveva licenziato
30 operai. L'azienda è in una piccola frazione dove tutti sanno tutto
di tutti. Ma il licenziamento di trenta persone era rimasto quasi
nascosto. Allora chiesi come fosse stato possibile e la risposta, che
riporto testualmente, è stata "Tranquillo dottore, erano quasi tutti
extracomunitari !" Extracomunitari non persone! Che problemi ci sono, al limite, se tornano
al loro paese; infondo sono solo lo 0,0000007% dei 42.000.000 di
disoccupati! Statisticamente ininfluenti.
Ma a queste persone, lontane dai loro paesi da anni, con le famiglie e
i figli da mantenere, che hanno pagato le tasse per il tempo che hanno
lavorato, che hanno un affitto da pagare, che devono mandare a scuola i
figli e, cosa anche per loro normale, che devono mangiare, gli diciamo
che sono statisticamente ininfluenti? Oppure dobbiamo dirgli che devono
tornarsene a casa se non sono residenti da noi da almeno 15-20 anni,
come sostiene la prof.ssa Busetti, sindaco di Thiene e appartenente
alla Lega? Fino ad oggi hanno fatto lavori che i nostri connazionali
non volevano più svolgere, hanno partecipato alla crescita del paese,
hanno pagato le tasse, i contributi, hanno avuto uno straccio di vita
dignitosa e, come oggetti usa e getta, gli diciamo che non ci servono
più e che se ne devono tornare a casa loro.
Nel libro, Il lavoro nel mondo che cambia, Richard Dore scrive "La
tolleranza crescente nei confronti della diseguaglianza, nei confronti
sia della sua esistenza che della sua crescita [...] ha implicato una
trasformazione importante dell'idea di giustizia"
(da http://www.rassegna.it/ di idelbo)
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