Dietro ogni statista c'è un grande filosofo. Ecco i Richelieu di Obama e Zapatero
Data: Sabato, 02 aprile 2011 ore 15:00:00 CEST
Argomento: Rassegna stampa


Ogni statista ha il suo Richelieu. La Rete ha ribattezzato così il grande filosofo Bernard-Henri Lévy, diventato grande amico della premiére dame e consigliere del presidente Sarkozy. All'Eliseo è una figura determinante e il suo pensiero filosofico alimenta i vertici francesi: è andato a Bengasi a incontrare i ribelli libici, poi Parigi ha riconosciuto, per prima, il Consiglio di trasizione nazionale libico. Algerino di origine ebraica il filosofo è noto come il rappresentante della gauche intellettuale francese è da sempre un interventista della prima ora. Oltre a sfidare Kant con tesi ardite (De la guerre en philosophie, 2010), l'allievo prodigio di Deridda e Althusser, affarista quanto bohemien, è noto per essere uno dei filosofi più presenzialisti della scena accademica (e mondana) internazionale: altro che torre d'avorio.                 
Ma non è l'unico. Famoso come il giovane fondatore della scuola della nouvelle philosophie (Nuova filosofia), corrente animata da un gruppo di giovani intellettuali che esprimono il rifiuto delle dottrine comuniste e socialiste, ha mosso un'agguerrita ed inflessibile critica morale. In contrasto anche con le fortissime idee conservatrici abbracciate da alcuni intellettuali americani, sia Lévy che i Nuovi Filosofi rifiutavano l'ideologia capitalista.
E' interessante anche la storia di Roger Scruton, il letterato-predicatore, considerato “l’anima culturale della Thatcher Revolution”. Anticonformista, politicamente scorretto, laicissimamente cattolico è stato definito dal New Yorker "il filosofo più influente al mondo". Conservatore inattuale, convertito al cattolicesimo dopo anni di svogliato socialismo parigino, questo scrittore austero ha fornito un ritmo musicale all'idea che «la civiltà è più facile perderla che trovarla». Si può immaginarlo in giacca rossa, a cavallo fra le siepi della sua campagna, a caccia di volpi, ottanta miglia a ovest di Londra, dove vive con la moglie papirologa e i figli. O a Princeton, dove ha tenuto un corso sulla morte e l'amore nell'opera di Richard Wagner. Negli anni della Guerra fredda si recò a Praga, dove organizzava incontri clandestini sulla letteratura europea. Arrestato, bandito ed espulso dalla Cecoslovacchia, si innamorò del «patriottismo dell'immaginazione» di Margaret Thatcher, di cui divenne sostenitore sulla stampa e in accademia, e della monarchia britannica, a cui non rinuncerebbe per nulla al mondo: "Il monarca è sacro e misterioso, ma gli inglesi sanno che la sacralità e il mistero sono attaccati a una maschera, dietro la quale un altro ordinario e riservato inglese si è ritirato".
Ma anche Zapatero è "illuminato" da un filosofo. Anzi qualcuno definisce Philip Noel Pettit il suo guru. Nato a Ballygar, contea di Galway in Irlanda, nel 1945, è noto per aver difeso una versione del repubblicanesimo in filosofia politica. Con i suoi libri ha difeso le riforme politiche in Spagna e si è schierato con Zapatero. Ha raccontato il suo rapporto con Zapatero, nel suo La Filosofia politica nella vita pubblica: il repubblicanesimo nella Spagna di Zapatero, scritto insieme a José Luis Martí.
Ultimo, ma non di importanza, è Rahm Emanuel, indicato dal neo Presidente come capo dello staff della Casa Bianca. Un ruolo poco visibile, ma di enorme potere ed influenza. Può accedere quando vuole al Presidente, anzi, vive in simbiosi con lui, determina la sua agenda e lo affianca e lo consiglia in ogni frangente. Il 50enne ha alle spalle una brillante carriera politico-parlamentare ed è un intellettuale di prim'ordine di formazione filosofico-giuridica.     (da http://affaritaliani.libero.it/)

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