Tagli agli insegnanti di sostegno, fioccano condanne sul ministero dell’Istruzione Data: Sabato, 02 aprile 2011 ore 08:35:14 CEST Argomento: Rassegna stampa
Alla sentenza
del tribunale di Milano si aggiunge quella del tribunale
di La Spezia: "Discriminazioni contro i disabili". Dopo aver negato più
volte di aver perso le cause, ora la Gelmini sceglie il silenzio. E il
ministero prova a rivalersi sulle scuole.
Insegnanti di sostegno insufficienti, continuità didattica compromessa,
famiglie in difficoltà. Gli effetti della riforma voluta da Mariastella
Gelmini si moltiplicano, colpendo la parte più vulnerabile del mondo
della scuola. Ma i genitori non ci stanno, e portano in tribunale il
ministero dell’Istruzione, che a seguito di due condanne per
discriminazione invia un comunicato alle scuole e corre ai ripari. Il
ministro Gelmini non rilascia commenti. E secondo i legali delle
famiglie coinvolte la battaglia è appena iniziata.
La scarsità delle risorse, quando parliamo di disabilità e diritto
all’istruzione, non può mai giustificare il disservizio, si trattasse
anche di una sola ora di lezione. E’ scritto in alcune recenti
sentenze, che danno ragione alle famiglie degli studenti disabili ai
quali le ore di sostegno per l’anno scolastico 2010/2011 erano state
drasticamente ridotte in seguito ai tagli operati dalla riforma
Gelmini. La più recente viene da La Spezia, dove il tribunale, nel
condannare il ministero all’immediato ripristino delle ore negate – lo
studente era passato da 18 a 9 ore – giudica il taglio alla didattica
una “discriminazione inaccettabile” che viola l’articolo 3 della
Costituzione, dove è sancito l’impegno della Repubblica al pieno
sviluppo della persona.
Il caso di La Spezia si aggiunge a quelli di Milano. “Qui il ministero
ha presentato un ricorso, incurante dell’obbligo di immediata
esecuzione della sentenza emessa a gennaio. Ma il 19 di marzo il
tribunale ha ribadito la condanna”, spiega Livio Neri, il legale che ha
assistito diciassette famiglie nella prima azione collettiva contro il
ministero dell’Istruzione, gli uffici scolastici e i singoli istituti.
Nel fare ricorso, il ministero si è difeso dall’accusa di
discriminazione sottolineando come “le riduzioni degli stanziamenti
abbiano inciso su tutte le voci di spesa, diminuendo le risorse
destinate sia agli alunni diversamente abili che a quelli privi di
disabilità”, e che “non può configurarsi una riduzione della dotazione
di sostegno, semmai una diversa assegnazione sulla base dei criteri di
riferimento”. Il ministero si è poi aggrappato a quelle che sono “le
risorse effettivamente spendibili”. Ma secondo il tribunale di Milano
le cose stanno diversamente. Il ricorso viene bocciato e la condanna
confermata: “azione discriminatoria”. Adesso al ministero rimangono
solo trenta giorni per attuare il ripristino di tutte le ore tagliate.
Altrimenti? “Altrimenti rischia un processo penale – spiega l’avvocato
Neri – che in caso di discriminazione di disabile prevede una pena che
può arrivare fino a tre anni di reclusione”.
Il rischio è reale, la legge parla chiaro. Così ieri il ministero ha
cercato di correre ai ripari, inviando una comunicazione alle tre
scuole milanesi interessate dall’azione collettiva dei genitori. “Siete
invitati a presentare una motivata richiesta di eventuali risorse di
sostegno aggiuntive nella misura assolutamente indispensabile per dare
applicazione all’ordinanza”, si legge nella comunicato del Miur.
“Curioso che il ministero si ostini a chiedere motivazioni alle scuola
– dice ancora Neri – la motivazione è quella contenuta nelle sentenze,
non c’è bisogno di altro”. La conferma arriva da Francesca Altomare
Lavizzari, preside dell’istituto Cavalieri di Milano, coinvolto nella
vicenda insieme allo Stainer e al Ferrante Aporti. “Non sussistono
discordanze tra quanto stabilito da Tribunale a seguito del ricorso
prodotto dai genitori e le necessità della scuola”, scrive la preside
nella sua risposta al ministero, e precisa: “L’Ufficio scolastico
regionale e quello territoriale sono in possesso di tutta la
documentazione necessaria per stabilire quali risorse attribuire
all’Istituto per un proficuo inserimento dei suoi alunni diversamente
abili”. Insomma, le scuole non intendono diventare il capro espiatorio
del ministero. A Roma dovranno prendersi le proprie responsabilità.
Secondo i legali delle famiglie coinvolte le condanne al ministero
costituiscono un precedente importante, che darà coraggio e strumenti a
quanti fino ad ora non potevano o non sapevano trovare il modo di far
valere i diritti dei propri figli. In questi mesi, al lavoro dei
tribunali civili si aggiunge quello di molte sezioni del Tar. Ultimo in
ordine di tempo, il tribunale amministrativo della Puglia ha accolto il
ricorso di sessanta famiglie contro l’eliminazione di una trentina di
posti per insegnanti di sostegno.
La Gelmini ha negato più volte che il ministero abbia subito condanne.
Il 7 marzo a ilfattoquotidiano.it il ministro ha detto riguardo alla
sentenza di Milano: “Non mi risulta che il ministero sia stato
condannato. Anche questo è uno dei casi in cui la demagogia prevale sui
dati. Vi invito a verificare sul sito del ministero come gli insegnanti
di sostegno messi a disposizione siano 3.500 in più”. Una settimana
dopo, il “non ne so nulla” è arrivato davanti al conduttore Fabio Fazio
e ai milioni di telespettatori della trasmissione ‘Che tempo che fa’
del 13 marzo. Ora le condanne per discriminazione sono diventate due. E
il ministro sceglie il silenzio.