Evasione e abbandono scolastico: Brescia isola felice, percentuali basse
Data: Venerdì, 01 aprile 2011 ore 11:00:00 CEST
Argomento: Rassegna stampa


Per qualcuno il problema è il confronto con un mondo nuovo e sconosciuto. Per i più grandi sono talvolta difficili rapporti familiari a frapporsi con ambizioni e impegno personale. Nascono così il fenomeno dell'evasione e dell'abbandono scolastico, per i quali la provincia si caratterizza come una «piccola isola felice» dalle basse percentuali, seppure quest'anno, almeno per quanto riguarda la città, la Polizia locale registri un aumento degli accertamenti richiesti dal settore comunale Diritto allo studio e politiche scolastiche.
I dati provinciali si possono visionare sul portale E-scuola, tenendo presente che l'evasione è l'inadempienza all'obbligo scolastico (in Italia fino ai 16 anni), mentre l'abbandono riguarda i ragazzi non in obbligo che non concludono il proprio percorso di studi non ricorrendo a un ritiro formalizzato. I due fenomeni sono deducibili dal numero degli alunni non scrutinati per quanto riguarda la scuola secondaria di primo e secondo grado, mentre dati sulle primarie saranno disponibili dal prossimo anno.
Per i più giovani si può evidenziare però soltanto un'area di possibile evasione, poichè tra gli alunni non scrutinati ci possono essere anche ragazzi che hanno già compiuto i 16 anni. Per il dato preciso sarebbe necessario verificare caso per caso.
Tenendo presente tutto questo, la percentuale dell'area di possibile evasione è stata nell'anno scolastico 2009/10 pari allo 0,39% per la scuola media (149 non scrutinati su 37.970 alunni) e 0,81% per i primi due anni della scuola superiore tra statali, non statali e cfp (207 ragazzi su 25.648, più alta il primo anno, con uno 0,94%). Bisogna però considerare che il ritardo, cioè lo scostamento tra l'età anagrafica e l'anno scolastico di riferimento, è piuttosto elevato, raggiungendo un 30% circa dovuto a diverse motivazioni.
Per quanto riguarda l'abbandono, gli studenti che non hanno concluso lo scorso anno scolastico sono 101 su 10.703 (0,94%) nelle classi terze, 74 su 8.483 (0,87%) nelle quarte e 26 su 7.459 (0,35%) nelle quinte. Le percentuali sono state invece nel 2008/09 pari allo 0,69% per le classi terze e quarte, 0,87% nell'ultimo anno.
A chi spetta il compito di contrastare il fenomeno? I soggetti preposti alla vigilanza sono nell'ordine i genitori, il dirigente scolastico, il sindaco, i Carabinieri e i Centri per l'impiego (che devono tenere monitorato l'obbligo formativo fino ai 18 anni). In città invece dopo un primo tentativo della scuola di contattare la famiglia entra in gioco il Settore comunale di riferimento, che segnala il problema alla Polizia locale. «Se necessario ricorriamo a più passaggi dall'abitazione dell'alunno o rintracciamo i genitori anche all'estero - spiega il commissario Giusy Pedracini -. Se non riusciamo ad entrare in contatto con loro scatta la segnalazione all'ufficio di Polizia giudiziaria». Lo scorso anno sono stati 124 in totale gli accertamenti tra elementari, medie e superiori, di cui 119 su minori residenti e 5 domiciliati nel Comune di Brescia (162 nel 2008/09, rispettivamente 98 e 64). Soltanto 3 ragazzi risiedevano nei Centri di emergenza abitativa, contrariamente ai ben 82 dell'anno precedente. Le segnalazioni all'Ufficio anagrafe (poichè i ragazzi non risiedevano dove dichiarato) sono state 53 nel 2009/10 (32 nel 2008/09), 7 quelle alla Polizia giudiziaria in base all'articolo 731 del Codice penale, trasformate in notizie di reato con la denuncia dei genitori (36 l'anno precedente, con sole 3 notizie di reato).
Quest'anno però sono già stati 204 gli accertamenti effettuati, 55 le segnalazioni all'anagrafe e 4 alla Giudiziaria (due dei quali per il secondo anno). Il motivo «per ora non si comprende, l'aumento potrebbe anche essere legato allo spostamento di alcune segreterie nel passaggio dai Circoli didattici agli Istituti comprensivi» commenta Pedracini. Ma perchè alcuni ragazzi non frequentano la scuola? Per quanto riguarda i più piccoli, talvolta «si prediligono l'educazione paterna (legale ma che deve essere sancita da esami finali) o in una scuola musulmana - prosegue -. Per le bambine non sempre viene ritenuto necessario un percorso formativo, alcuni ragazzi smettono di frequentare perchè non si trovano a proprio agio con compagni o insegnanti mentre in altri casi i genitori mostrano disponibilità ma magari una scarsa conoscenza della regolamentazione scolastica italiana». Dalla terza media in poi, la scena classica è invece rappresentata da «un padre che urla, una madre in lacrime e un figlio o figlia in silenzio». L'obiettivo è in questo caso aprire un dialogo e stemperare, in collaborazione con i Servizi sociali o con Centri di ascolto, il rapporto conflittuale. «È nostro intento far sì che il tutto non si risolva in un atto amministrativo ma offrire un supporto ai ragazzi per il loro futuro» conclude Pedracini.

Chiara Corti - www.giornaledibrescia.it





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