Alll'Isis Newton di Varese, le fatiche dell'alternanza
Data: Mercoledì, 30 marzo 2011 ore 15:07:55 CEST Argomento: Rassegna stampa
Volano aeroplanini
di carta negli istituti tecnici e professionali italiani, ma va tutto
bene perché non sono più il segno di irriverenza delle classi annoiate
e indisciplinate, al pari dei chicchi di riso sparati dalle Bic a mo'
di cerbottana. Sono aeroplanini di nuova generazione, progettati e
realizzati con la supervisione e il coordinamento dei docenti. E sono
figli della cosiddetta didattica laboratoriale, nuova metodologia di
insegnamento dove il laboratorio non è necessariamente lo spazio fisico
degli esperimenti, ma quello ideale delle attività di gruppo.
Un'iniziativa contigua e propedeutica al programma di alternanza scuola
lavoro, introdotto con la legge 53 del 28 marzo 2003, che a sua volta
fa da trampolino all'apprendistato vero e proprio. Non a caso
all'iniziativa sulla didattica laboratoriale hanno aderito gli istituti
tecnici e professionali legati al Club dei 15, la rete delle
associazioni provinciali di Confindustria dove è maggiore l'incidenza
dell'industria manifatturiera nella formazione del
pil.
Uno di questi è l'Isis Newton di Varese, oltre 1.500 persone tra
studenti, personale docente e amministrativo, impegnato sul doppio
fronte dell'alternanza professionalizzante e della didattica di
laboratorio. «Grazie all'alta industrializzazione della nostra
provincia - racconta il dirigente scolastico del Newton, Giuseppe
Carcano - possiamo contare su 350-360 aziende di riferimento per
l'alternanza. Si va dalla piccolissima impresa, spesso artigianale,
alle multinazionali come AgustaWestland e Whirlpool».
Il programma per il professionale prevede due, tre settimane all'anno,
a partire dal 3° anno, ed eventualmente uno stage estivo. Allievi sono
attualmente impegnati nella filiale italiana, a Saronno, del gruppo
francese Anovo, specializzata in servizi alla tecnologia digitale;
affollatissime (176 studenti) sono le lezioni di tecnici della
B-Ticino, realtà storica varesina da tempo assorbita dalla
multinazionale, anch'essa francese, Legrand. C'è infine lo studente
fortunato, assieme ad altri undici provenienti da altrettante scuole
italiane, scelto per partecipare a un programma offerto da Porsche al
Training Center di Padova: 3-4 settimane in alternanza, con la
trasferta e costi relativi pagati dalla casa automobilistica, che al
termine dell'anno scolastico si concluderanno con l'assunzione nei vari
Porsche Center sul territorio italiano.
Su scala nazionale l'alternanza scuola lavoro sta crescendo, anche se
non al ritmo che ci permetterebbe di colmare il gap con paesi, come la
Germania, nei quali la prassi è più consolidata.
Nell'anno scolastico 2009/2010 erano stati coinvolti 1.300 istituti
scolastici rispetto ai circa 1000 del 2007/2008. Aspetto confortante,
dal 2006-2007 è più che triplicato, a quasi 30mila, il numero delle
imprese coinvolte nei percorsi di alternanza. Con la riforma entrata in
vigore ques'anno, la formula sostituisce negli istituti professionali
quella che era la terza area professionalizzante nel biennio finale. Il
monte ore sarà inferiore a quello del vecchio ordinamento, che era di
600 ore tra quarta e quinta classe, anche perché inferiori sono le
risorse stanziate per le scuole. La disponibilità della quota regionale
per la Lombardia, 4,5 milioni di euro, è stata comunicata ai diretti
interessati un paio di giorni fa: «Il problema è che noi questi
programmi di alternanza li dobbiamo definire all'inizio dell'anno
scolastico, a settembre. Questa cifra significa per un istituto come il
nostro circa 45mila euro per finanziare l'alternanza», dice Giuseppe
Carcano.
Una navigazione a vista che non semplifica l'azione dei docenti: «È un
lavoro molto impegnativo che si aggiunge all'insegnamento - aggiunge
Annarita Baldassarre, professoressa di elettronica e referente del
programma di alternanza all'Isis di Varese - e che comporta contatti
molto stretti con i tutor aziendali e un doppio controllo: sui ragazzi
perché vadano al lavoro e sulle aziende perché facciano fare ai ragazzi
quello che è stato concordato».
Sotto l'ala protettrice del Club dei 15, e quindi delle aziende del
territorio, istituti come quello di Varese e di altre realtà
provinciali - che oltre al Nord Ovest e al Nord Est, "scendono" in
alcune province della Toscana, dell'Emilia e delle Marche - stanno
facendo di tutto per ridurre la distanza tra insegnamento,
apprendimento e mondo del lavoro. E per invertire l'immagine un po'
appannata che ha segnato l'istruzione tecnica nell'ultimo decennio:
«Negli anni 60 i nostri Itis, e lo dicevano le ricerche Pisa dell'Ocse,
non erano secondi a nessuno», ricorda Alberto Ribolla, imprenditore
varesino ed ex presidente dell'Unione industriali, coordinatore del
Club dei 15 e promotore di un pragmatico ritorno all'âge d'or.
Domani alla Liuc di Castellanza lo stesso Club presenterà una ricerca
sulla didattica laboratoriale, frutto di un'esperienza pilota tra le 17
scuole sponsorizzate, una per provincia, che gli animatori ritengono
fondamentale sulla strada dell'alternanza e dell'apprendistato: «La
formula non è stata applicata solo alle materie tecniche: quindi ci
sono stati anche laboratori di scrittura creativa e scrittura
giornalistica», spiega la curatrice dello studio, Daniela Mazzara,
docente di comportamento organizzativo alla stessa università.
Studenti hanno comunque costruito go-kart, quelli dell'Isis Newton un
pannello solare portatile e restaurato una vecchia vettura elettrica,
altri hanno recitato I Promessi Sposi, altri ancora hanno applicato il
calcolo delle probabilità ai giochi d'azzardo, dal black jack al gratta
e vinci.
Quanto ai futuri ingegneri aeronautici, i loro aerei di carta non
devono disturbare i prof, ma avere la più lunga autonomia di volo
possibile.
(da Il Sole 24 ORE di Attilio Geroni)
redazione@aetnanet.org
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