La posizione dell'FLC CGIL sulle prove INVALSI
Data: Martedì, 29 marzo 2011 ore 07:15:47 CEST
Argomento: Sindacati


Si susseguono in questi giorni documenti e prese di posizione dei collegi dei docenti sulle prove Invalsi. Alcune organizzazioni sindacali hanno avviato su questa tematica una vera e propria campagna di "mobilitazione contro".
Innanzitutto è auspicabile e opportuno disincagliare questa discussione dalla alternativa secca "prove sì, prove no" per una serie di ragioni che affrontiamo in questa nota.
Come FLC CGIL abbiamo già espresso nella nota del 4 febbraio la nostra posizione sulla questione.  Tuttavia riteniamo opportuno ritornare sul tema anche alla luce degli interventi di alcuni uffici scolastici (vedi USR Toscana e Piemonte), espressi con pareri contrastanti e indicazioni arbitrarie, che hanno contribuito a rendere ancora più caotica la situazione.
In primo luogo vogliamo sottolinea re che la nostra organizzazione ha sempre ritenuto doverosa la valutazione nazionale del sistema scolastico.                            
 Si veda in proposito il documento FLC elaborato a novembre 2010, che è nostra intenzione aggiornare e approfondire alla luce dell'evoluzione del quadro normativo.
Tornando ai test, a rendere difficile la vita delle prove INVALSI, contribuisce anche il contesto in cui vengono a cadere. In particolare a interferire negativamente è il clima prodotto dal lancio dei due percorsi sperimentali sulla valutazione che il MIUR sta, con scarso successo, tentando di avviare.
Tra le critiche che come FLC abbiamo mosso al percorso relativo alla valutazione di scuola (si veda la copiosa produzione di note pubblicate sul sito) ce ne sono due che merita sottolineare in questo contesto, ovvero:
viene dato un eccessivo peso alla varianza degli apprendimenti rilevati in entrata e in uscita;
mancano gli indicatori che permettano di valutare l'impatto delle politiche generali sull'istruzione, rendendo quindi impossibile quindi misurare l'esito delle scelte messe in campo dai decisori istituzionali.
Ora, il Mille proroghe annuncia la istituzione del Sistema Nazionale di Valutazione. Prefigura un'ipotesi in cui gli ispettori fanno la parte del leone, in rapporto con Ansas, che dovrebbe occuparsi delle strategie di innovazione e miglioramento, e in rapporto con Invalsi a cui sostanzialmente vengono lasciati solo i test. Quest'ultimo fatto è grave e rappresenta un ridimensionamento pesante della stessa mission dell'ente. Va detto che corpo degli ispettori attualmente consiste in un numero esiguo di unità e il concorso che dovrebbe provvedere al reclutamento, è di là da venire. Pertanto l'avvento del Sistema Nazionale di Valutazione affonda nelle nebbie del l'indeterminatezza. Ciò ci porta a dire che, allo stato attuale, un SNV ancora non c'è.

Rispetto a questo quadro di riferimento qual è il ruolo delle prove Invalsi?
Attualmente INVALSI fa una rilevazione nazionale degli apprendimenti tramite prove standardizzate. Una rilevazione di tale genere può, o meglio, potrà senz'altro costituire uno degli strumenti di una Valutazione Nazionale di Sistema, ma certo non l'unico e , a ben vedere, nemmeno il più importante.
Va tenuto ben presente che, allo stato delle cose, l'INVALSI è obbligato a mantenere l'assoluto anonimato degli esiti dei test e cura la restituzione ad ogni singola scuola degli esiti che la riguardano riferiti alla media nazionale. Tale restituzione potrebbe essere utilizzata dalle scuole per correggere e ridefinire gli obiettivi formativi e migliorare i processi di insegnamento apprendimento, programmati e realizzati.
Sta accadendo qua e là nel Paese che le scuole pubblichino questi dati come perversa forma di pubblicità comparativa, al fine di accaparrarsi iscritti. È una pratica profondamente scorretta e sbagliata di cui dobbiamo presto valutare la stessa legittimità e che da subito va contrastata.
Entrando nel merito della didattica, il rischio che intravediamo (e che bisognerebbe proprio cercare di evitare) è il teaching for test, vale a dire l'orientamento della didattica al superamento dei test. Il fatto di lavorare nel corso dell'anno "addestrando" gli alunni a risolvere i test snatura gli obiettivi per cui i test vengono fatti e fa venir meno la possibilità di utilizzarne gli esiti per avviare un processo di miglioramento del lavoro nella scuola.

Rimane infine aperto il problema relativo alla prove nazionali per l'esame di terza media . Già l'anno scorso abbiamo detto – e ribadiamo − che la prova nazionale dell'esame di Stato al termine del primo ciclo si è rivelata essere troppo pesante e ha suscitato molte proteste da parte di scuole e genitori. Infatti, l'attuazione contestuale ed incrociata del Regolamento sulla valutazione e della Circolare Ministeriale 49/10 ha accresciuto a dismisura il peso dell'esame rispetto al percorso scolastico.

Le domande che le strutture ci pongono più frequentemente rispetto alle prove INVALSI sono relative alla loro obbligatorietà. Ribadiamo ancora una volta che queste sono obbligatorie (DPR n. 87, art. 7; DPR n. 88, art. 7; DPR n. 89, art. 12, tutti del 15 marzo 2010) per la scuola, intesa come istituzione, ma non esiste una obbligatorietà come prestazione ordinaria a carico del singolo docente alla loro somministrazione e correzione. Non possono esserci interpretazioni diverse in quanto il contratto del 2007 agli artt. 28 e 29, fondamento giuridico di riferimento, è molto preciso sulle attività obbligatorie dei docenti e sulla titolarità del collegio, attraverso il POF, sulle modalità del loro svolgimento.

Sul ruolo del collegio docenti ci vengono segnalati casi di dirigenti scolastici che impongono le prove senza un preliminare passaggio. Riteniamo questa scelta sbagliata sotto il profilo politico − culturale e normativo in quanto non rispetta le competenze e i poteri dei soggetti istituzionalmente preposti al governo dell'autonomia; inoltre questa scelta mina quel clima di condivisione che, necessario sempre all'interno delle istituzioni scolastiche, diventa imprescindibile se si vuol promuovere una vera cultura della valutazione.
Il quadro normativo stabilisce che le scuole debbono inserire nel POF le modalità ed i cri teri per assicurare omogeneità, equità e trasparenza della valutazione, nel rispetto del principio della libertà di insegnamento (art.1 DPR 112/2009). Lo svolgimento delle prove INVALSI e l'utilizzo degli esiti dovrebbe essere inserito nel POF e nelle programmazioni di classe e dei docenti interessati sulla base della autonoma decisione degli organi competenti (collegio docenti e consiglio di classe).
La somministrazione delle prove, richiesta dall'amministrazione in tempi successivi alla programmazione d'istituto, se non assunta dal collegio docenti nel piano delle attività, e nei limiti orari definiti, non rientra tra gli obblighi dei docenti e, pertanto, si configura come attività straordinaria e aggiuntiva. In ogni caso l'impiego dei docenti deve essere inserito nel piano annuale delle attività. È quindi evidente che lo svolgimento delle prove richiede sia la modifica del POF che del piano annuale del le attività dei docenti.

Di conseguenza per le prove Invalsi si pone anche il problema di come riconoscere i carichi di lavoro aggiuntivi. La proposta di alcune scuole di utilizzare il Fis per la remunerazione di docenti e Ata impegnati rispettivamente nella somministrazione, correzione dei test e nella compilazione delle notizie sullo studente la riteniamo impraticabile in assenza di fondi ad hoc.
Trattandosi di attività aggiuntive queste vanno pagate. Pertanto va attivata, a livello nazionale, cosa che abbiamo già fatto, una rivendicazione di risorse fresche sia per un Invalsi autonomo autosufficiente e sia per il pagamento delle prestazioni aggiuntive di docenti e ATA. Questa richiesta è in stretta coerenza con le finalità della lettera inviata alcuni giorni fa dal segretario generale al Ministro Gelmini per chiedere un confronto preventivo sui fondi della legge 440/97.

È nostra intenzione chiedere anche un incontro specifico a MIUR e Invalsi per evidenziare tutte le problematicità legate alle somministrazione delle prove e per denunciare ancora una volta l'antidemocraticità con cui si calano dall'alto queste scelte.
È importante infine che i collegi docenti facciano sentire la loro voce, tramite l'approvazione di documenti da inviare alle istituzioni competenti (USR, Miur; Invalsi) esprimendo critiche culturali, riflessioni e proposte utili che scaturiscano dall'esperienza maturata sul campo.     (da Flc-Cgil)

redazione@aetnanet.org






Questo Articolo proviene da AetnaNet
http://www.aetnanet.org

L'URL per questa storia è:
http://www.aetnanet.org/scuola-news-240698.html