Scuole in ginocchio, le mettiamo in carrozzina?
Data: Lunedì, 21 marzo 2011 ore 08:10:28 CET Argomento: Rassegna stampa
Notizia
personale recentissima : la professoressa di mia figlia Diletta si
opera e mancherà. Diletta ha 18 ore di sostegno divise tra due
insegnanti: la prima cura l’area umanistica e l’altra quella logico
matematica. Entrambe utilizzano l’unico metodo possibile con Diletta:
riprodurre la realtà collegandola con gli argomenti che si debbono
trattare. Vengono fuori lavori interessanti che poi si ripetono in
classe, spesso in piccoli gruppi, specialmente usando alcune ore che
ben accolgono queste attività. (da http://www.ilfattoquotidiano.it)
Peccato che le liste delle sostituzioni siano esaurite. Si spera nelle
varie possibilità con scarsa fiducia. La dirigente, la
sottoscritta e la segreteria perdono tempo e soldi per tappare il buco
creato al fine di risparmiarne. Il risultato è sempre lo stesso:
per risparmiare 10, non solo si spende 100, ma si consente la
dispersione di tutto o quasi ciò che si è investito prima.
Soluzione prospettata a Diletta: sfruttare le ore buche dei suoi
professori (quelle destinate ai colloqui, ad esempio) e uno a uno, su
una traccia telefonica dell’insegnante di sostegno collegata
dall’ospedale, e con l’aiuto dell’assistente educativo culturale (che
per fortuna, a suon di telegrammi, raccomandate e ulcere materne, è la
stessa da quattro anni ed è anche l’assistente domiciliare), portare
avanti il programma cercando di far diventere un bicchiere mezzo vuoto
– anzi , bucato! – una bella coppa di champagne.
Ogni professore sperimenterà se stesso su una disabilità grave come
quella di Diletta, e Deo gratias se questi insegnanti accolgono con
favore l’esperimento, mia figlia è la cavia come al solito (grazie
ministra! Ma quanto le sono grata!). E poi, se auguriamo dentro di noi
che a questi riformatori dei nostri stivali capiti sulla propria pelle
qualcosa di simile, siamo anche cattivi!
Sono arrabbiata. Non lavoro perché devo amministrare le burocrazie
malsane che circondano Diletta. Siccome non lavoro, nessuno, se mi
occorre, mi fa credito. Però, siccome ho una casa, sono ricca e quindi
pago tutto per intero. Ho studiato per scrivere lettere e
difendermi con la lingua biforcuta che mi hanno insegnato a
tirar fuori. Impegno, sudore, esami per stare a casa a tamponare
gli errori di chi guadagna 10 mila ( o forse più) euro al mese senza
poter produrre. Privata della mia dignità, della mia identità di donna
e di madre, dei miei diritti di cittadina.
Ma non sola sola: siamo in due con mia figlia. Perché le cose le
abbiamo fatte in grande.
Da poco abbiamo festeggiato l’Unità d’Italia. E io, che in onore
dell’Italia ho chiamato mia figlia Diletta, non ho sentito nessun
impulso dentro. Nessuna gioia. Solo tanta malinconia, tristezza,
solitudine. Combattiva sempre, ma umana . E allora lasciatemi
sfogare e dire che non è giusto! Ho divagato e sono andata oltre
il problema scuola. In realtà non dimentichiamo che la vita di un
individuo non è un insieme di operazioni. E’ una singola equazione.
Deve contenere coerenza.
redazione@aetnanet.org
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